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Tutti parlano di M - Il figlio del secolo, la miniserie televisiva in onda su Sky Atlantic e NOW diretta dal regista britannico Joe Wright, con protagonista Luca Marinelli nel ruolo di Benito Mussolini.
M - Il figlio del secolo, prodotta da Sky Studios con The Apartment Pictures, Small Forward Productions e Pathé, è scritta dagli sceneggiatori Stefano Bises e Davide Serino a partire dall'omonimo romanzo di Antonio Scurati, Premio Strega 2019, il primo di una quadrilogia che lo scrittore dedica alla parabola storica e politica del fascismo e del suo fondatore.
Otto puntate uscite due a due a cadenza settimanale, nonostante la natura filmica del prodotto si strutturi come un unico grande racconto, attraverso le quali Wright mette in scena l'ascesa al potere di Benito Mussolini, dalla fondazione dei Fasci italiani di combattimento del 1919 al discorso in Parlamento del 3 gennaio 1925.
[Il trailer di M - Il figlio del secolo]
Perché tutti ne parlano?
La risposta giusta dovrebbe essere che tutti ne parlano perché M - Il figlio del secolo si configura già come una delle serie TV migliori del 2025, per l'interpretazione sorprendente di Luca Marinelli, per la mimesi dimostrata da tutto il cast - Francesco Russo, Barbara Chichiarelli, Benedetta Cimatti, Vincenzo Nemolato, Gaetano Bruno e Paolo Pierobon, per citarne solo alcuni - e per le scelte stilistiche di Joe Wright, che rilegge il rigore della Storia attraverso una chiave pop accattivante.
Oppure la risposta giusta dovrebbe essere che si parla di M - Il figlio del secolo perché ci si è interrogati sul motivo per cui sia stato un regista straniero, e non italiano, a interessarsi alle ombre del nostro passato, che oggi anneriscono le pareti del nostro presente.
La risposta vera, invece, è che tutti hanno parlato delle dichiarazioni di Luca Marinelli su quanto sia stato doloroso misurarsi con un personaggio così ingombrante per la Storia dell'Italia e per la sua storia personale, provenendo da una famiglia convintamente antifascista.
Traslare le parole di un attore, che sta semplicemente divulgando il processo artistico accaduto durante la lavorazione, in una dimensione di "vittimismo ipocrita", come certa stampa ha fatto in questo specifico caso, rivela quanto il tema del fascismo scaldi ancora gli animi dei nostalgici.
Diventa dunque ancora più necessario che M - Il figlio del secolo si prenda il giusto spazio e il tempo per essere vista da un pubblico il più eterogeneo possibile, non solo per la sua portata creativa, ma anche per la possibilità che il nostro Paese ha di fare finalmente i conti con un substrato mitizzato a tal punto da aver perso la sua ferocia, soffocata da una fascinazione ancora vivida e sinceramente inaccettabile.
[La puntata del nostro podcast dopo le prime due puntate di M - Il figlio del secolo]
Fin dalla prima scena M - Il figlio del secolo contiene in nuce il suo intento di sintetizzare passato, presente e futuro: i fatti di ieri dialogano direttamente con quelli di oggi, mostrando le conseguenze che potrebbero accadere domani.
Dopo aver fatto scorrere alcuni filmati del vero Benito Mussolini acclamato dalla folla e, subito dopo, quelli dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, M - Il figlio del secolo mostra le immagini che ritraggono il Duce senza vita appeso a testa in giù in Piazzale Loreto a Milano.
La voce fuori campo di Marinelli/Mussolini spiega l'arco sentimentale del popolo nei suoi confronti:
"Mi avete amato follemente, per 20 anni mi avete adorato e temuto come una divinità. E poi mi avete odiato, follemente odiato, perché mi amavate ancora.
E poi mi avete ridicolizzato, scempiato i miei resti, perché di quel folle amore avevate paura, anche da morto.
Ma ditemi, a cosa è servito?
Guardatevi attorno: siamo ancora tra voi."
Poi Marinelli compare avvolto da una luce blu, isolato dal contesto e guardando dritto in camera si presenta rivolgendosi direttamente a noi spettatori; l'inquadratura si allarga poco a poco e i colori si attenuano, diventando quelli polverosi di un teatro.
