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Frankenstein Junior - Riscrivere un cult: SI PUÒ FARE!

Fra parodia e sequel, fra film della modernità e omaggio ai grandi classici, Frankenstein Junior compie 50 anni nel 2024 e se li porta benissimo: una favola moderna in bianco e nero per ridere con battute che (anche tradotte) mantengono lo smalto originale, per riflettere sul destino e l'autodeterminazione, ma anche su chi sia il vero mostro e dove si trovi il vero punto di forza dell'umanità

Frankenstein Junior uscì per la prima volta in una sala di New York il 15 dicembre 1974. 

 

Il film è diretto da Mel Brooks, che insieme all'attore protagonista Gene Wilder ha curato anche la sceneggiatura: liberamente ispirato dal romanzo gotico Frankenstein o il moderno Prometeo di Mary Shelley e parodia del Frankenstein del 1931 - e di altri tre film successivi - il film arrivò 3° al box office statunitense del 1974, preceduto solo da L'inferno di cristallo e da Mezzogiorno e mezzo di fuoco, altro film di Brooks uscito dieci mesi prima. 

 

Vincitore di 5 Saturn Awards e candidato a due Premi Oscar® e altrettanti Golden Globe, l'opera ha anche ispirato il testo della canzone Walk This Way degli Aerosmith. 

 

L'American Film Institute l'ha classificato al 13° posto nella lista dei 100 Film Americani Più Divertenti di Tutti i Tempi.

 

[Il trailer italiano di Frankenstein Junior per il 50° anniversario] 

 

 

Il destino di un nome importante 

 

New York, anni '30, facoltà di Medicina: il professor Frederick Frankenstein (Gene Wilder) è l'unico erede del dottor Viktor, divenuto famoso per i suoi esperimenti sulla possibilità di resurrezione.

 

Il nipote non è affatto orgoglioso della propria discendenza, anzi, la rinnega il più possibile, chiedendo che il suo cognome venga pronunciato "Frankenstin".

La morte del nonno lo costringe però a un viaggio in Transilvania per conoscere in cosa consiste la sua eredità: lascia così la fidanzata Elizabeth (Madeline Kahn) con l'intenzione di disfarsi di ogni cosa e fare ritorno quanto prima alla sua vita accademica. 

 

Alla stazione trova a prenderlo Igor (Marty Feldman), inserviente gobbo e claudicante, che lo conduce al suo castello, reso ancora più spettrale dalla notte tempestosa.

Molto meno spettrale è l'altra passeggera del calesse, Inga (la recentemente scomparsa Teri Garr), aitante assistente arrivata per affiancare il professore nelle attività che tutti si aspettano che lui svolga una volta giunto a destinazione. 

Attività che, nello sconcerto generale, il professore si rifiuterà di perseguire. 

 

Almeno finché, per caso, si imbatte nel laboratorio e negli appunti di nonno Viktor, che lo conducono a una strabiliante verità: gli esperimenti di suo nonno non seguivano le teorie di un folle.

Riportare in vita i morti, creare la vita, è davvero possibile.

 

Lo scettico Frederick, ormai stregato dall'estro scientifico, si addentra così in laboratori e cimiteri per creare la sua più grande opera: la Creatura (interpretata da Peter Boyle).

 

 

[Frederick Frankenstein porta in vita la sua Creatura in Frankenstein Junior]

 

Omaggiare il passato con una risata 

 

Non solo i contenuti, ma anche la forma in Frankenstein Junior si pone a metà strada fra l'omaggio e la parodia. 

Il film si appropria infatti di molti cliché e stilemi del Cinema classico e in particolare degli horror anni '30 per prendersene gioco: a partire dalla fotografia di Gerald Hirshfeld in un bianco e nero a dir poco insolito nel 1974.

I titoli di testa richiamano chiaramente i cartelli del Cinema degli anni '30, così come le dissolvenze in nero o a iris, tipiche del Cinema del passato.

 

Non è da meno la scenografia, nella quale sono rintracciabili citazioni a molti capolavori della Storia del Cinema: la sagoma del castello che si staglia dietro la ringhiera di metallo nella notte richiama immediatamente lo Xanadu del Quarto Potere di Orson Welles, mentre le ambientazioni gotiche ricordano le atmosfere del Nosferatu di F.W. Murnau

Oggetti di scena e trucco non sono da meno: svariati prop che appaiono in Frankenstein Junior provengono infatti direttamente dal film del 1931 di James Whale e i truccatori si sono avvalsi di tecniche utilizzate nella prima metà del secolo scorso.

