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Django Unchained è uno dei film di Quentin Tarantino che fa parte della cosiddetta Trilogia del Revisionismo Storico, il cui nome e concept sono un omaggio alla Trilogia del Tempo di Sergio Leone.
Nella visione di Django Unchained bisogna quindi tenere conto dei modelli sempreverdi di Tarantino, che prima che un regista è un appassionato di Cinema.
Altro cavallo di battaglia di Tarantino è il revisionismo storico, trilogia a cui appartengono altri due film: Bastardi senza gloria e, dopo Django, nel 2019 C'era una volta a... Hollywood.
Con questo grande contesto cinematografico in cui si inserisce, Django Unchained deve confrontarsi per forza con una tradizione, e deve sia rispettarla sia esistere in maniera indipendente da essa.
[Il trailer internazionale di Django Unchained]
Già nel titolo e nel concept il film è un omaggio al Django del 1966 diretto da Sergio Corbucci, l'attore protagonista Franco Nero fa perfino un cameo in Django Unchained; il rischio citazionismo fine a se stesso c'era, ma il film ne sfugge in maniera egregia.
Questo perché Django Unchained ha già nei suoi protagonisti Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Kerry Washington e Samuel L. Jackson delle ottime premesse: il tema centrale della schiavitù negli Stati Uniti d'America fa scalpore eppure non è, a mio dire, la ragione per cui Django Unchained è un film che colpisce e rimane impresso come pochi altri del regista.
Trattare della schiavitù significa scuotere l'emotività dello spettatore, ma grazie al modello degli spaghetti western, al cast e allo script Django Unchained è qualcosa di più di un film sulla schiavitù, a partire dalla scrittura dei personaggi.
[Leonardo DiCaprio e Jamie Foxx in una scena di Django Unchained]
Al centro della vicenda c'è ovviamente Django, che si configura qui come un moderno Sigfrido - in un paragone che viene fatto proprio durante il film - l'eroe della mitologia norrena e germanica famoso anche grazie all'opera di Richard Wagner L'anello del Nibelungo.
Tarantino andò a vedere l'opera di Wagner proprio insieme a Christoph Waltz, mentre la sceneggiatura era in lavorazione.
Il viaggio di Django è quello di un eroe mitico, ma anche di anti-eroe: come Sigfrido, Django deve raggiungere sua moglie e "salvarla", ma il fiabesco e il leggendario si uniscono qui in una mirabile sintesi con il grottesco, il goliardico, l'ironico e il satirico.
Django Freeman: Che ne sai che Broomhilde aveva padroni tedeschi?
Dr. King Schultz: Broomhilde è un nome tedesco. Se l'hanno chiamata così sarà perché sono tedeschi.
- Lì da te sono tante le Broomhilde?
- Brünhild è il nome di un personaggio della più popolare di tutte le leggende tedesche.
- C'è una storia su Broomhilde?
- Oh, sì che c'è.
- La conosci?
- Qualunque tedesco conosce quella storia. Vuoi che te la racconti? Bene! Brünhild... era una principessa. Una delle figlie di Wotan, dio di tutti gli dei... Comunque sia, suo padre era molto arrabbiato con lei.
- E perché?
- Non me lo ricordo esattamente... gli aveva disobbedito su qualche cosa. Così lui la pose sulla cima di una montagna.
- Broomhilde su una montagna?
- È una leggenda tedesca, ci devono sempre infilare una montagna da qualche parte. E mette un drago che sputa fuoco a guardia di quella montagna. E che la avvolge in un cerchio di fiamme infernali. E lassù, Brünhild rimarrà per sempre... A meno che non giunga a salvarla un eroe senza paura.
- E il tipo giunge?
- Sì, Django: effettivamente giunge. Il tipo si chiama Siegfried.
Quella di Django Unchained è quindi una fiaba inquietante e inquieta, più realistica di qualsiasi altra, perché Django anche se Unchained e dunque liberato, rimane un uomo nero in una società che lo discrimina e lo sfrutta.
La caratterizzazione del protagonista come Sigfrido del West trova la sua massima espressione nella fisicità ed espressività di un Jamie Foxx che a mio dire fa dimenticare allo spettatore di essere tale.
Lo fa immedesimare in una storia che è gestita - specialmente per noi italiani - con colori familiari e caratterizzanti di un certo genere del nostro Cinema.
Ciò avviene anche grazie al citazionismo diffuso identificabile nella colonna sonora, che è stata scritta appositamente dal Maestro Ennio Morricone per il film (alla prima collaborazione Tarantino), ma lo spettatore riconosce anche un classico del western all'italiana, ovvero la colonna sonora di Lo chiamavano Trinità... di Enzo Barboni.
[Christoph Waltz e Jamie Foxx in Django Unchained]
L'atmosfera è quindi il punto di forza di Django Unchained, dei personaggi e di uno in particolare.
Di contro alla bruttezza del mondo abbiamo infatti l'idealista dr. Schultz, uno di quegli uomini che da spettatrice mi sembra quasi di conoscere da una vita, al punto che oserei dire che provo una simpatia enorme nei suoi confronti.
Django Unchained è un film in cui tutti bucano lo schermo ed entrano nella nostra realtà, senza la retorica spicciola di alcuni lavori con temi come la schiavitù, forse perché mette insieme elementi familiari a tutti: la struttura come una fiaba, poi rovesciata da altri elementi.
Abbiamo tutti i tipici personaggi fiabeschi: l'eroe al centro, l'aiutante, l'antagonista e gli aiutanti dell'antagonista.
Se l'aiutante è senz'altro il dottore di Christoph Waltz, che lontano da Hans Landa di Bastardi senza gloria vediamo interpretare qualcuno di grande solidità morale, a lui si contrappone un Samuel L. Jackson che va a interpretare - a suo dire - il personaggio più malvagio della sua carriera.
[Samuel L. Jackson in Django Unchained]
L'aiutante dell'antagonista è un paradosso, eppure tristemente esistente: un nero che discrimina quelli come lui.
Non ci sono draghi da sconfiggere perché il nemico è un'epoca, una mentalità intera. Leonardo DiCaprio è il classico personaggio che nelle fiabe crea dinamicità ma qui, grazie a una caratterizzazione e interpretazione efficace, emerge in pochi minuti di scena con grande carisma.
Ma è Schultz il collante che tiene insieme un viaggio pieno di avventure e di tensione, corredate da dialoghi brillanti ed efficaci.
Se Django Unchained si può riassumere come un'avventura per salvare la dama, e come le tipiche fiabe ha un lieto fine, è Schultz stesso a spiegarci la natura profondamente veritiera e disincantata della vicenda.
Django Freeman: E Siegfried la salva?
Dr. King Schultz: E lo fa in modo spettacolare. Scala la montagna perché è senza paura. E uccide il drago perché è senza paura.
E attraversa le fiamme infernali... perché Brünhild se lo merita.
"Brünhild se lo merita" aggiunge uno scopo alla missione dell'eroe che va ben oltre il "deve salvarla" perché la storia ci dice così, ma impone la concezione di merito dentro all'avventura, merito morale e affettivo di cui Schultz si fa portavoce.
L'eroe però non attraversa le fiamme dell'Inferno come prevedeva Schultz, ma alla fine del film sarà lui a provocarle.
Con una colonna sonora che urla il suo nome e un escamotage dove l'ironia e l'ingegno la fanno da padroni, noi che abbiamo vissuto l'avventura con lui tiriamo un sospiro di sollievo disincantato e consapevole.
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2 commenti
Jacob Malic
6 mesi fa
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Giacomo Camilli
10 mesi fa
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