Mussolini sfila tra i militanti di fronte al palco, li presenta come fossero personaggi in procinto di debuttare, gira la manovella del proiettore e dà avvio alla scena, riproducendo il discorso in bianco e nero sulla nascita del fascismo, mentre nel controcampo si nota che in realtà il pubblico, quello fisicamente presente e quello seduto a casa, non sta guardando un vecchio filmato, bensì lui che sale sul palco, pronto a descriverci:
"Ecco il mio popolo smarrito, bisognoso di uomini forti e idee semplici, i disperati, gli storpi, i reduci della Grande Guerra [...]
Io sento la loro rabbia, il loro odio. Ho solo loro, e loro hanno soltanto me.
È con il materiale scadente, con l'umanità di risulta, con gli ultimi che si fa la Storia".
La tecnica dello sfondamento della quarta parete, che vanta esempi illustri come House of Cards e Fleabag, in M - Il figlio del secolo poteva rivelarsi un espediente narrativo rischioso, risultando posticcio o forzato.
Il modo in cui Wright ha applicato la sua intuizione a mio avviso ha invece non solo risolto il problema di avere un narratore onnisciente che introducesse il background di ogni personaggio, ma ha avuto anche il pregio di rendere la narrazione più coinvolgente, caricandola di un significato non più relegato a un periodo storico specifico, ma universale.
La scelta del luogo iniziale, il teatro, è emblematica della natura umana e politica di Benito Mussolini: mettere in scena uno spettacolo orrifico attraverso una rappresentazione di sé performativa, intenzionata a convincere il pubblico mentre si abbevera della sua stessa rabbia, indossata la maschera dell'uomo forte che, dopo aver scatenato il caos, offre se stesso come soluzione migliore per stabilire di nuovo l'ordine.
L'esibizione è più importante della verità.
Nel momento in cui la farsa non regge più sotto al peso della credibilità, lo spettacolo finisce per sfociare nel grottesco pirandelliano, così esagerato, contraddittorio e paradossale da diventare ridicolo, quando non parodistico.
Il Mussolini di Luca Marinelli in M - Il figlio del secolo però non è una macchietta, non si prende gioco del personaggio che interpreta, non lo riduce a un burattino che, altrimenti, avrebbe perso la tridimensionalità che si addice al Male, ma ne rispetta i contorni storici, la lungimiranza politica, il trasformismo e la capacità distorta di intercettare gli umori del popolo, a riprova del talento intelligente dimostrato ancora una volta dall'attore italiano.
[Luca Marinelli dietro al proiettore in una scena di M - Il figlio del secolo]
La crisi del primo dopoguerra tra il 1919 e il 1920, aveva provocato in Italia il cosiddetto "biennio rosso", un'ondata di proteste da parte dei braccianti e di scioperi da parte degli operai, impoveriti dalla guerra e frustrati dalle promesse di benessere non mantenute dal governo.
I reduci di guerra erano traumatizzati nel corpo e nello spirito dall'esperienza bellica e una volta tornati in patria non solo avevano perso i beni economici, ma si erano visti anche negare il giusto riconoscimento di aver rischiato la vita per difendere la nazione.
La familiarità con la violenza acquisita durante la Prima Guerra Mondiale non aveva avuto il tempo di essere razionalizzata, ma anzi montava con un livore sempre maggiore, trasformandosi in spregiudicatezza e brama di sopraffazione, soprattutto tra i giovanissimi, coloro che diventeranno poi i componenti più feroci delle "squadracce" fasciste.
La richiesta di una società più equa preoccupa dunque gli industriali, i proprietari terrieri e la borghesia, spaventati all'idea che in Italia possa prendere piede una rivoluzione socialista sul solco di quella avvenuta in Russia, con il rischio di perdere i proprio privilegi.
È in questo clima che si forma il giovane Mussolini raccontato in M - Il figlio del secolo.
