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Hiroshima, 6 agosto 1945: alle 8:16 del mattino, a 600 metri di altezza sopra la città, esplode "Little Boy", il primo ordigno atomico mai utilizzato durante un conflitto bellico.
Dopo 43 secondi di caduta libera nel vuoto, il maledetto carico sganciato dal bombardiere B-29, ribattezzato Enola Gay, deflagrò nel cielo del Giappone liberando una potenza pari a 16 chilotoni e un calore di 5000 gradi centigradi.
Un lampo innaturale e immondo accompagnò il boato che cancellò ogni essere umano, animale, edificio che si trovasse nell’arco di un chilometro dall’epicentro dell’esplosione.
In uno schiocco di dita, tra le 70 e le 80mila persone evaporarono, lasciando solo ombre impresse dal flash dell’atomica sull’asfalto.
"A Hiroshima il cielo era perfettamente azzurro quel mattino.
Sentendoci tranquilli, osservammo il B29 mentre volava sopra le nostre teste lasciando una bella scia bianca. […] Sentii un incredibile rumore e un'oscurità totale coprì i miei occhi.
Impossibilitato a vedere alcunché, non avevo idea di cosa fosse successo. Alcuni dicono che ci fu un lampo, ma non lo ricordo.
Ho sentito dire che ci fu una intensa luce blu in tutte le direzioni, seguita da una potente esplosione."
Chi non ebbe la fortuna di morire sul colpo si ritrovò in una città rasa al suolo, in fiamme, mentre brandelli di pelle gli si staccavano dal corpo, costretto a osservare gli altri sopravvissuti, donne, uomini, bambini, vagare come fantasmi, ustionati, con le carni straziate dai vetri e dai detriti, in cerca di un soccorso che non sarebbe mai arrivato (il 70% del personale medico della città morì nell'esplosione).
I primissimi sopravvissuti di Hiroshima, spettri di agonia e grida, si riversavano nei fiumi per cercare sollievo dalle ustioni, trasformando i tanti corsi d’acqua della città in fosse comuni galleggianti piene di corpi carbonizzati.
"Un gran numero di sopravvissuti stava scappando in tutte le direzioni.
Tenevano le braccia dritte davanti a loro, mentre la pelle bruciata penzolava dalle loro dita. I loro vesti erano tutti stracciati.
Alcuni erano praticamente nudi, con la pelle assente e la carne viva a vista.
Tutti scappavano, trascinandosi a piedi nudi, ciondolando. Sembrava una processione di fantasmi.
Molti nella processione erano gravemente feriti. Un ragazzo era ricoperto di frammenti di vetro dalla cintola in su, probabilmente si trattava di frammenti di una finestra frantumata dall'esplosione.
Potevo vedere alcuni di questi frammenti anche nel mio corpo, in diversi punti, dal torace alle braccia.
Una donna era coperta di sangue con un occhio che penzolava.
Un uomo sulla sinistra era ustionato così gravemente che la pelle della sua schiena era completamente lacerata e mostrava la carne viva bruciata.
C'erano molti corpi morti.
Tra di loro vidi una donna ridotta in condizioni indescrivibili: i suoi organi interni erano sparsi per terra.
Vidi anche un bimbo che giaceva a fianco di una donna, probabilmente sua madre. Ambedue avevano delle ustioni molto gravi e la maggior parte della pelle mancava.
Il bimbo emetteva un lamento acuto, era ancora vivo.
Ma noi eravamo solo ragazzi, non potevamo fare nulla per salvarlo.
Un cavallo giaceva morto, col collo in una mangiatoia e la pelle rimossa dalla gran parte del corpo.
Tutto era una scena orribile, impossibile da descrivere a parole."*
Alle prime 80mila vittime, nelle ore, giorni e settimane successive a quel maledetto 6 agosto 1945, se ne aggiunsero altre 60mila.
I sopravvissuti di Hiroshima, oltre all’agonia dovuta alla perdita dei propri cari e al dolore fisico, dovettero patire la fame, le “piogge nere”, i cheloidi e l’avvelenamento da radiazioni.
"La cosa più orribile era la crescita delle larve in mosche.
C’erano così tante mosche!
Diventava tutto così nero che quasi non potevi più aprire gli occhi. E ti attaccavano!
Nonostante la bomba atomica, le mosche aumentavano. È strano, ma le larve erano velocissime. […]
E quelle larve crescevano nei corpi delle persone. […] Le sole cose che si muovevano a Hiroshima erano le fiamme dei corpi bruciati e le mosche in sciami."
- Keiji Nakazawa
Esattamente come nel caso dei lager nazisti, nel leggere i dettagli delle testimonianze dei sopravvissuti si fa fatica a comprendere la portata dell’orrore che si scatenò su Hiroshima nel 1945, perché l’attacco atomico lanciato dagli Stati Uniti è un’oscenità tanto aberrante da essere inconcepibile.
