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È uscita su Netflix Supersex, la serie TV ispirata alla vita di Rocco Siffredi con protagonista Alessandro Borghi.
Appena si sente il nome di Rocco Siffredi chiunque, a prescindere dai suoi gusti, vede accendersi una lampadina (rossa, ovviamente) che gli ricorda di chi stiamo parlando.
Questo perché senza dubbio Rocco Siffredi è un personaggio non solo famoso e conosciuto, ma controverso.
Supersex spiega fin dal suo incipit la ragione: Rocco Siffredi ha un superpotere e come tutti i supereroi deve capire bene come sfruttarlo; in questa premessa è racchiusa la prima, piccola perplessità che la serie suscita nello spettatore, per poi frantumarla con il tempo a poco a poco.
[Il trailer di Supersex]
La perplessità data dal pregiudizio visto l'ambito, la perplessità data dalla domanda "ma c'era davvero bisogno?" Un po' come in alcuni commenti che giravano quando venne pubblicato il trailer: "Non è ancora morto e già gli fanno la serie?".
Ovviamente possiamo farci una risata, anche concordare, ma la verità è che una serie su Rocco Siffredi più che necessaria è un successo annunciato, perché incuriosisce anche solo per poi criticare, perché divide, perché riguarda un personaggio che conosciamo tutti e che ci piaccia o no è entrato nel nostro immaginario.
Sfido chiunque a non ammettere di aver detto almeno una volta nella vita qualcosa tipo "Mica sei Rocco Siffredi" o a non aver usato il modo di dire "O sei ricco o sei Rocco" con le sue declinazioni.
[Alessandro Borghi è Rocco Siffredi in Supersex]
Per quanto una persona voglia vedere una serie su Rocco Siffredi nel modo più obiettivo possibile e senza pregiudizio, è sempre dietro l'angolo una vocina che infatti ti ripete "Va bene okay, ma anche meno, stai solo a scopa' ".
Supersex quindi doveva avere, anche se non dichiaratamente, uno scopo non trascurabile: dirti "non è vero che stamo solo a scopa', c'è di più" perché quel "di più" c'è in tutto ciò che accade a un qualsiasi essere umano, del resto.
Ci sono sempre implicazioni emotive e universali perché riguardano l'esistenza e soprattutto raccontare una vita al limite dell'edonismo può avere come missione spiegarlo questo edonismo, non giustificarlo.
A mio avviso all'inizio questa missione non viene affatto compiuta: le prime scene di Supersex sono molto esagerate, volutamente, in linea con il fatto che la pornografia stessa sia esagerata, sopra le righe, tanto da suscitare nello spettatore molto giovane a volte aspettative troppo alte su quello che poi è il vero esperire la dimensione sessuale.
Da queste scene così esagerate, le più interessanti, si passa al biografismo.
Fin dalla prima infanzia Rocco Siffredi, che in realtà si chiama Rocco Antonio Tano, è nato e cresciuto a Ortona ed è una persona normale, fin troppo, .
Ha come idolo il suo fratellastro e si avvicina come qualsiasi bambino alla dimensione sessuale tra timore e curiosità; in alcune scene ricorda un po' i bambini che osservano Maléna nel film di Giuseppe Tornatore.
Quando si passa a descriverne l'adolescenza la missione di immedesimazione - e anche di convinzione - vacilla un po', ma è un bene perché alla fine la serie a mio dire rovescia questa trappola.
È difficile sia per me che sono donna sia per qualsiasi uomo, se non molto fortunato, immedesimarsi nel dolore di un giovane adolescente, come vediamo Rocco Siffredi nel corso della storia, che ha come problema principale quello di avere un membro troppo grande, a causa del quale non riesce fisicamente a penetrare una donna.
Sono altre le problematiche che un uomo potrebbe avere.
[Supersex: Saul Nanni interpreta Rocco Siffredi a 19 anni]
Da questo momento di scarsa empatia si snodano una serie di eventi - tra cui alcuni marginali che coinvolgono fin troppo i personaggi secondari - che inducono in qualche modo alla riflessione.
Tale riflessione parte dalla spinta quasi naturale al desiderio e all'esplorazione che Rocco ha fin dall'inizio e che non sa come incanalare.
Una volta consapevole di questa sua potenza, sembra che abbia in mano il mondo, ma il mondo che ha in mano non è un mondo normale ed è il dettaglio che forse farebbe empatizzare principalmente un uomo con la sua figura.
Se effettivamente manca una riflessione marcata sull'universo femminile nel porno - ma bisogna dire che la serie è su un uomo - è prepotente la riflessione su quante aspettative ci siano su una figura come quella di Rocco Siffredi, con tutti i dibattiti sulla cosiddetta "mascolinità tossica" che questo comporta.
Supersex è infatti una serie sullo sviluppo e sull'evoluzione della mascolinità, anche attraverso altri personaggi, ma soprattutto attraverso quello che racchiude gli stereotipi e gli eccessi: tutti conoscono Rocco Siffredi.
Per quanto nella storia di Supersex Siffredi si trovi "Nel cuore pulsante della vita organica", non può fuggire dal fatto che il vero superpotere non sia inerente al sesso, ma ad altro: qualcosa che comprenderà lentamente soffrendo e maturando, come tutti noi.
Questo cuore pulsante della vita organica si traduce nella frantumazione del pregiudizio "stanno solo a scopa' " con le sue complicazioni, le sue contraddizioni, le sue antitesi e anche le sue forti incoerenze.
[Supersex: Alessandro Borghi è Rocco Siffredi nella serie Netflix]
Supersex a mio avviso non è perfetta, si perde nelle vicende dei personaggi secondari a cui viene dato più spazio che al protagonista, tanto che a un certo punto mi sono chiesta "Ok: ma dov'è Rocco?".
È volutamente romanzata in maniera estrema, ma ha il pregio di ammetterlo.
La serie restituisce tuttavia un Alessandro Borghi eccezionale come sempre, la cui la somiglianza fa quasi paura: la risata iniziale è praticamente identica a quella di Rocco Siffredi, le espressioni facciali pure, in generale quasi tutto il cast valorizza un accento abruzzese che restituisce verosimiglianza ed evita l'effetto macchietta che attanaglia i prodotti italiani dove si parlano i dialetti regionali.
Fanno tutti un lavoro ottimo, da Jasmine Trinca nei panni di Lucia ad Adriano Giannini nei panni di Tommaso, ma Rocco trionfa.
I vari attori che si susseguono a interpretarlo sono davvero verosimili e sembrano davvero la stessa persona nel corso del tempo, soprattutto Saul Nanni che interpreta Rocco a 19 anni.
Laddove Supersex sembri essere romanzata - anche se Rocco Siffredi ha dichiarato di aver seguito la serie, aiutando anche Borghi, e la trova molto fedele - esagera e intrattiene soprattutto negli ultimi episodi; i primi sono secondo me troppo lenti e concentrati sui personaggi secondari.
La verità è che con un personaggio come Rocco Siffredi non basta mai niente: bisogna osare, esagerare e forse non è stata una scelta azzeccata quella di inserire così tanti personaggi secondari e sottotrame.
La qualità però c'è, Supersex è ben scritta nonostante non sia - forse sbagliavo io ad aspettarmelo - estremamente riflessiva sul mondo della pornografia, ma neppure è priva di indagine di certe dinamiche.
Fosse anche solo ragionare proprio su quella vita organica, che non a caso ho scelto qui come titolo.
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