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Succession - Recensione: amare una serie e odiare i protagonisti

Soldi, fama, gelosia, odio, traumi: la serie HBO è alla seconda stagione ed è ormai un fenomeno mondiale

È possibile odiare tutti i personaggi protagonisti di una serie televisiva ma comunque adorare la serie in sé?

 

 

A quanto pare sì, e dal 2018 la serie TV Succession ne è l'esempio.

 

La serie segue le vicende della famiglia Roy, a capo di uno dei più grossi conglomerati televisivi americani, e si concentra sui rapporti personali tra il padre, i quattro figli, la terza moglie, e altri membri secondari della famiglia.

 

Vista l'età avanzata del padre e i primi segni di cedimento mentale, due dei figli iniziano a organizzarsi per prendere il potere e finalmente portare una ventata di freschezza e di innovazione all'interno della compagnia.

Ma chi di loro si merita di prendere il controllo?

 

Kendall, il secondogenito e presunto successore del padre, Roman Roy, il terzo figlio immaturo e irresponsabile, Siobhan 'Shiv' Roy, quarta figlia, political manager per uno dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti e Connor Roy, primo figlio e da tanto tempo distaccato dalla politica e dalla sete di potere.

 

[Trailer originale della prima stagione di Succession]

 

 

Ideata da Jesse Armstrong (The Thick of it, Peep Show, Babylon), co-prodotta da Will Ferrell e Adam McKay (La Grande Scommessa, Vice - L'uomo nell'ombra), e distribuita da HBO, la serie prende spunto dal magnate della TV Rupert Murdoch, fondatore di News Corporation, e proprietario della 20th Century Fox dal 1985 e del Wall Street Journal dal 2007.

 

Anni fa, prima del passaggio della FOX a Disney, Armstrong scrisse una sceneggiatura per un film proprio basata sulla famiglia Murdoch, mai stata prodotta.

 

È quindi probabile che Succession sia il risultato di quell'idea, riscritta e rivisitata per il formato da serie TV.

 

 

[Brian Cox: in Succession interpreta Logan Roy, il capofamiglia]

 

È facile fare paragoni con il magnate australiano, così come si potrebbe fare paragoni anche con l'attuale presidente degli Stati Uniti d'America Donald Trump e la sua famiglia, ma per me il paragone che trova più riscontro è quello con il protagonista della tragedia inglese shakespeariana Re Lear; solo che nella serie, invece di voler dividere il suo regno tra i propri figli, Logan Roy cerca di dividere i propri figli per tenersi il regno.

 

Ed è già dalla prima puntata che questo diventa perfettamente chiaro; al suo ottantesimo compleanno, Logan decide di cambiare le carte in tavola e di posporre il suo “pensionamento”.

 

Kendall, al momento visto come il naturale erede della compagnia, in virtù anche del fatto che è l'unico dei quattro figli a lavorare per l'azienda, sente crollare sotto di sé tutte le sue sicurezze.

 

In aggiunta, il padre modifica il fondo fiduciario dedicato ai figli, aggiungendo anche la terza moglie: in caso di morte del padre, ciò le permetterebbe di avere ben due voti decisionali nel consiglio di amministrazione dell'azienda.

 

 

[Jeremy Strong nei panni di Kendall Roy, il secondogenito]

 

Da qui in poi, Succession prende carta bianca e si evolve in un modo inaspettato e originale.

 

Nessun eroe, nessun personaggio veramente positivo.

Nessuno dei figli è una brava persona, praticamente ogni personaggio della serie ha più di un lato disgustoso.

 

Dubito che ognuno dei figli possa diventare una figura di ispirazione per qualcuno, ma questo aspetto è ciò che rende la serie così interessante.

Mostra tutto quello che uno spererebbe fosse vero di una dinastia multi-miliardaria: la crudeltà dell'élite, l'incapacità nelle relazioni personali e gli schemi machiavellici.

