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Limonov: The Ballad pone la domanda cardine alla base di ogni biopic: come si può riassumere tutta una vita in un film, specie se è quella di Eduard Limonov, l'artista maledetto russo già ritratto con maestria dalla penna di Emmanuel Carrère in una celebre (e celebrata) biografia?
Alla sfida ha provato a rispondere Kirill Serebrennikov, il più ribelle tra i registi russi, che eredita un progetto a cui ha lavorato per anni Paweł Pawlikowski e lo realizza col supporto della casa di produzione italiana Fremantle e della subsidiaria Wildside, riuscendo con ottimi risultati nell'impresa di raccontare le mille contraddizioni di una figura tanto affascinante quanto inquietante, soprattutto quando messa in relazione ai nostri tempi.
[L'applauso del pubblico al termine della proiezione di Limonov: The Ballad al 77° Festival di Cannes, con l'auspicio di Serebrennikov che il Cinema aiuti a fermare la violenza]
Eduard "Eddie" Limonov (un immenso Ben Whishaw) è un giovane poeta russo a cui i diktat artistici, letterari e culturali dell'Unione Sovietica stanno stretti; negli anni '70 decide quindi di trasferirsi a New York con la fidanzata Elena (Viktoria Miroshnichenko), senza però riuscire a riscuotere il successo che spera.
Ansioso, ribelle, larger than life, seguiamo Eddie mentre affronta lo shock culturale del passaggio dalla Russia agli Stati Uniti: i suoi amori, le sue gioie, le sue avventure, i suoi lavori e i viaggi a Parigi prima e di nuovo in Russia poi, dove da rivoluzionario finisce per abbracciare il nazionalismo, adottando la leadership del Partito Nazional Bolscevico.
Una figura controversa come quella di Limonov non poteva che affascinare Emmanuel Carrère: la biografia del poeta russo, edita in Italia da Adelphi, è tra le opere più celebri dello scrittore francese, le voci di un adattamento sono iniziate a circolare nel 2018, subito dopo l'uscita del celebrato Cold War di Paweł Pawlikowski, col regista polacco al timone dell'operazione.
Dopo qualche anno di ritardi, Limonov: The Ballad è passato a un regista russo, il dissidente Kirill Serebrennikov, condannato all'arresto da Vladimir Putin nel 2021 e da allora emigrato a Berlino, già in concorso a Cannes con Petrov's Flu, La moglie di Tchaikowski e, soprattutto, Summer, il suo film che più somiglia a Limonov: The Ballad nel suo amore per i ribelli, i reietti e la musica punk.
[In Limonov: The Ballad, Ben Whishaw interpreta il poeta, scrittore e infine politico russo Eduard Limonov: una vita passata a cercare riconoscimento, una fascinazione per l'Occidente che diventa repulsione a causa dei rifiuti e di un carattere difficile e insoddisfatto]
Limonov: The Ballad è, come suggerisce il titolo, un adattamento della biografia lirica e romanzata di Carrère, raccolta dai racconti più o meno esagerati dello stesso Limonov, piuttosto che un fedele resoconto della vita del protagonista.
Serebrennikov (co-autore della sceneggiatura con Pawlikowski e Ben Hopkins) prende la figura controversa del poeta e ne plasma un'epopea punk, mettendo in mostra tutto il suo virtuosismo, con la macchina da presa (condotta dal rimarchevole Roman Vasyanov) che si muove senza soluzione di continuità, attraversando fluidamente spazi ed epoche, assistita ritmicamente da una colonna sonora che vede brani di artisti cult come, tra gli altri, i Velvet Underground, Lou Reed, Tom Waits e i Sex Pistols.
Serebrennikov è un provocatore della messa in scena, quindi affine di spirito al protagonista del suo film, qui interpretato in maniera impressionante dall'inglese Ben Whishaw, che davanti alla camera si trasforma completamente in Eddie, cogliendone tutte le sfumature e le idiosincrasie.
Si può criticare la scelta di girare Limonov: The Ballad in lingua inglese con un protagonista britannico, ma va tenuto presente che l'opera è una coproduzione internazionale, e la prova di Whishaw (affiancato da Viktoria Miroshnichenko nel ruolo di Elena e dai cameo di Sandrine Bonnaire e dello stesso Emmanuel Carrère) ha un trasporto viscerale che abbatte le barriere della lingua e, anzi, rende tutto sommato credibile la parlata di un russo che comunica in inglese.
[Viktoria Miroshnichenko e Ben Whishaw in una scena di Limonov: The Ballad, dal 19 settembre in sala grazie a Vision Distribution]
Sia Serebrennikov che Whishaw affrontano con coraggio la sfida di raccontare con Limonov: The Ballad una figura così controversa, rendendo lirica la parabola che porta l'uomo da poeta tormentato a leader nazionalista attribuendo lo "scatto", la rottura, alla mancanza di amore, che sia quello romantico o quella gloria, quel riconoscimento tanto cercato ma che l'ha sempre eluso e che trova soltanto abbracciando radicalmente la conformità del regime.
La virata dello scrittore verso il fascismo offre il gancio a una critica alla Russia contemporanea: la guerra in Ucraina, infatti, ha influito sulla realizzazione di Limonov: The Ballad causando lo spostamento dei set da Mosca a varie località europee, con Serebrennikov che ne ha approfittato per lasciare il Paese.
Lo scenografo Vlad Ogay compie un autentico miracolo ricostruendo meticolosamente in teatro di posa la Russia degli anni '60 prima e '90 poi, ma soprattutto quella New York sporca ed eccitante tra anni '70 e '80, tra vicoli angusti e appartamenti fatiscenti, con un look che è debitore di film come Taxi Driver o, più recentemente, di Joker di Todd Phillips, altri film sulla parabola di autodistruzione di uomini alla ricerca di un posto nel mondo.
In una sequenza pregevole la macchina da presa attraversa anni di storia mondiale con la fluidità di un long take, cancellando le distanze temporali a ritmo di Pretty Vacant dei Sex Pistols e creando uno spazio dove tutto esiste contemporaneamente nello stesso momento.
[Ben Whishaw in una scena di Limonov: The Ballad]
Il lugubre finale di Limonov: The Ballad, con il ritorno del figliol prodigo nelle vesti di santone delle frange nazionaliste più estreme, è un commento alla situazione politica Russia con Putin che, secondo il regista, ha realizzato il "sogno" di Limonov di creare una nuova Grande Russia, dove, paradossalmente, non c'è spazio per la dissidenza, per quello spirito di ribellione che ha animato Eddie per tutta la sua vita, sacrificato all'altare del conformismo e del pubblico riconoscimento.
In sostanza, Limonov: The Ballad è un film tanto caotico quanto coraggioso nell'affrontare di petto un rappresentante controverso della cultura sovietica, capace al contempo di tracciare dei paragoni con la situazione attuale e di svelare meccanismi universali di accettazione e compromesso.
La qualità più grande che Serebrennikov dona al film è però l'esuberanza, l'energia, la voglia di spaccare tutto e rifondare le cose a immagine e somiglianza del naturale caos della vita, fuori dalle regole e dagli schemi; per una parabola che sembra lasciare poche speranze ai sognatori, l'esito non era così scontato.
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