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Ogni corsa è una storia: Taxi Monamour - Intervista a Ciro De Caro

Taxi Monamour è una commedia che danza tra malinconia e sorrisi, intrecciando emozioni profonde e cariche di pura umanità

Ogni film è un viaggio non solo per chi lo guarda, ma soprattutto per chi lo crea: con Taxi Monamour, il regista Ciro De Caro ci conduce in un viaggio emozionante attraverso temi universali e profondamente umani, regalandoci un’opera che parla dritta al cuore, ricca di emozioni e riflessioni. 

 

Taxi Monamour è stato in concorso alla 21ª edizione delle Giornate degli Autori all'interno della Mostra del Cinema di Venezia

 

[Il trailer di Taxi Monamour]

 

 

Il film intreccia le vite di Anna (Rosa Palasciano) e Cristi (Yeva Sai), due donne segnate da solitudini diverse, ma ugualmente profonde. 

 

Anna è intrappolata in una malattia che la isola e in un conflitto con la famiglia, e si trova ad affrontare una scelta difficile: seguire il compagno in un’altra città per lavoro o restare, inseguendo una fragile indipendenza. 

Cristi, invece, fugge da un paese devastato dalla guerra, cercando di ricostruire un’esistenza in Italia, lontana dagli affetti e dai ricordi di casa.

Quando i loro percorsi si incrociano, le due donne scoprono una rara parentesi di libertà.

 

Insieme trovano un momento di evasione, un respiro di gioia che le allontana, anche solo per un istante, dalle ombre che le perseguitano.

 

 

[Una scena da Taxi Monamour]

 

Ho avuto l’opportunità di chiacchierare con Ciro De Caro in occasione della presentazione del film durante la nuova edizione del Festival del Cinema di Porretta Terme: un’occasione per scoprire il regista, ma anche la persona dietro la cinepresa e l’essenza umana che anima le sue storie.

 

Anna Arneodo: 

Vorrei cominciare facendole una domanda secondo me fondamentale per comprendere il suo approccio a questo mondo: come è nata la sua passione per il mondo del Cinema e della sceneggiatura? 

 

Ciro De Caro: 

È una passione che ho da sempre: mio padre è stato uno dei primi in provincia di Salerno ad avere un noleggio di VHS, io avevo sempre la casa piena di film e questo mi ha permesso di sentirmi immerso nel mondo del Cinema fin da quando ero piccolo. 

Crescendo ho poi iniziato ad avere una connessione più profonda con ciò che avevo intorno: all’università ho capito di poter trasformare la mia passione per il Cinema in qualcosa di più. 

Ho quindi iniziato a dedicarmi ai miei primi cortometraggi ed erano orrendi: per fortuna ai tempi si utilizzavano ancora le VHS, quindi non sono più recuperabili! 

 

AA:

Si può quindi dire che il suo avvicinamento al Cinema sia stato graduale e costante.

 

Ciro De Caro: 

Sì, è stato tutto molto graduale. 

Sempre nel periodo universitario ho scoperto l’amore per i film di François Truffaut e da lì in poi ho iniziato a capire cosa significa guardare il mondo attraverso i propri occhi e attraverso lo strumento del Cinema. Da quel momento mi sono sentito spinto sempre di più a raccontare ciò che mi succedeva, ciò che mi faceva innamorare, arrabbiare e in generale emozionare, perché il Cinema mi permetteva di esprimerlo nella maniera migliore che potevo. 

Non mi ritengo bravo con le parole o bravo a scrivere: ecco perché ancora oggi, quando mi chiedono di cosa parla un mio film, io non so rispondere.

Sono più bravo a raccontare con le immagini.

 

AA:

Mi racconti di Taxi Monamour: il titolo è molto interessante, richiama una frase che viene ripetuta più volte all’interno del film.

Oltre a questo, però, sembra avere un significato stratificato: in che modo questo titolo riflette sui valori centrali del film? 

 

Ciro De Caro: 

Sicuramente la prima lettura del titolo, quella più superficiale, richiama la frase ripetuta più volte nel corso del film. 

Tuttavia leggendo più in profondità il titolo Taxi Monamour vuole riferirsi al vero e proprio incontro tra le due protagoniste del film. 

Il loro incontro è metaforicamente un taxi: colui che ti porta e ti accompagna da un posto all’altro e fa parte della tua vita per un breve periodo di tempo, facendo nascere tra te e l’altra persona qualcosa in più di un semplice scambio di saluti. Inevitabilmente, però, arriva sempre il momento in cui ci si deve lasciare. 

Questo è esattamente ciò che caratterizza l’incontro tra Anna e Crisi, il loro incontro è come un taxi: dopo essersi servite a vicenda, alla fine sono destinate a lasciarsi andare.

 

AA:

Il titolo è nato prima della sceneggiatura o ha preso forma durante la scrittura e la lavorazione del film? 

Ha mai considerato altri titoli oltre a questo?

