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Pelle è il lungometraggio d'esordio del giovane Eduardo Casanova, classe 1991: già regista di cortometraggi, Casanova è noto in Spagna per la sua carriera da attore in rinomate serie TV.
Inizi la tua carriera nel Posto al Sole spagnolo e poi invece di trovarti a firmare foto alla Sagra della Paella di Oviedo ad anziane fan adoranti vieni prodotto da Alex De La Iglesia per un esordio chiacchieratissimo alla Berlinale 2017.
Non male.
Il niño prodigio Eduardo Casanova confeziona con Pelle un - appena appena - lungometraggio ambizioso, con personaggi che richiamano subito alla memoria quei Freaks di Tod Browning quasi un secolo fa e atmosfere che vorrebbero evocare un connubio malato tra la pasticciosa caramellosità di Wes Anderson e i disagi della carne di David Cronenberg.
Ammetto di aver scelto di vederlo attirato dalla visione dei quadri, ma una volta visto secondo me oltre a quelli non c'è davvero molto altro.
Pelle è in fondo una serie di cortometraggi intrecciati tra loro che non reggono il lungo - l'ora e un quarto del film è raggiunta a fatica - e mi è parso fin troppo didascalico, prevedibile e soprattutto credo che tenti a tutti i costi di provocare autocompiacendosi della cosa.
Mi immagino l'autore che ride con fare birbantello pensando a quanta repulsione potrà suscitare negli spettatori.
Pelle sfiora argomenti pesanti senza toccarli mai, il messaggio del film è banale e stantìo e i personaggi sono solo delle semplici figurine esibite per cercare lo scandalo a tutti i costi.
Non c'è mai una vera spinta che giustifichi la visione, se non quella iniziale data dalla curiosità di vedere quali deformità popoleranno il film.
Scemata la curiosità, esaurite le deformità, il loro destino appare però già scritto e la provocazione smette di essere tale.
Non si inorridisce, non si ride, non si riflette, non ci si scandalizza: tutto rimane più o meno sospeso a metà nell'attesa di un qualcosa che però non avviene.
Ho trovato molto bella la fotografia così spinta, con la ricerca della geometria a tutti i costi e completamente giocata sui pastelli di tonalità che vanno dal rosa carne - ça va sans dire - al lilla passando per il rosa porcello e l'indaco, costruendo così una confezione ammaliante per un contenuto scatologico.
Anche la fotografia però ho trovato che a lungo andare diventasse maniera: lo stile visivo di Pelle è perfetto per un videoclip o per un cortometraggio, se viene mantenuto a tutti i costi nonostante non ci sia un vero e proprio scopo e senza che arrivi uno schiaffo, allora diventa ingiustificato e fine a se stesso.
Tutto Pelle, in fondo, mi è sembrato fine a se stesso.
Una sorta di operazione onanistica da parte di Casanova che inizia e finisce con i titoli, senza aggiungere niente di cui non si sia già parlato altrove, e molto meglio.
Il riassunto del film sta tutto nel primo personaggio fuori dalle righe che ci viene mostrato: è nuda senza un motivo, è strana senza uno scopo.
Che è esattamente ciò che penso del film.
Il compitino compiaciuto di uno che ha evidentemente talento, ma che non si è sforzato di metterlo al servizio della storia; al contrario ha invece plasmato la storia per poterla mettere al servizio della sua voglia di ammennicoli come le tende rosa, il pasticcino, il gioiellino, il patatino, il parrucchino.
Casanova in Pelle butta talmente tutto insieme che il tutto si annulla e diventa stucchevole e tirato per le lunghe: nel film c'è la deformazione, la pedoprostituzione, l'aborto, lo sfruttamento, l'abbandono, la devianza, l'obesità, la cecità, l'inadeguatezza, il trash, il surreale, il suicidio, l'omicidio, la BIID, il nanismo e ci sono pure gli unicorni.
Impossibile tirare le fila di tutto ciò in appena 77 minuti, infatti Pelle non vuole comunicarci nulla, ma solo provare a inorridire.
Il film non schifa abbastanza, perché il make up è fin troppo pulitino per inorridire, non scandalizza dato che il porno è suggerito e non mostrato come neanche nei film con Nadia Cassini, non disturba.
Jonathan Glazer e il suo Under the Skin ci hanno mostrato cosa significhi avere a che fare con la neurofibromatosi senza però utilizzare un'immagine da filtro Instagram.
Mostrandoci la realtà di un disagio e di una malattia senza compiacersi del fatto che lo stesse facendo.
Pelle invece personalmente mi sembra un pavido esercizio di stile che tenta a tutti i costi di essere eccessivo, senza esserlo mai.
Perché se il messaggio è davvero quello di andare oltre le apparenze per trovare l'essenza di una persona, di dare speranza a chiunque perché tutti possiamo trovare chi ci ama davvero per ciò che siamo, di non ascoltare le sirene del conformismo fisico dettato dalle riviste di moda e dalla pubblicità che ci impongono modelli di donna e di uomo impossibili da raggiungere... mi sembra che la Storia del Cinema sia piena di esempi migliori e più profondi di questo.
Pelle a mio avviso è consigliato nel caso in cui vogliate vedere qualcosa di diverso dai soliti circuiti hollywoodiani e dintorni, o se volete a vostra volta consigliarlo agli amici non cinefili "per vedere l'effetto che fa".
È il primo lungo del regista, qui anche scenografo, e in fin dei conti va anche bene così: se in futuro si staccherà dalla voglia adolescenziale di infastidire gli adulti a tutti i costi allora forse avremo un nuovo autore spagnolo a cui voler bene.
Il coraggio c'è, il talento anche.