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Bridgerton 3 Parte 1 - Recensione: il ritorno del successo Regency targato Netflix

La terza stagione di Bridgerton ha debuttato su Netflix il 16 maggio con la sua prima parte, dimostrando ancora una volta di saper conquistare il cuore del suo pubblico

Dopo due lunghi anni di attesa il pubblico di Bridgerton, affamato di scandali tra i membri dell'alta nobiltà inglese e di intricate dinamiche amorose, ha avuto modo di saziare la sua incontenibile fame di conoscenza. 

 

Il 16 maggio è infatti uscita su Netflix la prima parte della terza stagione di Bridgerton, alla quale seguirà una seconda parte che verrà rilasciata al pubblico il 13 giugno.

 

[Il trailer di Bridgerton 3 parte 1]

 

 

Questa volta a ricoprire il ruolo di protagonisti della stagione tocca a Colin Bridgerton (Luke Newton) e Penelope Featherington (Nicola Coughlan), amici e vicini di casa sin dall'infanzia e tra i quali è sempre stato vivo un rapporto di amicizia duraturo e complice.

 

Quello che però Colin non sa è che Penelope è segretamente innamorata di lui sin dalla più tenera età, ed è proprio questo sentimento ad alimentare le attenzioni e le dolcezze che dedica da anni al giovane uomo. 

Durante questa prima parte della terza stagione abbiamo modo di conoscere una Penelope diversa dalle stagioni precedenti: una donna ferita dai commenti denigratori di Colin nei suoi confronti, avvenuti poco prima del ritiro dei nobili nelle loro tenute di campagna per la stagione invernale, intenzionata a dimenticare questo suo amore non corrisposto così da trovare marito, riuscendo finalmente ad andarsene dalla casa in cui troppo spesso viene sottovalutata e maltrattata da madre e sorelle.

 

Tali intenzioni verranno però ostacolate da un sorprendente cambio di rotta da parte di Colin che, dopo una vita passata a vedere quella tra lui e Penelope come una semplice e piacevole amicizia, riuscirà a esplorare in maggiore profondità i suoi sentimenti, rendendosi conto di provare qualcosa di ben più profondo nei confronti della donna e scoprendosi disposto a tutto pur di impedirle di sposarsi con un qualunque altro gentiliuomo dell'alta società londinese.

 

 

[Luke Newton e Nicola Coughlan nei panni di Colin e Penelope in Bridgerton 3 parte 1]

 

 

Cosa ha portato molti di noi, me compresa, ad aspettare con ansia che uscisse questa prima parte della terza stagione di Bridgerton e a lasciarci sedurre dai nuovi scandali, amori e tormenti di una famiglia nobile londinese? 

Cosa rende Bridgerton così accattivante agli occhi del pubblico di tutto il mondo?

 

In fondo si tratta di un prodotto audiovisivo basato sul più semplice e sovrautilizzato degli espedienti narrativi: quello della storia d'amore.

Non si può certo dire che in Bridgerton le storie amorose siano avanguardistiche o sorprendentemente innovative. Come potrebbero esserlo, dal momento che stiamo parlando di un'opera ambientata nei primi anni dell'Ottocento e che di conseguenza necessitano di essere coerenti con usi, costumi e tradizioni dell'epoca? 

 

Personalmente credo che il segreto del successo di Bridgerton, e più nello specifico di questa tanto attesa terza stagione della serie, sia da ricercare proprio in questo: nel suo volersi rifare a strutture narrative già ampiamente conosciute ed apprezzate dal pubblico. 

 

Indubbiamente alla base di tutto vi è il naturale interesse e curiosità che noi esseri umani abbiamo nei confronti dell'amore tormentato e incompreso, quel tipo di scenario amoroso dal quale Bridgerton pesca a piene mani per dare vita a dinamiche che sanno farci rimanere incollati allo schermo, con il fiato sospeso e l'ansia di sapere come si risolveranno tutti i drammi e le inquietudini proposte dalla trama.

 

 

[Luke Newton e Nicola Coughlan alla presentazione di Bridgerton]

 

 

Tuttavia, ritengo che la principale sede nella quale risiede l'incredibile successo di Bridgerton, sia il modello naturalmente stereotipato (ma non per questo inattendibile o noioso) di amore su cui l'intera trama va a focalizzarsi.  

 

Nella prima stagione il prototipo di amore era quello del "finto fidanzamento che poi pian piano diventa vero"; nella seconda esplorava le meccaniche tipiche di una relazione "enemies to lovers"; infine abbiamo questa prima parte della terza stagione, durante la quale abbiamo modo di scoprire tutti i retroscena di un amore che nasce prima di tutto da un solido rapporto di amicizia. 

Rispetto alle stagioni precedenti si può notare un approccio diverso per quel che concerne la tensione erotica e sentimentale dei due protagonisti. Qui possiamo infatti vedere Penelope e Colin in atteggiamenti non più alimentati dall'assenza, come accadeva tra i protagonisti delle storie precedenti, ma fomentati da quelli che sono anni e anni di conoscenza ed affetto profondo e reciproco. 

 

Sfumature narrative a parte, è indubbio che questo modo che ha Bridgerton di attingere da archetipi amorosi dai contorni già conosciuti, rimanendo così sempre fedele a se stessa e ai suoi meccanismi narrativi, al pubblico piaccia, perché va a parlare direttamente con la parte passionale dell'animo umano, quella parte che ama l'amore e ama alimentarsi incessantemente delle stesse, ripetute e conosciute dinamiche dei rapporti a due.

