#articoli
Maria è stato presentato in Concorso alla 81ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia: diretto da Pablo Larraín e scritto da Steven Knight, il film racconta gli ultimi giorni della tumultuosa vita di Maria Callas, la più grande cantante lirica di tutti i tempi interpretata da Angelina Jolie.
Maria sembra essere l’ultimo capitolo di una trilogia firmata dal regista cileno, composta da tre ritratti di celebri icone femminili - Maria Callas appunto, Jacqueline Kennedy in Jackie e Lady Diana in Spencer - dove Larraín e Knight esplorano il conflitto interiore di una donna che per tutta la vita si è portata dentro una profonda tragedia intima spesso celata.
[Il trailer di Maria]
Parigi: la diva vive ormai sola con il suo maggiordomo Ferruccio (Pierfrancesco Favino) e la domestica Bruna (Alba Rohrwacher).
Sono passati anni dall’ultima esibizione e Maria Callas si trova a ripensare a tutta la sua carriera e alla sua vita sentimentale, dovendo gestire il peso di una voce che sta scomparendo e di un amore finito, quello con il miliardario greco Aristotele Onassis, un legame passionale e tormentato che oggi sicuramente definiremmo “tossico”.
Maria Callas era profondamente innamorata di Onassis e nonostante fosse una donna di straordinaria forza e indipendenza nella sua carriera, nella vita privata era estremamente vulnerabile.
Lui se ne approfittò per tanti anni e questo contribuì a far peggiorare in modo drastico le sue condizioni psico-fisiche.
Perché "la Callas" è quella che va nei locali solo per farsi adulare, la diva per eccellenza, impeccabile nello stile e nelle maniere, ma è soprattutto quella che fra le mura di casa, e soprattutto dentro di sé, vive l’inferno.
Su questo si incentra Maria, su quel lato intimo e privato che Callas ha dovuto gestire nella più totale solitudine interiore: un inferno fatto di alti e bassi, di depressione, di psicofarmaci.
Larraín decide di dare un volto e un corpo a uno di questi farmaci, il Mandrax, che nel film diventa una persona in carne ed ossa: è infatti un reporter (Kodi Smit-McPhee) che sta girando una sorta di documentario sugli ultimi giorni di Maria Callas.
Metacinema, il film nel film, quello sulla sua vita, sui suoi pensieri, sulle sue scelte.
Il giornalista, Mandrax appunto, se ne va in giro con la diva e un cameraman facendole interviste per le strade e nei bar. Sono delicati e al contempo dolorosi i momenti in cui Maria si sorprende (o viene sorpresa) a parlare da sola mentre si rivede sui palcoscenici di New York, Londra, Venezia, Milano e sente musiche che lei non vorrebbe mai riascoltare, come La traviata o La Tosca e il concetto secondo cui la donna ormai riesca a confidarsi solo con il suo “psicofarmaco” è molto forte.
Dà un volto a questo tumulto Angelina Jolie, sorprendente nei panni della cantante lirica: la sua bellezza statuaria sembrerebbe potersi non sposare al fascino struggente da dea greca di Callas, eppure dopo poche scene è come se le due figure e i due volti si sovrapponessero.
Anche queste sono le magie delle grandi prove attoriali.
Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher sono come due angeli custodi che vegliano sulla cantante e sono bravi a fare la parte di due che in realtà non sanno neanche tanto bene cosa fare, ma quando si ha a che fare con qualcuno che sta davvero male basta la presenza e loro fanno proprio questo: sono presenti, per lei.
Ci sono e la accudiscono, fanno la spesa, cucinano, la vanno a prendere quando serve: fanno la loro parte, come i due attori, con una recitazione che lavora per sottrazione, una presenza in punta di piedi in tutti i sensi, sia per il ruolo che interpretano sia perché quando nella stanza c’è Angelina Jolie c’è ben poco da fare: è lei a rubare la scena.
Così come ha fatto Maria Callas per tutta la sua vita: ha rubato la scena.
[Angelina Jolie, Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher in una scena di Maria]
Lo sappiamo, però: tutto ha un prezzo e la scena si prende sempre qualcosa in cambio.
In questo caso si è presa la sua anima, perché a Callas, senza la scena, rimaneva solo Maria.
Larraín, oltre a opere come Post Mortem, Ema ed El Conde, si era già cimentato in altri due biopic con al centro figure femminili esplorando così tre psicologie sfaccettate, tre malesseri interiori che vengono da lontano: Jackie, incentrato sulla First Lady Jacqueline Kennedy interpretata da Natalie Portman sui giorni immediatamente successivi all'assassinio di John F. Kennedy e Spencer, che racconta il momento in cui Lady Diana (Kristen Stewart), decide di separarsi da Carlo il Principe di Galles.
Donne intelligenti, indipendenti, controverse, donne sull’orlo di un precipizio (come direbbe un altro regista) o sul viale del tramonto (per citarne un altro ancora): tutte e tre queste figure sono accomunate da un profondo disagio interiore e, soprattutto, da un difficile rapporto con la propria identità costantemente in conflitto con le aspettative imposte dalla società: che siano quelle di un popolo, di un pubblico o di un marito poco importa.
Donne che hanno vissuto tutta la vita con il peso di un senso del dovere imposto dall’alto.
[Angelina Jolie in una toccante scena di Maria]
A mio avviso Maria non è un film che osa, perché anche nelle sue scelte più originali rimane con i piedi per terra ed è molto classico e riservato, ma questo forse proprio perché cerca di essere un rispecchiamento della sua protagonista, nonostante Maria Callas con la voce abbia osato eccome, con la sua versatilità e potenza emotiva che trasformava ogni interpretazione in uno spettacolo unico e indimenticabile.
Pablo Larraín utilizza anche materiali d’archivio, pochi ma ben scelti e fondamentali, la fotografia di Edward Lachman è raffinata e spesso sceglie la macchina a mano per seguire Maria nei suoi appartamenti, irrequieta e tremolante ma sempre con un sorriso triste in volto.
Quella di Maria Callas non è stata una vita facile e forse ogni tanto avrebbe voluto stare sola o avere qualcuno che non le dicesse cosa fare.
Purtroppo però Maria non poteva, perché faceva parte di “quel ristretto gruppo di persone che possono andare ovunque nel mondo, ma che non possono mai scappare”.
[articolo a cura di Margherita Giusti Hazon]
___
CineFacts non ha editori, nessuno ci dice cosa dobbiamo scrivere né soprattutto come dobbiamo scrivere: siamo indipendenti e vogliamo continuare ad esserlo, ma per farlo sempre meglio abbiamo bisogno anche di te!