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Con l'anteprima italiana di It Comes di Tetsuya Nakashima - già autore di Confessions, Memories of Matsuko e The World of Kanako - si è aperto il 19° TOHorror Film Festival: una rassegna dedicata al mondo del fantastico e dell'orrore declinato in tutte le sue forme, dal cinema al fumetto, passando per videogiochi e letteratura.
Nessun film poteva rappresentare meglio la natura estetica, esuberante e aperta a infiniti riferimenti provenienti dai mondi più disparati di questo genere cinematografico, e di conseguenza di questo festival, di Kuru, titolo originale di It Comes: un film che unisce il disfacimento di una famiglia e le difficoltà dell'essere genitori a un mondo visivo che a tratti sembra quasi uscito da un anime più che da un film live action e che gioca con i colori e con le influenze del videoclip.
[Trailer internazionale di It Comes (Kuru, in originale)]
Il film, tratto da un racconto di Ichi Sawamura, qui anche sceneggiatore, racconta l'arrivo della bambina Chisa nelle vite dei freschi sposini Hideki e Kana, ma assieme a lei qualcos'altro entrerà nelle vite dei due giovani nipponici che saranno costretti a rivolgersi a Makoto e Nozaki, fidanzati esperti dell'occulto che diverranno il fulcro nella seconda metà del film, per combattere Bogiwan, un demone venuto dal passato.
It Comes si apre su un flashback ricorrente in cui Hideki da bambino gioca con una coetanea nel bosco e qui gli viene preannunciato che il sangue lo chiamerà; da questo passiamo subito ai titoli di testa e alla prima vera inquadratura del presente della narrazione, un trittico che rivela già tre degli aspetti molto importanti del film giapponese.
Il flashback, strumento che in It Comes il regista usa sistematicamente, fin da subito ci fa intendere come il passato e i traumi del passato e in particolare dell'infanzia dei vari protagonisti siano il vero centro di It Comes e della "guerra genitoriale" successiva.
Spesso infatti assistiamo al ritorno di situazioni già avvenute (come la trasformazione di Kana in sua madre o la gravidanza di Makoto) per sottolineare ulteriormente come tutti siano costruiti dal loro passato e dai traumi che hanno subito e che riversino questi ultimi sui propri figli creando un effetto di propagazione incontenibile e che cresce di generazione in generazione come una goccia in uno stagno, fino all'escalation finale di Chisa che non a caso prevarica i confini domestici invadendo la società tutta.
Non è un caso che verso la fine si ripeterà più volte in varie forme che il dolore, le cicatrici e le ferite ci definiscono in opposizione ai morti e che il male, nella forma dei demoni, scaturisce da queste feritee viene portato dalle ferite dell'uno a quelle delle altre persone che ha intorno.
I titoli di testa di It Comes, invece, ricordano subito molto il mondo dei titoli delle serie TV con un uso massiccio della CGI e dei ritmi e dell'estetica del videoclip, scelte musicali forti e accattivanti per arrivare a un momento di totale distacco dall'opera.
Non è chiaramente un difetto in sé, ma preannuncia quello che poi risulterà uno degli aspetti più deboli di It Comes: ovvero la tendenza a voler condensare in 139 minuti - non poco per un film, decisamente pochissimo per una serie - una quantità di personaggi e avvenimenti più propria del mondo seriale che di quello cinematografico.
Questo effetto serie TV è accentuato dall'escalation che Nakashima imprime al suo It Comes che, pur essendo del tutto giustificata dalla propagazione nello stagno, viene costruita con l'arrivo di una sorta di deus ex machina tipico del mondo della serialità d'animazione giapponese: un nuovo capo o un nuovo alleato potentissimo in grado di portare su un nuovo livello i protagonisti e la loro guerra con il male.
Tutto ciò funziona se spalmato e costruito gradualmente, ma qui si viene tempestati da nuove informazioni, nuovi personaggi e passaggi da un arco narrativo all'altro troppo marcati per non dare una sensazione di caoticità e di fretta.