Dopo aver creduto alle idee dell'ala massimalista del socialismo italiano, dopo essere stato direttore del suo organo ufficiale, l'Avanti!, e dopo esserne stato espulso per il doppiogiochismo tra la linea neutrale e quella interventista rispetto alla Prima Guerra Mondiale, Mussolini tradisce se stesso - o forse no, perché a niente è fedele - fondando un nuovo giornale, Il Popolo d'Italia, dalle cui colonne critica aspramente i suoi ex compagni di partito, definendosi contrario alle istituzioni democratiche parlamentari.
Nel 1919, sull'humus fertile della disperazione e del risentimento popolare, fonda quindi i Fasci italiani di combattimento, una forza che si presenta come l'unica capace di ristabilire l'ordine interno, organizzata in "squadre d'azione", milizie formate da volontari armati con indosso "camicie nere" che compiono azioni punitive contro tutti coloro che ritengono nemici, partiti di sinistra, redazioni di giornali, sindacati e lavoratori compresi.
Gli squadristi sono delle bestie che riconoscono l'odore del sangue, attratti dalla sete di violenza che muove ogni loro azione.
In M - Il figlio del secolo la sopraffazione fisica viene mostrata senza essere inutilmente disturbante: il rosso del sangue è quasi estetizzato, ma con un effetto che non ne svuota la carica brutale, ma anzi ne evidenzia l'inutilità, nel senso di violenza ingiustificata, animalesca.
[Luca Marinelli in una scena di M - Il figlio del secolo]
La trasformazione fisica di Luca Marinelli in M - Il figlio del secolo è notevole.
L'attore ha raccontato di essere ingrassato 24 chili, di essersi rasato i capelli, di aver indossato lenti a contatto nerissime e di aver girato ogni scena con degli estensori infilati nel naso per renderlo più grande.
Marinelli ha poi studiato i filmati d'archivio dell'epoca per acquisire le movenze e la tipica postura imponente del Duce, con le braccia allargate sui fianchi, le anche in avanti e la mascella tirata in una smorfia di fierezza.
È stato inoltre affiancato da un vocal coach per la fase di studio del dialetto romagnolo, tratto fondamentale per la riuscita della caratterizzazione, non solo per lui ma per ogni personaggio della serie TV, fornendo agli spettatori una dose importante di realismo e identità.
[La casa di Margherita Sarfatti (Barbara Chichiarelli) e del marito, l'avvocato Cesare Sarfatti, in M - Il figlio del secolo]
La regia di Joe Wright in M - Il figlio del secolo, accompagnata dalla scenografia curata da Mauro Vanzati e dai costumi di Massimo Cantini Parrini, sposa in pieno il codice artistico e letterario di quegli anni: il futurismo.
Gli abiti sono stati realizzati grazie alla ricostruzione storica della moda della prima metà del '900 e spesso sono stati fatti indossare agli attori sgualciti, per conservarne l'anima più materica.
Anche gli interni sono stati progettati con l'intenzione di restituire gli stilemi artistici dell'epoca, come si evince dalla casa di Margherita Sarfatti (Barbara Chichiarelli), luogo di aggregazione e ritrovo del circolo degli intellettuali, rivestita da una carta da parati di stoffa con diversi pattern geometrici che si incastrano sui toni del bianco e nero, una sorta di quadro futurista tridimensionale che provoca una sensazione conturbante.
Le riprese di M - Il figlio del secolo si sono svolte per lo più negli studi di Cinecittà a Roma, dove è stata ricostruita anche la città di Milano, con ambientazioni notturne e labirintiche.
Wright, infatti, in sintonia con i criteri del Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti (interpretato nella serie TV da Stefano Cenci), usa un ritmo serrato, veloce e dinamico; le inquadrature della fotografia curata da Seamus McGarvey sono spesso oblique, ravvicinate, disegnano diagonali oscure e claustrofobiche, suscitando una sorta di illusione ottica che ricorda le scale presenti nella litografia Relatività di M.C. Escher.
Una percezione distorta, un'allucinazione collettiva, un inganno.
L'estetica è contenuto.
Wright ha dichiarato che la sua visione per M - Il figlio del secolo è stata "un incrocio tra L'uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov, Scarface e la cultura rave degli anni '90".
