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Blaze - Recensione: se il country incontra Linklater - Torino Film Festival 2018

Il country e il Cinema linklateriano si incontrano nel terzo film da regista di Ethan Hawke, ovvero la storia di Blaze Foley

L'epica, tipicamente americana, dell'artista country è sempre stata un bacino fertile per il mondo del Cinema.

 

Ultimo del filone - ma non meno importante - è Blaze, film che segna il ritorno alla regia di Ethan Hawke.

 

Blaze Foley è un grande dimenticato del mondo del country: la pellicola ci mostra il racconto, da parte dei suoi compagni di palco più fidati, della leggenda attorno al suo nome.

 

 

 


Assieme a Ethan Hawke ascoltiamo le parole di Townes Van Zandt e Zee che raccontano l'ultimo concerto di Blaze, durante il quale il cantante ripercorre - attraverso le sue canzoni - tutto ciò che lo ha portato su quel palco e, alla fine di quella interminabile notte, alla morte.

Blaze parte dalla campagna, come ogni buona ballata country, dove incontra Sybil, giovane ebrea di cui si innamora. I due scappano nella foresta vivendo nell'isolamento e nella pace della natura tutto il primo atto del loro amore. Secondo i due innamorati la musica di Blaze non può restare in una capanna di legno, davanti ad un fuoco mentre si stringono su un materasso e così decidono di spostarsi in città. 

 

Qui la realtà li assale, Sybil inizia a lavorare per mantenere entrambi, mentre Blaze è costantemente in preda ai fumi dell'alcool. L'amore tuttavia non viene mai a mancare e, dopo ogni lite o problema, c'è una riconciliazione tra due anime sinceramente e appassionatamente legate: basti pensare a quando lui ritorna a casa dopo una notte passata a bere con Zee e, per farsi perdonare da Sybil, le dedica una canzone scrivendola sulle pareti di tutta la casa. 

Blaze non può continuare così e con l'amico Zee parte per portare la sua musica altrove lasciando l'amata a casa da sola ad aspettarlo.
"Ora sono una vera vedova country" dirà lei ad un certo punto.

 

Lui da ogni città le invia una cartolina, lei le attacca tutte insieme su una parete della loro casa e passa le giornate a guardarle: sono l'ultimo residuo del loro matrimonio.

 

Quando Blaze ritornerà, dopo mesi di bagordi, il filo a cui entrambi vorrebbero agrapparsi si sarà già spezzato e l'addio definitivo dietro l'angolo.

 

 

 

 

Dopo l'ennesimo addio, Blaze incontra il treno che passa una volta sola nella vita, altro topos classico dell'immaginario country: tre impresari del petrolio (interpretati dagli amici del regista Richard Linklater, Sam Rockwell e Steve Zahn) che vogliono investire nella sua musica facendogli incidere un disco.

Il cantautore raggiunge così l'apice della sua notorietà, tanto che il grande Willie Nelson sta per riprendere uno dei suoi pezzi in un nuovo album.

Una sera durante le prove di un concerto Blaze rincontra Sybil e la vita piena di eccessi che già conduceva supera il limite. I suoi produttori lo scaricano dopo uno spettacolo al quale il cantante si presenta completamente ubriaco.

 

L'anima tormentata riparte dunque girovagando per l'America, ma l'alcool, la cocaina e la sua vena autodistruttiva lo logorano fino a portarlo a fermarsi ad Austin, dove morirà

L'ultima notte, dopo il concerto del racconto iniziale, torna a casa di un amico - dove passa la maggior parte del tempo - per aiutarlo a difendersi dal figlio tossico che vuole rubargli la pensione: verrà ucciso da un colpo di pistola cercando di fermarlo. 

 

L'ultimo lavoro di Ethan Hawke, oltre che un omaggio a un cantante e alla sua musica, è un film spiritualmente vicinissimo al personaggio che ci viene presentato: autodistruttivo, intricato come i pensieri di un ubriaco, caotico e zigzagante come i passi di un alcolizzato a fine nottata.

Il regista non cerca una motivazione nel comportamento di Blaze, ma ne analizza le cause: il nostro punto di vista è quello del cantante e come lui viaggiamo all'interno di un tunnel di autodistruzione, senza però guardarci intorno per domandarci come ci siamo finiti.

 

Una delle primissime inquadrature del film è un avvicinamento - attraverso gli alberi - alla casa dove Blaze morirà, ma l'approccio non avviene il linea retta come in altre classiche carrellate di apertura.

 

La macchina da presa, infatti, si muove ondeggiando ora a destra ora a sinistra, insicura come gli ubriachi, rendendoci quasi dei profeti che già intravvedono il protagonista incespicare, insanguinato e con un buco nel fegato - a cui tante botte aveva regalato in vita - verso la morte.

 

 

 


Ethan Hawke ha già interpretato il ruolo del regista e ha indubbiamente avuto un grande Maestro che lo ha accompagnato nella sua carriera da attore: Richard Linklater.


