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Le Mans '66 - La grande sfida - Recensione: artigiani della velocità a piegare spazio e tempo - TIFF 2019

Al Toronto International Film Festival è stato presentato Ford V Ferrari, in Italia titolato Le Mans '66 - La grande sfida, un titolo che sembra fare molta più giustizia al tema del film

Al Toronto International Film Festival è stato presentato Ford V Ferrari - in Italia titolato Le Mans '66 - La grande sfida, un titolo che sembra fare molta più giustizia al tema del film - e noi di CineFacts.it ve lo raccontiamo.

 

Si dice che la morte sia la più grande paura dell'uomo eppure, di quando in quando, si manifestano su questa terra individui eccezionali spinti da qualcosa di indecifrabile per i quali nemmeno la morte sembra un ostacolo. 

 

È questo il caso di Tazio Nuvolari che, come cantava Lucio Dalla nella canzone dedicata al pilota, "Ha sempre la bocca chiusa / di morire non gli importa niente".

 

Contestualmente esistono anche uomini armati di una voce molto alta, del potere ereditato, finanze illimitate ma vili, senza creatività, fuoco, passione, capacità, visioni e quando questi uomini senza alcuna forza e carattere provano a scardinare il traguardo di qualcuno più forte di loro, non gli rimane altro che provare a comprarlo. 

 

Ma cosa si fa se i soldi di Henry Ford II non interessano al tenace, passionale e orgoglioso Enzo Ferrari

 

 

 

L'unica cosa che un uomo senza talento come Henry Ford II può fare, assistito da una miriade di lacché da ufficio marketing altrettanto codardi e inutili all'interno del tessuto della storia, è piegarsi, giocando a fare il duro, agli esseri eccezionali nutriti non dal denaro, non dalla fama, ma dalla loro ossessione per qualcosa che provano, e riescono, a realizzare attraverso la loro tenacia e la loro testardaggine, pur afflitti della mancanza di mezzi. 

 

Le Mans '66 - La grande sfida ci parla di come Henry Ford II è stato convinto a cercare l'Enzo Ferrari americano, quel coraggioso, vincente e geniale Carrol Shelby (Matt Damon) che a sua volta ha bisogno di un altro essere eccezionale, ovvero Ken Miles (Christian Bale).

 

Il regista James Mangold ci racconta quindi non tanto lo scontro tra il pavido ed ereditiero Henry Ford II, ma dei working class men Carrol Shelby e Ken Miles: uomini duri, fatti di ossessioni, difetti, caratteri infantili e pieni di coraggio e ardore, terribilmente capaci e talentuosi, mossi da istinti che un uomo senza ossessioni e guidato unicamente dall'eredità di un nome che prova a impersonare, come fa notare aspramente l'Enzo Ferrari interpretato da Remo Girone, non può comprendere.

 

 

 

 

Le Mans '66 - La grande sfida è una storia che ci racconta una sfida non tra case automobilistiche o imperi, ma tra due generazioni di artigiani del sogno dell'uomo di riuscire a battere la materia e la fisica, fabbricando con il genio dell'istinto e dell'ingegneria un mezzo sul quale correre e rompere la barriera del tempo e dello spazio. 

 

Un racconto fatto di uomini che, come Nuvolari e come Enzo Ferrari, conoscono la grazia dietro la sfida, che non cedono alle spacconerie da tycoon che comportano talvolta i risultati storici, e che hanno cuore e non hanno paura della morte come non ce l'ha Ken Miles, la cui bocca chiusa e un po' storta di Christian Bale sembra riproporre quella descritta dalla canzone di Lucio Dalla

 

Mangold porta sullo schermo una storia di ossessione, mettendo al centro quello che spinge Shelby e Miles a imbarcarsi in qualcosa che non è importante per il denaro o per la Storia ma per il puro gusto di farlo, come conviene a ogni genio. 

 

Un film che non vuole spettacolarizzare le figure per renderle retoriche e non cerca il dramma dell'uomo dietro la figura ma che celebra, con lo stesso carattere infantile di un bambino appassionato di corse d'auto, dei miti, degli esseri resi eccezionali dalla loro stessa natura e dalle pulsioni che li muovono e che li rendono unici e insostituibili. 

 

Le Mans '66 - La grande sfida è un film che trova umanità nel descrivere il genio senza renderlo ultraterreno ma quotidiano, portando la realtà di uomini che appartengono alla classe operaia e che sono grandi a prescindere dei loro mezzi, che possono fare quello che fanno non perché portano il nome di un Ford o perché alle loro spalle hanno risorse illimitate, ma poiché in loro batte qualcosa che nulla potrebbe mai comprare o sostituire. 

 

 

 

 

James Mangold fa un gran lavoro nella messa in scena di Le Mans '66 - La grande sfida: un film legato ai motori dove questi diventano protagonisti costantemente presenti ma non primari o invadenti e verso i quali trova interesse anche lo spettatore non appassionato ai circuiti e alle gare, decidendo di spostare l'attenzione sul perché siano così affascinanti e sulle figure che diventano artisti dell'ingegneria, cercando una sfida e un sentimento nell'idea di usare la conoscenza per diventare un uomo in movimento tra il tempo e lo spazio. 

 

Christian Bale e Matt Damon offrono delle interpretazioni ancorate al terreno, calandosi nei panni di individui sì parte di un mito terreno ma pur sempre uomini, lontani dall'iconografia dei geni solitari incompresi o turbati. 

 

Bale ci regala un Miles smilzo, coriaceo, testardo e chiaramente sconnesso dal presente poiché i suoi sensi sono quasi ridotti alla vista che gli permette di guidare e assecondare i riflessi e all'udito che gli lascia percepire le vibrazioni del motore, divenendo tutt'uno con la macchina, sviluppando un istinto per la guida tanto quanto per la meccanica, unico. 

 

Damon è invece uno Shelby cowboy che non mastica tabacco ma pneumatici, un essere fatto di velocità e il cui desiderio unico e primario è quello di potersi infilare, come in un sorpasso, tra il tempo e lo spazio. 

 

Due interpretazioni forti e di classe, per quanto differenti per bellezza e forza.  

 

 

 

 

Le Mans '66 - La grande sfida è decisamente un film spettacolare che appassionerà gli amanti dei motori, che si presenta bene nell'inquadrare la velocità, le corse e l'adrenalina e che si costruisce molto bene nel raccontarci le icone di questa sfida tra geni generazionali differenti che, come si suol dire, nascono una volta ogni cent'anni. 

 

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