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Berlinguer. La grande ambizione - Recensione: il leader paziente - Roma 2024

L'opera diretta da Andrea Segre è il film d'apertura della XIX edizione della Festa del Cinema di Roma

Berlinguer. La grande ambizione, in concorso nella sezione Progressive Cinema della Festa del Cinema di Roma, è l'ultimo film del regista Andrea Segre (Io sono lì, La prima neve, L'ordine delle cose).

 

L'opera si presenta come il racconto biografico della vita pubblica e privata di Enrico Berlinguer, storico segretario del Partico Comunista Italiano negli anni '70.

 

[Il trailer di Berlinguer. La grande ambizione]

 

 

La grande ambizione è un termine che proviene da una frase di Antonio Gramsci, che la definì indissolubile dal bene collettivo.

 

È infatti alla collettività e alle piazze stracolme degli anni di piombo che si rivolge il segretario del PCI (interpretato da Elio Germano) mentre tenta di costruire il socialismo all'interno di una democrazia.

La pellicola si apre con le testimonianze del golpe in Cile del 1973, che rovesciò il governo del presidente Salvador Allende, e si chiude con le immagini del funerale di Berlinguer a Roma nel 1984. 

 

Al centro di Berlinguer. La grande ambizione troviamo gli avvenimenti politici che hanno segnato quegli anni: dal viaggio a Sofia dove il segretario sfuggì a un attentato dei servizi segreti bulgari al dibattito sul divorzio, dagli incontri con Aldo Moro per tentare di unire le forze politiche di matrice cattolica e socialista fino alla copertina del Time.

 

Soprattutto però gli operai, la famiglia e il mare.

 

 

[Elio Germano in una scena di Berlinguer. La grande ambizione]

 

Nato in una famiglia di origini nobili Berlinguer trascorre un infanzia vivace, attratto da quei quartieri malfamati della città di Sassari dove amava perdersi di notte.  

 

Non ha mai apprezzato le vie dei borghesi, come ricorda una parente in una scena del film. Il primo atto di Berlinguer. La grande ambizione si apre mostrando quest'uomo, nella sua complessa quotidianità.

Sullo sfondo un contesto storico più che difficile, che caratterizzò gli anni in cui l'Italia aveva il partito comunista più grande del blocco occidentale e costituiva perciò un grande problema. 

I rapporti con l'U.R.S.S. erano tesi perché il PCI di Berlinguer voleva prendere le distanze dal socialismo sovietico e aprire a eventuali trattati con le altre forze popolari italiane; dall'altra parte, in un paese governato dalla Democrazia Cristiana, questa disponibilità non era vista di buon occhio da molti compagni elettori. 

 

Con un tempo narrativo serrato e coinvolgente vengono presentati i vari impegni del protagoista: i viaggi all'estero, gli incontri del partito e quella strana abitudine di fare ginnastica in abito elegante, forse per schiarirsi le idee, prima di un incontro pubblico o politico.

Il protagonista di Berlinguer. La grande ambizione tradisce nella sua fisicità un senso di inadeguatezza, che si scontra con la sua grande intelligenza e l'incredibile umanità; mentre il regista si sofferma con delicatezza su particolari eloquenti, indugiando sulle mani dei lavoratori che si passano il microfono durante una riunione sindacale e poi sulle stesse del protagonista.

Il latte, le sigarette, la postura comunicativa.

 

L'interpretazione di Elio Germano è curata nei minimi dettagli e restituisce agli spettatori un personaggio profondo, intenso e, sebbene complesso nella sua prossemica, mai caricaturale.

 

 

[Elio Germano in una scena di Berlinguer. La grande ambizione]

 

 

Nella seconda parte di Berlinguer. La grande ambizione il ritmo rallenta e il tempo sembra dilatarsi.

 

Questo rispecchia l'evolversi della narrazione sul piano drammaturgico: si entra nei palazzi di potere e nel vivo della questione politica. Si passa a un susseguirsi di riunioni e incontri segreti che sostituiscono il mare, gli operai e le suggestioni. Berlinguer deve fare i conti con una realtà concreta e con un fuoco su due i fronti.

Infatti, quando il tanto desiderato compromesso storico sembra cosa fatta, il rapimento di Aldo Moro distrugge ogni certezza e le azioni delle Brigate Rosse sconvolgono non solo la vita politica italiana, ma anche quella familiare del segretario del Partito Comunista. 

 

È in queste scene che si alterna sullo schermo un cast di rispetto, tutto italiano, fra cui Paolo Calabresi, Giorgio Tirabassi, Andrea Pennacchi e Roberto Citran. 

Per ultimo Paolo Pierobon, davvero somigliante nei panni di Giulio Andreotti, nella fisicità e nelle nevrosi.

 

Con Berlinguer. La grande ambizione, Andrea Segre non solo tesse il ritratto di un politico pieno di umanità e riserbo, ma riporta il pubblico a un tempo in cui la grande ambizione, anche politica, non era quella del profitto ma quella della speranza di una vita migliore per tutti. 

 

Un film ricco di significato, a mio parere coinvolgente e toccante, che indaga la Storia e soprattutto gli uomini che l'hanno fatta.

 

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