 

I continui abusi verbali perpetrati dal padre verso i figli, così come il continuo comportamento di superiorità verso lo staff, o verso qualsiasi persona che non faccia parte di quell'1% di super ricchi nel mondo, dimostrano continuamente come qualsiasi membro della famiglia viva in un universo parallelo di finta superiorità e completo sdegno verso la classe media.

 

 

[Il cast di Succession fotografato da Erik Tanner per GQ]

 

 

Abbastanza simbolico è l'esempio che il primo episodio della prima stagione di Succession offre allo spettatore.

 

Durante una partita di baseball in famiglia, Roman Roy, sfida il figlio quasi adolescente del giardiniere, promettendo di dargli un milione di dollari se fosse riuscito a realizzare un fuori campo.

Così, per divertimento: un milione di dollari.

Un milione di dollari.

 

Il ragazzino colpisce la palla, ma non è in grado di lanciarla troppo lontano; eliminato dal gioco, Roman strappa l'assegno davanti ai suoi occhi, divertito.

 

Se avete familiarità con le altre produzioni di Armstrong, vedrete che anche in Succession il dialogo è eccellente sotto tutti i punti di vista.

 

Spietato, intelligente, esilarante, volgare quanto serve, rapido ed efficace che ricorda un po' il The West Wing di Aaron Sorkin, spaziando dalla commedia nera al dramma, e con un importante uso dell'improvvisazione e diversificazione, con gli attori che girano più volte la stessa scena scambiandosi battute comiche sempre diverse.

 

[Una scena dalla puntata 1x03 di Succession]

 

 

Il cast è ottimo: Brian Cox (Manhunter, La 25ª ora) nei panni del padre, Jeremy Strong (La Grande Scommessa, Molly's Game) e Kieran Culkin (Igby Goes Down, Scott Pilgrim vs. The World) interpretano due dei figli di Logan Roy, Hiam Abbass (Munich, Blade Runner 2049) la terza moglie di Logan, Sarah Snook (Steve Jobs, Predestination) la figlia più giovane e in procinto di sposarsi con Tom Wambsgans, personaggio secondario della serie che collabora frequentemente con Greg Hirsch, ritrovandosi spesso in situazioni tra il comico e surreali.

 

Succession fa un uso massiccio e movimentato della camera a mano, dandoci sempre l'idea di fare parte della conversazione, della loro stessa realtà, una cosa vista anche in altre produzioni di McKay come La Grande Scommessa.

 

Una scelta sicuramente originale per una serie TV, che non eccede mai e fa uso di cavalletto e della stabilizzazione quando necessario, in modo da non sconfinare nello stile del falso documentario che ha reso famoso The Office.

 

[Succession: puntata 1x07]

 

 

Ottima storia, ottima fotografia, ottima colonna sonora e tanta, tanta, tanta crudeltà, senza sentimentalismi, senza arco di redenzione, senza la regola “alla fine è più importante l'amore che il resto”.

 

Il twist che fa sperare nel finale dove tutto finisce bene non esiste.

Se dovessimo condensare tutto uno show e descriverlo in una parola, per Il Trono di Spade direi potere, per I Soprano direi famiglia.

Per Succession direi assolutamente trauma.

 

Lo show è simile a un treno che si ferma ad ogni girone dell'inferno e ti schiaffeggia con la verità, più che coccolarti con una bugia.

Avere tutti i soldi del mondo non ti aiuta se la tua vita fin da piccolo è stata un inferno.

 

Benvenuti nello show dove tutti sono degli schifosissimi ricconi stronzi. 

E questo ci piace.

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1 commento

Sasuke

10 mesi fa

concordo su tutta la linea, credo sia veramente uno dei migliori prodotti seriali degli ultimi 10 anni e merita ogni singolo premio vinto. 
Ora che l'ho finita ho capito perchè BCS è rimasta a bocca asciutta.

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