 

Tutti noi sappiamo perfettamente come andrà a finire la storia di Penelope e Colin nel corso della parte 2 di questa terza stagione, in arrivo su Netflix il 13 giugno: non farà altro che seguire il suo corso, lasciandoci con il fiato sospeso fino all'ultimo istante ma arrivando inevitabilmente ad abbracciare il lieto fine.

 

Così sarà per le stagioni e le nuove coppie a venire, ma questo non andrà in nessun modo ad intaccare la magia che circonda l'intero prodotto Bridgerton. 

 

 

[Sam Philips e Nicola Coughlan nei panni di Lord Debling e Penelope in Bridgerton 3 parte 1]

 

 

Altra caratteristica di questa prima parte di Bridgerton 3 (nonché di tutte le precedenti stagioni) che ritengo sia importante sottolineare è sicuramente la naturalezza che utilizza nell'inserire, in un contesto storico conosciuto per la sua mentalità oppressiva, maschilista, razzista, abilista e fortemente orientata alla tutela ed esaltazione delle antiche tradizioni, alcuni dettagli ed elementi in completa discordanza con l'intero quadro sociale e anzi, appartenenti alla società in cui viviamo (o comunque nella quale vorremmo tanto vivere) oggi. 

 

Sono proprio questi elementi, seppur notoriamente anacronistici, a permettere a un pubblico variegato ed eterogeneo come quello di Netflix di sentirsi rappresentato e di immedesimarsi più facilmente in un ambiente sociale come quello della nobiltà inglese ottocentesca, senza scontrarsi con forzature e impedimenti di qualunque sorta. 

Un esempio concreto: in questa terza stagione di Bridgerton, grazie all'incredibile lavoro svolto nella costruzione narrativa delle stagioni precedenti, il pubblico è perfettamente a suo agio nell'interfacciarsi con personaggi di diverse etnie che possiedono titoli nobiliari, ricchezze e una personalità completamente scollegata dal loro colore di pelle.  

Non c'è bisogno di una conoscenza della Storia particolarmente approfondita per sapere che, in quegli anni, era impensabile che una persona dal colore di pelle differente anche solo di uno o due toni dal bianco pallore nobiliare, potesse ambire a una qualsiasi forma di agio e ricchezza. 

 

Al pubblico di Bridgerton non importa nulla di tutto ciò, né si sente preso in giro di fronte a questo tipo di licenza narrativa: questo perché siamo di fronte a un lavoro di inclusività che è talmente autentico e privo di forzature da riuscire a rendere completamente insignificanti questioni di etnia.

 

 

[Il cast di Bridgerton 3 parte 1]

 

 

Lo stesso, enorme e inestimabile lavoro è stato fatto tramite l'inserimento di personaggi disabili - una giovane debuttante sordomuta e un gentiluomo in sedia a rotelle - di comportamenti volti a criticare atteggiamenti tipici del maschilismo tossico come il mansplaining, di donne che predicano e sognano l'emancipazione dal ruolo di semplici mogli e madri, fino ad arrivare all'inclusione di uomini e donne con un fisico non conforme ai canoni estetici del tempo (purtroppo neppure ai canoni estetici odierni, tossici tanto quanto quelli ottocenteschi), ma non per questo giudicati come persone "meno attraenti".

 

Nel libro da cui è tratto Bridgerton 3, la protagonista Penelope Featherington viene descritta come una donna in sovrappeso che, per poter trovare finalmente l'amore, decide di stravolgere il suo aspetto e di perdere il peso necessario per poter diventare il ritratto della debuttante perfetta. 

Tuttavia Shonda Rhimes, showrunner di Bridgerton e di numerose altre serie di successo come Grey's Anatomy Inventing Anna, ha sin da subito scartato l'idea di seguire alla lettera la trama del libro, lasciando intoccato il corpo della splendida Nicola Coughlan (interprete di Penelope).

 

A questo proposito, la Rhimes ha affermato che: 

"Penso che Penelope sia bella esattamente come è. Il suo aspetto non influisce minimamente sul fatto che possa far innamorare qualcuno di sé.

Mi sembrava sgradevole anche solo pensarlo, per cui io l’ho detto subito: non faremo questa trasformazione.

 

Nicola è sbalorditiva e volevamo semplicemente mostrarla per quello che è".

 

 

[Nicola Coughlan è Penelope in Bridgerton 3 parte 1]

 

 

In questa prima parte di Bridgerton 3 abbiamo avuto modo di conoscere a fondo, senza andare a scivolare nel pietismo, la disperazione di una giovane donna emarginata per la sua incapacità di conformarsi agli standard sociali e la sofferenza che si prova quando si tenta di soffocare un amore che non sembra voler sbocciare. 

 

Attendiamo qundi con curiosità i prossimi quattro episodi, in uscita il 13 giugno su Netflix, per scoprire quale sarà il destino del duo Bridgerton-Featherington, sperando di trovarci ancora una volta di fronte a un'opera in grado di dimostrare al suo pubblico la sua capacità di raccontare una storia di convivenza tra frivolezza e complessità, stereotipi e innovazione.

 

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