In Blaze i ruoli si invertono, con l'autore della trilogia dei Before attore in un cameo e il protagonista del trittico romantico seduto sulla sedia da regista. 
Lo stesso Hawke si concede il gusto di interpretare un piccolo ruolo nel suo film: è lui a prestare la voce all'intervistatore radiofonico (che però non vedremo mai in volto).

 

Il film inizia con i toni della ballata romantica, con un bellissimo dialogo in uno sgabuzzino tra Sybil l'attrice e Blaze (che ancora non ha scelto questo nome d'arte) il cantante.
I due si erano conosciuti il giorno prima e alla sola luce di un accendino si innamorano.

L'idillio continua anche quando, poco dopo, si spostano nella capanna nella foresta: passeranno le loro giornate da soli, lontani dal resto del mondo.

 

Hawke sembra suggerirci il pensiero che questo amore puro può esistere solo al di fuori dal mondo, lontano da tutto e tutti, laddove si può vivere solo l'uno dell'altra senza conseguenze.
Ma, secondo il regista, è anche vero che non appena questa rara gemma di purezza e amore viene portata al di fuori di questo dolce isolamento, non può che macchiarsi e, infine, dissolversi.
Tant'è vero che le prime crepe nel rapporto fra i due si formano nei momenti in cui si allontanano dalla capanna: con l'aborto di Sybil in primis e poi con la richiesta della mano alla famiglia di lei da parte di Blaze.

 

Hawke, in tipico stile linklateriano, fa dialogare moltissimo i suoi personaggi ma, al contempo, sa far parlare egregiamente anche le immagini che compongono il suo film. Penso, ad esempio, alla sequenza dell'aborto: Sybil esce dal consultorio e sale in macchina con il marito; nell'inquadratura successiva, dei bambini che stavano giocando escono dal quadro e, subito dopo, vediamo il cantautore che entra in un bar.
Il locale è lo stesso in cui si è esibirà nell'ultimo concerto della sua vita: con un lungo movimento di macchina passiamo dal volto del Blaze presente che sta entrando, al Blaze futuro sul palco del suo ultimo show.

Un altro esempio èindividuabile nel momento in cui i due arrivano insieme a Chicago, con una lunga inquadratura che li vede avvicinarsi alla camera e, poco dopo, ritornare nello stesso punto di ripresa iniziale, con Blaze che si allontana - da solo - dopo aver fatto fiasco in un locale.
È il preludio dell'addio, costruito su uno dei dialoghi più belli del film: "My day as a muse are over" dice Sybil, "They're only start" risponde Blaze.

 

Hawke è bravissimo anche a delineare i differenti rapporti di Townes e Zee con il protagonista.

Da un lato, Townes è un'icona della leggenda country: è arrivato dopo nella vita del collega, lo ha abbandonato più volte e non si ricorda di Sybil. Lui narra la vicenda da cantautore, riscrivendo e cambiando la storia a proprio piacimento per potervi inserire massime e leggende.

 

Dall'altro c'è Zee, l'amico di sempre, silenzioso, ma sempre informato di tutto: ha vissuto gli alti e i bassi di Blaze, lo ha accompagnato sin dagli esordi senza mai abbandonarlo. Nel suo racconto vuole solo rendere onore al compagno di mille battaglie. 

Bellissima la scena in cui - in flashback - Townes distrugge verbalmente Zee in quanto suonatore di armonica. Da quel momento, nella sequenza dell'intervista ai due narratori della nostra storia, fa capolino per alcuni minuti la testa dell'intervistatore (interpretato dal - mai visibile - Ethan Hawke) che si frappone tra i due musicisti per dividerli e allontanarli. 


Un espediente tanto semplice quanto riuscito: basta un piccolo cambiamento in un'inquadratura per sottolineare la distanza siderale tra i due punti di vista rispetto la vita di Blaze.

 

 

 


Hawke costruisce il film come una serie di scatole cinesi: c'è l'intervista a Townes Van Zandt e Zee, il loro racconto del concerto di Blaze e, infine, il cantautore stesso che ripercorre passo a passo la sua vita, fondendo le parole e i suoni delle sue canzoni con il mondo delle immagini e dei ricordi nei i flashback che vedremo messi in scena. 

 

A queste tre scatole (intervista, concerto, flashback) se ne sommano altre, create attraverso alcuni racconti indiretti di Blaze, proprio durante i flashback.

Lui e Townes sono cantastorie e, proprio in virtù della loro natura di narratori, spesso ci ritroveremo catapultati in questo ulteriore livello narrativo.

 

Blaze è un film - a tratti - eccessivamente didascalico e con un finale forse un po' troppo dilatato.

Ci sono alcune scelte che non convincono, ma siamo comunque di fronte a un ottimo prodotto che fa ben sperare per la carriera da regista di Ethan Hawke.


Decisamente uno dei miei film preferiti rispetto a quanto visto finora al Festival di Torino.

 

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3 commenti

Vi.

5 anni fa

Detto molto famoso a quanto vedo😂

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Drugo

5 anni fa

come dice un detto, a volte sei tu che fai la domanda, a volte è la domanda ad essere posta dal drugo.

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Vi.

5 anni fa

Stavo per fare la stessa domanda 😅

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