 

Ciro De Caro: 

Il titolo Taxi Monamour è nato durante una delle ultime stesure della sceneggiatura, sebbene avessimo preso in considerazione anche altri titoli per quest’opera.

Questa scelta ha però messo d’accordo tutti.

 

AA:

Crede che questo titolo possa essere compreso appieno solo dopo aver visto il film, oppure è in grado di comunicare qualcosa di forte anche a chi ancora non lo ha visto? 

 

Ciro De Caro: 

Personalmente credo che sia un titolo che incuriosisce molto chi ancora non conosce la storia raccontata in Taxi Monamour; tuttavia ritengo che la piena comprensione del suo significato arrivi soltanto dopo aver visto il film. 

 

 

[Rosa Palasciano (Anna) e Yeva Sai (Cristi) in una scena di Taxi Monamour]

 

AA: 

Da dove nasce l’esigenza di raccontare e approfondire la storia e la connessione di queste due donne così diverse eppure così simili? 

 

Ciro De Caro: 

È nato tutto da un gioco: ho scritto la sceneggiatura di Taxi Monamour assieme a Rosa Palasciano, l'attrice che interpreta Anna nel film. 

Durante una nostra passeggiata primaverile al mare, tra le tante persone sedute sulla riva del mare abbiamo notato due donne sedute sulla sabbia, due donne che sembravano vicine e distanti allo stesso tempo. 

Non si parlavano: una ascoltava una radio e l’altra preparava da mangiare. Eppure erano chiaramente lì insieme.

 

Ciò che però più è saltato all’occhio a me e Rosa era come le due donne venissero da due mondi completamente diversi, sia metaforicamente che fisicamente.

Era chiaro, per esempio, che una delle due fosse europea e l’altra venisse invece da molto lontano. Questo ci ha portati ad immaginare dove fossero nate, come fossero arrivate a trovarsi quel giorno insieme su quella spiaggia e chi fossero. 

Con il passare dei minuti ci siamo quasi affezionati a queste due donne e abbiamo iniziato ad arricchire la loro ipotetica vita di dettagli: in quel momento io e Rosa ci siamo resi conto che volevamo raccontare questa storia di connessione tra due donne così lontane, eppure così vicine.  

 

AA: 

Proprio a proposito del concetto di connessione, inteso come fisico ma anche come spirituale, è interessante notare come nel film vi sia quasi una assenza di connessioni virtuali tramite smartphone e social media, quasi come se questo volesse significare un atto di ribellione verso il nostro tempo: da cosa nasce la scelta di escluderli? 

 

Ciro De Caro: 

Nasce prima di tutto da una scelta estetica: non mi piace far vedere gli schermi nei film. 

Oltre a questo sono convinto (sebbene io sia il primo a scrollare continuamente il feed dei miei social), che quelle che si creano tramite schermi non siano vere connessioni, ma servono unicamente a tenersi in contatto.  

Personalmente ritengo che ci stiamo allontanando a livello umano e non mi piace: per questo ho voluto dare vita a una storia in cui l’incontro tra le due protagoniste è profondamente umano. 

Ecco il punto chiave: volevo che dal mio film venisse fuori umanità.

 

AA: 

Quindi, secondo lei, se le protagoniste del film avessero utilizzato i social media per incontrarsi, il loro legame non sarebbe stato lo stesso?

 

Ciro De Caro: 

Esatto: incontrarsi per caso e fisicamente in una situazione particolare e di necessità, seppur una necessità banale, mette le persone in relazione in maniera nettamente diversa e molto più profonda rispetto a un incontro avvenuto tramite social network. 

 

AA:

Quanto di Ciro De Caro è presente in questi due personaggi? 

 

Ciro De Caro: 

Sinceramente? Non lo so. 

È ovvio che scrivendo e strutturando dei personaggi c’è sempre qualcosa di noi che diventa parte di loro. 

Non ho mai davvero pensato a questo aspetto, ma sono sicuro che qualcosa di me in loro e nella storia di Taxi Monamour ci sarà sicuramente.

 

AA: 

Guardando al suo percorso come regista e sceneggiatore, lei ritiene che Taxi Monamour rappresenti un’evoluzione professionale, oppure possa essere interpretato come un cambio di prospettiva rispetto ai suoi lavori precedenti?  

 

Ciro De Caro: 

Personalmente ritengo che, partendo dal mio primo film (Spaghetti Story) fino ad arrivare a quest’ultimo, io stia vivendo un percorso che mi permette di mettere sempre più a fuoco come voglio raccontare le cose e qual è la mia idea di Cinema. 

Ogni film nuovo che faccio mi fa capire sempre di più come voglio fare il prossimo. 

In generale, mi piace andare sempre di più verso l’umanità dei personaggi, il realismo e l’acutezza di sguardo.

_

 

Ringrazio Echo Entertainment Agency per averci dato l'opportunità di fare questa intervista, ringrazio il Festival del Cinema di Porretta Terme e ovviamente chiudo ringraziando Ciro De Caro per la sua disponibilità e gentilezza. 

___ 

 

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