Con un guizzo creativo strabiliante infatti il regista ha deciso di affidare la colonna sonora a Tom Rowlands, del duo britannico di musica elettronica The Chemical Brothers: l'energia delle sonorità techno mescolate al trip-hop e al rock intensifica la volontà di potenza nietzschiana, conferendo al racconto un carattere espressionista ben riconoscibile.
[Paolo Pierobon è Gabriele D'Annunzio in M - Il figlio del secolo]
Ogni personaggio di M - Il figlio del secolo meriterebbe di essere approfondito, ne scelgo solo alcuni per mere ragioni di spazio.
Piuttosto interessante è il rapporto che Mussolini intesse con Gabriele D'Annunzio, interpretato da Paolo Pierobon, rivelatorio della contraddizione del Duce tra la sicurezza ostentata e la debolezza interiore, alimentata dal terrore di non essere il protagonista.
Alla conferenza di pace di Parigi del 1919 l'Italia aveva chiesto tutti gli ampliamenti territoriali promessi dal Patto di Londra del 1915, aggiungendo anche la città di Fiume, in Istria, abitata da molti italiani; gli altri paesi vincitori della Grande Guerra però si erano opposti e Fiume era stata lasciata alla Jugoslavia.
Nell'opinione pubblica si era diffusa quindi la convinzione che l'Italia fosse stata umiliata e che, così come molti soldati avevano perso gli arti in trincea, anche la nostra vittoria era stata "mutilata".
Nel 1919 Gabriele D'annunzio, il Vate, ovvero il "profeta" che prima degli altri interpreta e guida i sentimenti delle masse orientandole nella società, occupa con un gruppo di ex combattenti la città di Fiume, senza essere fermato dall'esercito regio che, influenzato da una parte della popolazione favorevole all'impresa, sceglie di non intervenire per sgomberare la città.
D'Annunzio è poeta ed eroe di guerra, colui che riesce a coniugare l'atto della parola con quello delle azioni, pronto a morire sul campo al grido di "O Fiume o Morte!", a differenza di Mussolini che segue la vicenda a distanza, al sicuro tra le mura della redazione del suo giornale.
Il D'Annunzio di Paolo Pierobon in M - Il figlio del secolo è ieratico, intoccabile, pieno di onore e magnificenza; consapevole della codardia di Mussolini lo incalza, mettendo di fronte a tutta la sua inadeguatezza.
D'altro canto il Duce capisce che deve superare l'ossessione di finire oscurato dietro il cono d'ombra che la luce di D'Annunzio proietta, e sfrutta l'impresa fiumana a suo vantaggio: si presenta nella città occupata con un piglio ridicolo da aviatore, ascolta le intenzioni del Vate e poi sposta l'attenzione sulla dimensione politica che il fascismo deve portare avanti a Roma.
Uccide metaforicamente il "padre" per potersi emancipare, annullando il carico opprimente che il giudizio del Vate faceva pendere sulla sua testa.
[Francesco Russo è Cesare Rossi in M - Il figlio del secolo]
Un'altra figura rilevante in M - Il figlio del secolo è il Cesare Rossi di Francesco Russo, che restituisce con grande abilità il ruolo di eminenza grigia di "Cesarino", molto influente nella strategia politica fascista ma poco visibile, schiacciato dal carisma travolgente del Duce.
Giornalista di origini toscane, Cesare Rossi viene scelto da Mussolini come braccio destro nella direzione del Popolo d'Italia.
Membro fondatore dei Fasci italiani di combattimento e poi segretario del Partito Nazionale Fascista (PNF) milanese fondato nel 1921, Cesarino è una sorta di grillo parlante che Mussolini in parte soffre e in parte ascolta.
Quello che M - Il figlio del secolo mostra del suo carattere è la docilità nell'eseguire gli ordini, figlia dell'opportunismo che contraddistingue la mentalità fascista: quando i componenti della borghesia e gli industriali decidono di finanziare il Popolo d'Italia per sfruttare la forza coercitiva delle squadracce che avrebbe garantito loro il mantenimento dello status quo, Cesare Rossi non esita un istante a tradire gli ideali socialisti che aveva abbracciato negli anni precedenti.
