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C’è una scena in Foglie al vento che racchiude il senso di quest’ultimo film di Aki Kaurismäki.
Holappa, sbronzo marcio come al solito, sta dormendo su una panchina della fermata del tram.
Nel frattempo Ansa gli passa vicino e cerca di svegliarlo, ma sconsolata sale sul tram che nel frattempo è arrivato.
Il riflesso delle luci dei finestrini del tram forma sul corpo del protagonista lo scorrere di una pellicola, come se da quel momento in poi il Cinema si facesse carico di dare una nuova vita a delle esistenze devastate dalla miseria che affligge parte della classe operaia finlandese.
[Il trailer italiano di Foglie al vento]
Non è un caso che i due si diano appuntamento al cinema o che le pareti dei pub siano tappezzate dalle locandine dei film amati dal regista finlandese.
Aki Kaurismäki è un regista sentimentale, nonostante l’apparenza possa far credere il contrario. Mai però come in Foglie al vento si era spinto così smaccatamente verso una dichiarazione d’amore nei confronti dell’arte che l’ha - come piace dire a lui - “Tenuto lontano dai bar”.
Gli elementi strutturali del nuovo film di Kaurismäki sono perciò da ricollegare indubbiamente alla poetica dell’autore finlandese, inebriati però dagli omaggi cinefili che partono dal Cinema classico hollywoodiano fino a toccare il minimalismo à la Robert Bresson tanto caro al regista.
I processi di significazione della messa in scena sono atti a rileggere in chiave contemporanea il melodramma - genere prettamente classico - unificandosi ai codici del genere solo da un punto di vista narrativo.
[Jussi Vatanen (Holappa) e Alma Pöysti (Ansa) in Foglie al vento]
Attraverso un incedere del tempo straniante - tipico di Kaurismäki - Foglie al vento si fa carico di una poetica radicale che fa dell’economia delle immagini un nodo nevralgico del film.
I movimenti di macchina sono completamente assenti, trasformando lo spazio in uno “spazio qualsiasi”, dove Holappa e Ansa si perdono l’un l’altro smarrendo le proprie coordinate all’interno di un contesto socio-economico asfissiante.
L’ambiente lavorativo diventa un elemento scenografico che partecipa attivamente nel mostrare le condizioni soffocanti della classe proletaria, mentre il Cinema e i suoi oggetti paratestuali accendono - anche da un punto di vista fotografico come detto in apertura - l’”Altro volto della speranza” dei protagonisti.
Il mélo pulsa nelle dinamiche di incontro e scontro tra Holappa e Ansa, mostrando “Come le foglie al vento” - titolo di un melodramma di Douglas Sirk - conferiscono alla narrazione accezioni fatalistiche che sembrano non essere comprese dalla stessa realtà, come se appartenessero a un tempo e un luogo che può esistere solo nel Cinema.
[Foglie al vento ha vinto il Premio della Giuria al Festival di Cannes 2023]
In Foglie al vento però non c’è quella tragicità sirkiana figlia dell’ineluttabile destino a cui andavano incontro i personaggi del regista tedesco.
Questo perché Kaurismäki è un regista che ama i suoi personaggi, profondamente umani e appartenenti al mondo reale e infatti nel film in sottofondo, come una sorta di voce bianca, si sentono alla radio i bollettini di guerra del conflitto russo-ucraino.
L’andamento della narrazione di Foglie al vento veste i panni del fatalismo del Cinema, mentre i suoi personaggi abitano in “Tempi moderni” camminando verso un futuro probabilmente tragico, ma irrimediabilmente autentico.
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