Un avvenimento mostruoso (eppure così ferocemente e tipicamente umano) talmente osceno da essere inaccettabile per la nostra mente.
Proprio per questo motivo è invece essenziale ricordare e rappresentare queste brutalità per il pubblico del mondo come monito futuro.
Un grido disperato che si esprime con un “mai più”.
Il Giappone, già dal primo dopoguerra, fece i conti con il disastro nucleare patito trasformando in film gli orrori atomici con Hiroshima (1953) di Hideo Sekigawa e I bambini di Hiroshima (1952) di Kaneto Shindo.
Tuttavia, è con due dei medium caratteristici dell’arcipelago nipponico - il manga e l’anime - che il triste avvenimento raggiunse la carica descrittiva più drammatica e tangibile che nessuno avrebbe voluto ricevere.
Gen di Hiroshima (はだしのゲン; Hadashi no Gen) è un manga di Keiji Nakazawa pubblicato in dieci volumi tra il 1973 e il 1987.
La storia, basata su una linea portante fortemente autobiografica, racconta le disavventure del piccolo Gen, un bambino di 6 anni sopravvissuto alla bomba atomica sganciata su Hiroshima.
[L'esplosione dell'atomica rappresentata in Gen di Hiroshima]
Lo shonen tratteggiato da Nakazawa ha una carica drammatica devastante: Gen si muove in un Giappone spietato, che non si cura del suo popolo, lo affama, sfruttandolo esclusivamente come forza lavoro o risorsa bellica.
La storia tragica del piccolo Gen di Hiroshima si anima di soprusi e vessazioni ben prima dello scoppio dell’atomica; il padre del bambino, infatti, era un dissidente politico, contrario alla guerra, e in quanto tale, lui e la sua famiglia venivano costantemente emarginati e insultati.
Gen cresce quindi come un reietto, fra l’odio dei vicini di casa fedeli alla politica guerrafondaia giapponese e gli stenti di un razionamento a dir poco stringente.
Il 6 agosto 1945 perde il padre, la sorella e il fratello minore.
Li vede schiacciati sotto le macerie della sua casa, fra le lacrime osserva le fiamme dei roghi avvampare e lambire i corpi dei suoi cari senza poter fare nulla per salvarli.
Per lo shock la mamma partorirà la sorellina di Gen in strada, in mezzo al caos e alla morte, affidandosi al figlio per riuscire a sopravvivere.
L’arco narrativo delle drammatiche vicende di Gen di Hiroshima si conclude a tre anni dall’esplosione dell’atomica.
Tre anni pieni di dolore, fatica, incontri, vessazioni.
Tre anni di morte, emarginazione, piaghe e lutti.
[Il disegno di uno dei tanti orrori familiari rappresentati in Gen di Hiroshima]
Ogni pagina di Gen di Hiroshima è una coltellata al cuore, un fendente che toglie il fiato e spezza la lettura, costringendo il lettore a prendere profondi respiri prima di voltare pagina e proseguire nel percorso di vita del piccolo Gen.
Il manga di Keiji Nakazawa - colmo di incubi indicibili e di dolore, ma anche di tanta ironia - è diventato a tutti gli effetti un classico della letteratura nipponica, conservato in ogni biblioteca scolastica dell’arcipelago del Sol Levante affinché ogni bambino possa imparare l’orrore della guerra, degli ordigni atomici e quanto siano importanti i concetti di solidarietà, amore e pace.
Oltre a un adattamento live action in tre parti, Gen di Hiroshima nel 1983 si trasformò in un primo anime - diretto da Mori Masaki - che racconta la storia del bimbo al momento dell’esplosione di Little Boy.
Sotto la regia di Toshio Hirata, nel 1986 arrivò il secondo capitolo, incentrato sulle vicende di Gen e degli altri “orfani dell’atomica” a tre anni dalla tragedia.
L'esplosione della bomba atomica di Hiroshima è una macchia indelebile nella Storia e nella coscienza dell’essere umano.
Un atto osceno e immorale, uno dei più grandi stermini di massa mai commessi dall’uomo, che è bene ricordare affinché avvenimenti del genere non debbano mai più accadere.
Il lancinante resoconto della tragedia atomica, che possiamo osservare attraverso gli occhi di un bambino, leggendo le pagine di Gen di Hiroshima o osservando i frame dei due omonimi anime, è qualcosa di prezioso e terribile, disgustoso ma incoraggiante, perché è la dimostrazione della caparbietà dell’essere umano e della sua voglia di affrontare l’orrore a testa alta, ripudiando l’idea di rispondere all’odio con altro odio.
Con la speranza di rendere il mondo un posto migliore attraverso la pace, l'amore e il ricordo.
06.08.1945 - Mai più Hiroshima
決して広島
*testimonianza di Akihiro Takahashi dalla Terza Conferenza Internazionale per la Messa al Bando dell’Uranio Impoverito
(Hiroshima - 6 agosto 2006) pubblicata su peacelink.it
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