Così come, più avanti, non fermerà il sequestro e l'uccisione del parlamentare socialista Giacomo Matteotti da parte delle Camicie Nere, per il cui omicidio sarà l'unico a pagare, nonostante la fuga e il voltafaccia nei confronti del suo amato (idealizzato, e infine odiato) Duce.
[Barbara Chichiarelli è Margherita Sarfatti in M - Il figlio del secolo]
Sul piano delle figure femminili in M - Il figlio del secolo troviamo Margherita Sarfatti, pigmalione di Mussolini, interpretata da Barbara Chichiarelli.
Intellettuale veneziana proveniente da una prestigiosa famiglia ebraica, Margherita Sarfatti è una donna coltissima, molto al di là della media dell’epoca: di professione critica d’arte è la prima a intuire, in Italia e non solo, l’importanza della cultura per l'emancipazione femminile.
Amante di Mussolini per quasi vent'anni, ma anche molto di più: mentore, maestra di buone maniere e di letteratura, guida politica imprescindibile.
La Sarfatti di Barbara Chichiarelli è magnetica, seducente nello stile gotico che le donano il trucco e gli abiti sontuosi, assertiva, brillante e, al contempo, dolente e ferita, anche se mai sottomessa. Mussolini la ama nel modo in cui è capace di amare un dittatore, ne è affascinato, a volte succube, ma quando si rende conto di dipendere dal suo giudizio la respinge e la usa a suo piacimento, perché non è in grado di accettare la reciprocità di un rapporto alla pari.
Il culto della virilità tipico di quegli anni si esprime nel controllo che il maschio fascista esercita sul corpo della donna, reso un oggetto utile solo a sfogare un godimento nervoso, in realtà fragilissimo, come dimostra l'ossessione che il Duce ha per la grandezza del fallo degli altri uomini.
In M - Il figlio del secolo però Margherita Sarfatti rompe lo schema abituale, si concede e si nega solo in base al suo di desiderio, intellettuale e fisico.
Soffre, ma dirige le sue emozioni senza farsi dominare da esse.
[Benedetta Cimatti è Rachele Guidi in M - Il figlio del secolo]
L'altra figura femminile è Rachele Guidi, moglie di Mussolini, portata sullo schermo in M - Il figlio del secolo da Benedetta Cimatti, che dà vita all'unico altro personaggio, oltre a quello di Marinelli, che buca la quarta parete per parlare direttamente con noi spettatori, dando voce ai suoi stati d'animo più intimi.
"Donna Rachele" rappresenta l'istituzione della famiglia, tanto decantata da Mussolini in pubblico - "La mia colonna", "Dio, patria e famiglia" - quanto non rispettata in privato, tra i tradimenti e l'insofferenza per la vita domestica.
Rachele è una donna umile, che parla solo in dialetto romagnolo strettissimo, estromessa dalle decisioni politiche del marito, ridotta al ruolo di madre e niente più, eppure Benedetta Cimatti costruisce forse uno dei pochi personaggi con cui è facile empatizzare, nella sofferenza per la subalternità rispetto alle scelte del marito - che pure lei sempre sosterrà pubblicamente - e nella tenerezza che esprime la sua forza quotidiana nell'educazione dei figli affidata a lei sola.
"Donna Rachele" in M - Il figlio del secolo è vittima della visione di sé che le restituisce il marito, incapace di affrancarsi dalla "funzione" che la società le ha attribuito, priva degli strumenti emotivi e intellettuali che l'avrebbero potuta liberare dalle catene del conformismo.
[L'adunata a Napoli prima della marcia su Roma in M - Il figlio del secolo]
Durante il governo di Giovanni Giolitti (Fulvio Falzarano in M - Il figlio del secolo) in Italia il livello di ferocia delle squadre fasciste diventa sempre più alto, eppure il Presidente del Consiglio del Regno d'Italia è convinto di poter condurre i fascisti sulle proprie posizioni e di poterli utilizzare per indebolire le opposizioni.
Il risultato, invece, è l'ingresso in Parlamento del PNF con le elezioni del 1921, svolte in un clima coercitivo.
"Pensavate di averci addomesticato, invece ci avete solo legalizzato."
