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Al Toronto International Film Festival viene presentato in anteprima assoluta I Am Woman, biopic dedicato alla cantante australiana Helen Reddy, il cui singolo (che dà anche il titolo al film) ha avuto un enorme impatto sul movimento femminista e la battaglia per il riconoscimento della parità dei sessi.
Unjoo Moon dirige un biopic tanto musicale quanto politico in un momento storico perfetto sia per il genere che per l'argomento alla base del film: l'empowerment della donna.
Eppure, proprio perché viene affrontato un nervo scoperto della civiltà contemporanea attraverso un genere - il film biografico - in piena riscoperta, sembra quantomai importante scegliere i giusti toni, personaggi e metodi narrativi.
I Am Woman prende quindi uno stendardo vivente quale Helen Reddy, un fenomeno pop e una figura di riferimento per la donna che stava abbandonando i cartelloni pubblicitari del sogno americano e del cliché della casalinga anni '50, per abbracciare la crescente frequentazione di prestigiosi college, le ambizioni riscritte per aderire a ruoli fino a quel momento riservati alla società patriarcale.
Cercando di scardinare il vittimismo del maschilismo fascista che utilizza la facile autocommiserazione per giustificare il degradante ruolo nel quale confinava la figura femminile - come pensare che pari opportunità significhi dare via libera ai bagni unisex.
Una battaglia quantomai importante per la società americana che, come mi piace ricordare, non avendo mai avuto il terrificante piacere di ospitare sul proprio suolo la devastante tragedia di due guerre mondiali, non ha mai avuto quella rivoluzione silenziosa della figura femminile, quel ruggito di compagne, mamme e poi nonne che hanno cresciuto famiglie, nutrito figli, lavorato per tenere insieme quello che gli uomini lasciavano alle spalle diventando partigiani, soldati o generali.
Quasi ogni uomo di una certa generazione ricorda sorridendo la donna forte e invincibile che li ha cresciuti e mentre negli Stati Uniti si celebravano i berretti verdi con il sigaro, Anna Magnani diventava importante per il cinema italiano e internazionale con Roma città aperta.
La sceneggiatura di I Am Woman - scritta da Emma Jensen - prende quindi l'ascesa verso il successo di Helen Reddy e la registrazione del singolo omonimo che diventerà inno del movimento femminista, per raccontare il percorso di una figura portante di una battaglia giusta, complessa, contraddistinta da sfaccettature che non sono, come anticipato nella parentesi aperta poco sopra, proprie del mondo intero.
Il racconto di Helen Reddy in I Am Woman non diventa un manifesto politico del movimento femminista, ma utilizza la dinamica di una donna inserita in un'industria chiusa e comandata da un maschilismo tossico per snodare il gomitolo di un problema ben più grande, costruendo le ragioni che hanno portato la cantante a divenire una casalinga prima e una sovversiva alla ricerca del suo spazio poi, raggiungendo il successo non soltanto tramite un messaggio potente, ma grazie anche ad una voce unica e all'aiuto di un compagno di vita ambizioso, geniale eppure totalmente folle.
Jeff Wald, interpretato da un Evan Peters in forma, è l'ingranaggio fondamentale di un meccanismo la cui logica è sfuggente, poiché in sceneggiatura non viene mai fatto il terribile errore di rendere assolutamente antagonistica la figura maschile, cercando invece di raccontare una dinamica di coppia non sempre sana, non sempre deleteria ma corrosa dai veleni di un materiale pericoloso come lo star system.
Lillian Roxon, una magnetica Danielle Macdonald, giornalista divenuta famosa con il soprannome di Madre del Rock, assume il ruolo prezioso di fondatrice della coscienza punk di Helen, la cui musica si discosta dal genere ma il cui messaggio vuole invece aggredire e scardinare le ingiustizie del presente attraverso delle storie ritenute, proprio come I Am Woman, aggressive e antagonizzanti.
Roxon è caustica, ribelle, totalmente oltre i canoni imposti all'epoca dalla societa' e accetta nel suo essere e nel suo scrivere il concetto di Rock.
Helen Reddy viene portata sullo schermo da Tilda Cobham-Hervey con una forza candida, una determinazione mai arrogante e piena di grazia, dando al personaggio dei contorni un po' edulcorati e rivelando in un solo frangente quelle che potevano essere le idiosincrasie di un personaggio sì importante, ma pur sempre umano.
[Evan Peters, Tilda Cobham-Hervey, Danielle Macdonald e Unjoo Moon ad un evento per I Am Woman]
I Am Woman inizia a scricchiolare proprio nella descrizione di cosa avviene oltre i tre personaggi descritti e prende la via del biopic didascalico, annacquando il passaggio del tempo, dando enorme rilevanza alle esibizioni della Reddy, riportate integralmente, e nonostante un inizio che sembrava suggerire altro il film mette in scena una storia che vorrebbe dire molto ma che lo fa con i mezzi della descrizione quasi episodica degli eventi, dando rilevanza al messaggio fondamentale lanciato dalla Reddy ma dimenticando che bisogna puntare al cuore dello spettatore.
Un biopic musicale spento dal punto di vista dell'estro, formalmente ben girato e messo in scena, dominato da performance mirabili, eppure piatto, incapace di portare sul grande schermo una storia da raccontare che abbia mordente, che rimanga con la potenza di un messaggio che non può essere veicolato dalle note di una canzone e qualche carrellata su di un pubblico in standing ovation.
I Am Woman è un film importante per il nostro tempo, per qualsiasi tempo, ma che non riesce a creare quella giusta formula alchemica e raccontare l'ascesa di una figura portante, di un simbolo, di un inno a qualcosa d'importante e che dimentica quasi completamente il racconto per immagini e la potenza che questo ha quando si fonde con la musica.