Il colore della pelle della Creatura di Frankenstein Junior, ad esempio, è dato dall'utilizzo di un particolare cerone blu-verde, che nel bianco e nero appare al pubblico come giallognolo.  

 

Non mancano neppure gli omaggi ad altri generi cinematografici come il musical.

La celebre scena in cui il dottore si esibisce sul palco con la sua creatura richiama l'età d'oro del genere e la sua grande star Fred Astaire, nonché la comicità fisica di Buster Keaton.

Comicità portata ai massimi livelli dall'interpretazione di Marty Feldman, che rende l'Igor di Frankenstein Junior un personaggio immortale: la gobba che si sposta ad ogni scena, tormentone del film tra il comico e l'inquientante, è stata una delle tante improvvisazioni sul set del film, decisa da Mel Brooks dopo che Feldman continuava a spostarsi la gobba per fare uno scherzo alla troupe. 

 

Anche la colonna sonora di John Morris contribuisce al delicato equilibrio fra tragedia e risata, alternando suoni stridenti e inquietanti tipici del genere horror con delicate ninne nanne suonate al violino, che richiamano la tragica e malinconica esistenza della Creatura.  

 

 

[L'esibizione di Frankenstein e la sua Creatura sulle note di Puttin' on the Ritz in Frankenstein Junior]

 

 

I mostri siamo noi

 

Pur restando una brillante parodia Frankenstein Junior riesce a trattare le stesse tematiche morali che impregnano il romanzo cui si ispira.

 

Prima fra tutte la possibilità di oltrepassare la linea che divide la vita e la morte, uno dei grandi tabù della Storia dell'umanità, inizialmente rigettata da Frederick che proprio a causa di queste teorie aveva rinnegato il legame con suo nonno.

Eppure il fascino esercitato dal poter essere un dio che crea la vita lo cattura irrimediabilmente e per sempre. 

 

Centrale nella storia di Frankenstein Junior è la forma che l'essere umano dà alle proprie paure e dove risiede la reale mostruosità. La contrapposizione fra mostro e umano è presente in molti generi letterari e attraverso tutta la Storia della narrativa: soprattutto nei momenti di terrore l'umanità ha tentato di dare forma tangibile ai propri timori, creando così i mostri che tutt'ora infestano gli incubi e le storie dell'orrore.

Ciò che però accomuna tutte le creature fantastiche maligne è il fatto di essere altro dall'uomo, conservando però qualcosa di vicino all'umano.

 

È il sentimento romantico del "perturbante": qualcosa che non riusciamo a definire, né conosciuto né estraneo, che per questa sua caratteristica ci comunica un profondo senso di straniamento e inquietudine. 

 

 

[Marty Feldman è Igor in Frankenstein Junior]

 

 

Proprio in questo filone si inserisce anche la Creatura di Frankenstein: creata grazie a pezzi di corpi umani si trova ad essere un umano mostruoso, che la sua stessa specie rigetta.

 

Diversamente dagli zombi e dai non morti (le creature a lei più affini, in quanto tornate dalla morte), il mostro di Frankenstein ha un padre-creatore, sebbene egli stesso a tratti lo tema.

Nel romanzo originale e in molti adattamenti il dottore arriva ad allontanarlo perché è diverso dai "normali", questo però non accade in Frankenstein Junior, dove anzi Frederick sacrifica il proprio genio per salvare la sua Creatura che, a differenza degli zombi, è dotata di una certa sensibilità emotiva e di una forma basilare di intelletto che le permette di apprendere.

 

Ricollegandosi a un altro grande classico della letteratura gotica, Il vampiro di John Polidori, Frankenstein Junior si conclude suggerendo che la collaborazione e lo scambio di forza vitale sia la sola possibilità non solo di convivere, ma di vincere la paura.

Se però l'alleanza per sconfiggere il vampiro è dell'umanità unita contro il mostro, in Frankenstein Junior è della Creatura e del suo creatore, uniti contro il resto dell'umanità ormai resa irragionevole dal panico.

La condivisione dell'intelletto, espressa dallo scambio di cervelli (...e di altre parti che, come il cervello, non vedono la luce del sole) fa sì che la la Creatura non sia più percepita come mostro e, quindi, realmente accettata.

 

Anche da quell'umanità che si è dimostrata assai più mostruosa del mostro protagonista.

 

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