Nel 1922 diventa primo ministro Luigi Facta (Alberto Astorri in M - Il figlio del secolo) l'ultimo liberale prima di Mussolini.
La sua nomina dimostra l'incapacità del sistema parlamentare di garantire stabilità attraverso le istituzioni democratiche e la miopia della classe politica di opposizione che gioca con i vantaggi che il fascismo può procurarle, senza preoccuparsi delle conseguenze disastrose che la minaccia fascista già lascia intravedere.
Benito Mussolini fiuta che è arrivato il tempo giusto per mettere in scena il suo spettacolo migliore: la marcia su Roma.
"Io sono come le bestie, sento il tempo che viene".
Il Duce raduna le Camicie Nere a Napoli per aizzare i combattenti alla presa di potere verso la Capitale.
Luca Marinelli ha raccontato che durante le riprese di M - Il figlio del secolo il regista Joe Wright era solito mettere in diffusione la musica per dare energia agli attori e alle comparse che nei tempi morti scaricavano la tensione ballando.
La scena scelta come definitiva dell'adunata di Napoli con l'acclamazione del Duce da parte degli squadristi è in realtà un momento di girato in cui tutti gli attori si muovevano a ritmo, scatenati come a un concerto rock.
La marcia su Roma del 1922 è il colpo di teatro più riuscito di Mussolini. Grazie a una narrazione trionfalistica il Duce ostenta un'idea di controllo verso un'operazione tutt'altro che sicura nella sua realizzazione, di cui lui stesso è conscio.
Sarebbe bastato, infatti, un ordine firmato dal re Vittorio Emanuele III che autorizzava l'intervento dell'esercito regio, nettamente superiore in numero e forze, per fermare l'avanzata della marcia da parte dei fascisti.
[Vincenzo Nemolato è re Vittorio Emanuele III in M - Il figlio del secolo]
Interpretato da Vincenzo Nemolato, re Vittorio Emanuele III in M - Il figlio del secolo viene rappresentato in tutta la sua inadeguatezza rispetto al ruolo centrale che ricopre per il Paese. Il regista calca la mano sulla statura minuta del re - che era alto 1 metro e 53 centimetri - metafora del suo complesso di inferiorità che dal piano fisico migra a quello caratteriale, rendendolo insicuro e alla disperata ricerca del riconoscimento altrui.
Le inquadrature mettono in risalto spesso il difetto fisico: in piedi nel confronto con gli altri o da seduto, con le gambe che penzolano sul trono senza riuscire a toccare il pavimento.
Nemolato raggiunge l'obiettivo di far trasparire l'inettitudine del re grazie a una recitazione sommessa, pensierosa, incerta nei movimenti, ostacolati dal supporto alle gambe che lo aiuta a camminare.
La mancanza di polso che conduce il re a non firmare quell'atto, con la motivazione - detta - di non voler spargere sangue e quella - non detta - di ritenere i fascisti utili alla conservazione della stabilità e dell'ordine pubblico, cambia ineluttabilmente il corso della Storia.
[Gaetano Bruno è Giacomo Matteotti in M - Il figlio del secolo]
Due anni dopo accade un altro fatto che avrebbe potuto arrestare la corsa del fascismo verso il potere assoluto degli anni successivi: il delitto Matteotti.
Spina nel fianco del Duce già dal biennio rosso, Giacomo Matteotti è deputato e segretario del Partito Socialista Unitario.
Nella sua prova attoriale in M - Il figlio del secolo Gaetano Bruno restituisce il coraggio di un uomo per cui la politica non è soltanto passione, ma ragion d'essere.
Ne fa un ritratto elegante nel portamento e nel modo di parlare, in cui il dialetto veneto appare più nella inflessione che nei termini gergali.
Matteotti è inarrestabile nel contrastare l'ascesa del fascismo e ne evidenzia il metodo anti-democratico non solo in Parlamento, ma anche attraverso la pubblicazione di un'inchiesta/memoriale in cui denuncia i soprusi dei fascisti contro i lavoratori e le famiglie perbene.
A conclusione di quello che diventerà il suo ultimo discorso in Parlamento, pronunciato per denunciare i brogli e le violenze delle Camicie Nere alla conquista del potere, afferma: "Io, il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me".