La prima scena della coppia adulta è poi aperta da una ripresa aerea di una macchina tra le curve nel bel mezzo delle montagne giapponesi seguita immediatamente da un dialogo in macchina tra marito e moglie: ricorda qualcosa?
Sì: Jack Torrence e Wendy che si recano all'Overlook Hotel: l'effetto déjà-vu è immediato.
Questa scena è preludio di quello che sarà una delle caratteristiche di It Comes: un citazionismo marcato e abbondante che riprende sia dal mondo dell'horror più classico, come in questo caso con Shining, sia dal mondo manga giapponese, un albo di Yu Yu Hakusho in mano a Hideki ci fa subito capire dove andremo a parare con questa storia di demoni e mostri, sia ancora dal cinema orientale moderno e classico.
Questo citazionismo tanto vario quanto esasperato unito ad alcune soluzioni visive ardite e inconsuete costruisce uno degli aspetti più riusciti di It Comes che non è il classico J-Horror tutto neon, sangue e colori pop, ma sa quando sfruttarli e quando invece usare il bianco asettico delle città giapponesi o quando indugiare su nebbioline e colori pastello, riuscendo a costruire più contrappunti visivi tra personaggi e luoghi davvero interessanti.
Tutto questo rende It Comes non un semplice già visto film pop citazionista, ma mostra una consapevolezza, un'organicità e una varietà di riferimenti tali da venir fuori come stile personale e unico: che è poi uno degli aspetti più interessanti del film.
Uno dei punti centrali del film, che ne determina anche l'evoluzione narrativa, è la dualità tra la coppia Hideki-Kana e Makoto-Nozaki con gli unici due elementi di raccordo rappresentati dal'amico Tsuba e dalla figlila Chisa.
Difatti è come se It Comes fosse diviso a metà: da un lato il racconto della coppia apparentemente felice, invidiata da tutti ma che dietro la patina rosa pastello del blog di Hideki è piena di incomprensioni e non detto, dall'altro il racconto di due giovani innamorati ai margini della società, che non nascondono i propri problemi e le loro sofferenze.
In questo contesto di continuo raffronto tra le due realtà l'escalation finale del film riannoda questi fili a tratti quasi slegati per metterli finalmente uno di fronte all'altro.
Un tema carissimo alla cinematografia orientale degli ultimi decenni è quello della famiglia e del contesto domestico in relazione al cambiamento delle società orientali e alcuni dei più importanti autori del cinema contemporaneo da Kim Ki-Duk a Hirokazu Kore'eda, da Sion Sono a Mamoru Hosoda passando per Park Chan-Wook, Bong Jon-Hoo e Jia Zhang-Ke lo hanno trattato in tutte le sue accezioni: dalla crisi e i cambiamenti della famiglia nel mondo moderno, all'analisi del valore delle figure genitoriali - siano esse biologiche o meno - fino al discorso sulla perdita di parte della proprio nucleo familiare come rappresentazione della perdita di alcuni valori storici della cultura orientale.
Perciò non ci troviamo davanti a un film dalle tematiche innovative, ma qualche piccolo tassello viene comunque aggiunto come la presenza invadente del blog di Hideki come surrogato della vita genitoriale reale e come rappresentazione della distanza di coppia e come il discorso sui bambini uccisi dagli antichi contadini giapponesi che sembra riportarci a qualcosa di molto attuale con questi vermi/bambini abbandonati nel fiume.
Nel complesso It Comes è un film piacevole, che a tratti riesce a costruire anche grazie a una colonna sonora onnipresente un'ottima tensione e che ha senza dubbio moltissimi meriti visivi, soprattutto se si è appassionati del mondo pop orientale degli ultimi anni.
C'è la voglia di fare e dire troppo che, però, dà quasi l'idea di trasformarlo in un clip show (ovvero quegli episodi/film tratti da serie anime in cui si riassume soltanto ciò che è successo negli episodi precedenti o nella serie a puntate) di una serie mai esistita.