Quello che succede in M - Il figlio del secolo dopo il rapimento e l'omicidio di Matteotti a opera degli squadristi, indirettamente ordinato dal Duce stesso, aiuta a comprendere l'astuzia di Mussolini da un lato e la paralisi delle opposizioni dall'altro.
Nonostante tutti sappiano che la colpa è da attribuire alle squadre fasciste, che si erano sentite talmente al di sopra della legge da perpetrare un assassinio addirittura ai danni di un parlamentare, nell'immediato nessuno reagisce al discorso del Duce alla Camera del 3 gennaio 1925, in cui Benito Mussolini si assume pubblicamente "la responsabilità politica, morale e storica" del clima nel quale l'omicidio si era verificato, sfidando apertamente il Parlamento a processarlo.
[L'agghiacciante scena conclusiva di M - Il figlio del secolo]
La serie TV M - Il figlio del secolo, con gli ammiccamenti di Luca Marinelli in camera, con i pensieri di Mussolini che prendono voce e risuonano nelle orecchie degli spettatori, con alcune frasi esplicite - "Make Italy Great Again", chiaro riferimento allo slogan utilizzato da Donald Trump - vuole avvertire i cittadini del mondo della pericolosità dell'estremismo di destra, attraverso l'esempio della Storia.
L'Italia però resta il punto di partenza.
Luca Marinelli in un'intervista ha raccontato che inizialmente la lingua dedicata ai momenti in cui si rivolgeva in macchina in M - Il figlio del secolo doveva essere l'inglese; dopo le elezioni italiane del 2022 che hanno portato Giorgia Meloni a essere Presidente del Consiglio, Joe Wright ha deciso invece che la lingua avrebbe dovuto essere sempre l'italiano.
La destra radicale di ieri e di oggi si alimenta di un tipo di retorica infarcita di propaganda ed è facile individuare i parallelismi con il metodo utilizzato dai fascisti per persuadere gli elettori: soffiare sulle paure più ancestrali, elogiare il nazionalismo come unico argine in difesa dell'italianità, promettere ordine mentre si fomenta il caos con toni polarizzanti, manipolare la rabbia - quella legittima di chi si trova in condizioni di povertà e ha bisogno di credere al sogno di una vita migliore, ma anche quella istintiva dettata dall'ignoranza - e poi dar loro in pasto soluzioni semplicistiche, banalizzando la complessità per piccoli scopi personali.
Il rischio di un nuovo "fascismo", di certo diverso nella metodologia più sottile e subdola, nascosta tra i contorni del contesto democratico, coadiuvata dall'arma della tecnocrazia in mano a pochi ricchissimi, è concreto.
M - Il figlio del secolo è uno specchio in cui il l'immagine del passato riflette quella del presente, in un rimando che dovrebbe accendere le coscienze collettive.
Joe Wright racconta la natura del potere, la manipolazione della verità, la seduzione dell'affabulazione politica, la sua presa sul popolo e, dopo l'abbaglio, le sue conseguenze mortifere.
La democrazia non è data una volta per tutte, sembra dirci, e per questo è necessario difenderla, per salvaguardare lo Stato di diritto da chi vuole annichilirne la portata.
[Il regista Joe Wright sul set di M - Il figlio del secolo]
Qual è, allora, l'anticorpo più efficace per evitare la trappola dell'ultradestra populista?
L'arte.
Intesa qui come mezzo d'elezione, capace di stimolare il pensiero critico, il ragionamento razionale contro quello che punta alla "pancia" del Paese.
Il Cinema, in particolare, ha l'opportunità di prendersene carico, assumendosi una responsabilità etica.
Durante il corso della realizzazione di M - Il figlio del secolo il regista Joe Wright ha fatto attaccare su ogni macchina da presa un adesivo emblematico proprio di questa concezione della funzione ultima dell'arte cinematografica, preso da quello identico che Woody Guthrie a metà anni '40 aveva appiccicato sulla propria chitarra: "This machine kills fascists".
Questa macchina uccide i fascisti.
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M - Il figlio del secolo M - Il figlio del secolo M - Il figlio del secolo
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