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Molti di noi hanno conseguito la patente di guida qualche anno fa, quella di stoffa rosa per intederci, e probabilmente qualcuno al terzo o quarto rinnovo ricorderà la presenza nel paesaggio urbano di molte città italiane le stazioni di rifornimento dell’AGIP con una pensilina in calcestruzzo, diventata dagli anni ’60 in poi segno distintivo del distributore di carburanti del gruppo ENI.
La storia delle architetture dell’ENI ha intrecciato la crescita economica e sociale del nostro paese, a cominciare proprio dal periodo del boom economico, ovvero il momento in cui l’Italia, piegata da un evento bellico devastante, avvia una imponente opera di rilancio dell’industria per il recupero di una condizione di serenità economica che potesse raggiungere ogni latitudine.
Il protagonista principale della ripresa economica è stato Enrico Mattei, la cui vicenda personale e professionale è nota a tutti anche attraverso la pellicola del 1972 Il caso Mattei, diretta da Francesco Rosi, regista particolarmente sensibile e capace di raccontare molte tra le vicende italiane più complesse, e interpretato da uno straordinario Gian Maria Volonté, attore mai valorizzato come avrebbe meritato.
Al grido di “fatevi un favore”, raccomando vivamente di recuperare il film, disponibile su RaiPlay.
Nella storia della cinematografia italiana del dopoguerra, molte architetture dell'ENI hanno fatto da sfondo ad alcune pellicole e vi propongo una rapida rassegna di esemplari del genere.
Siamo nel 1963 e Vittorio De Sica dirige Alberto Sordi su un soggetto e una sceneggiatura di Cesare Zavattini, prolifico autore di qualche "filmetto" tipo Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948) e Miracolo a Milano (1950), solo per citare le basi del Neorealismo.
Il boom racconta la storia di un imprenditore un po’ cialtrone, aggettivo utilizzabile per molti film con Alberto Sordi, che cerca di inserirsi nel mondo della speculazione edilizia tra meschinità e bassezze da campionato mondiale di meschinità e bassezza.
Giovanni Alberti e la moglie Silvia, interpretata da Gianna Maria Canale, abitano a Roma nel quartiere dell’EUR.
Dalla loro prestigiosa terrazza, luogo di conviviali borghesi, possono apprezzare il Palazzo ENI, realizzato tra il 1958 e il 1961 su progetto di Marco Bagicalupo e Ugo Ratti, architetti già affermati per aver avviato l’impianto urbanistico della porzione residenziale di un’area industriale molto estesa a sud-est di Milano, denominata Metanopoli, destinata a diventare il centro delle attività aziendali dell’ENI.
L’architettura del Movimento Moderno, con molti riferimenti al Palazzo ONU a New York, completato nel 1952, ha ispirato il disegno del Palazzo ENI, con forme geometriche pure e il ricorso all’acciaio strutturale e al vetro per restituire una immagine di leggerezza e trasparenza.
Lo studio Bagicalupo e Ratti è autore di molti MotelAGIP distribuiti in Italia, dal primo a San Donato Milanese fino agli ultimi del 1971, muovendosi tra differenti tipologie edilizie.
In termini quantitativi nel 1960 si contavano 18 motel, edificati nell’arco di pochi mesi, e nel 1962 il numero di motel era cresciuto a 30, oltre 55 ristoranti e 357 bar.
Sempre nel 1960, Mattei costituì la SEMI S.p.A., Società Esercizio Motel Italia, una società dedicata alla gestione del settore alberghiero di AGIP che negli anni successivi procedette ad acquisizioni di strutture ricettive non legate alla distribuzione di carburante.
L’intero patrimonio di SEMI sarà dismesso nel corso degli anni e la società è stata liquidata nel 1999, con le ultime cessioni.
Le progettazioni modulari dello studio di architettura hanno interessato l’intero territorio italiano, tra queste il secondo motel nell’area di San Donato Milanese e i motel a Sesto Fiorentino, Pisticci, Modena, Pescara e Vicenza.
Al 1962 risale l’avvio in esercizio del Motel AGIP di Roma, lungo la Via Aurelia, diviso in 2 blocchi distinti per le camere e per la convegnistica, ripreso dal film Il sorpasso di Dino Risi.
Una pellicola ambientata in un’automobile, nello specifico una Lancia Aurelia B24, non poteva non fermarsi a una stazione di servizio e infatti i protagonisti Bruno e Roberto, rispettivamente Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant, muovendosi da Roma verso la Toscana sostano per il rifornimento lungo l’Aurelia e sullo sfondo spicca il motel AGIP con 125 stanze e la terrazza con il ristorante per 200 coperti.
Credo che tutti i cinefili abbiano visto e rivisto il film di Dino Risi del 1962, su soggetto di tre spietati autori come Rodolfo Sonego, Ettore Scola e Ruggero Maccari.
Anche in questo caso, se non siete tra quelli che ricordano il film, fatevi un altro favore e recuperatelo.
Ma le architetture dell’ENI più diffuse sul territorio italiano sono le stazioni di rifornimento e per questa tipologia edilizia, nel 1951, Enrico Mattei si affida all’architetto di origini piacentine Mario Bacciocchi.
Le stazioni disegnate da Bacciocchi rispondevano a requisiti di estrema funzionalità, indipendentemente dal formato individuato per l’area di insediamento.
I 13 modelli disponibili variavano dalla decina di metri quadrati, delle stazioni più contenute, ai circa 150 metri quadrati della soluzione planimetrica che ospitava locali per il grassaggio, l’officina e avevano un elemento comune che ha caratterizzato il paesaggio dei centri urbani e periurbani delle città italiane: la curva della pensilina.
La copertura della stazione di rifornimento, qualsiasi estensione avesse, era costituita da un elemento in calcestruzzo armato pre-compresso, in gergo ribattezzata la “bacciocca”, protesa oltre il volume che ospitava l’operatore, per stimolare un senso di modernità e immediata riconoscibilità per l’utente automobilista.
La vela in calcestruzzo si concludeva con un risvolto che serviva da supporto per una scritta, retroilluminata da un tubo al neon, “SUPERCORTEMAGGIORE”, un'esaltazione del nome della località, Cortemaggiore in provincia di Piacenza, dove Mattei condusse con successo una serie di prospezioni petrolifere.
Anche nel caso delle stazioni di rifornimento AGIP possiamo citare alcuni esempi eccellenti, tra cui la stazione AGIP di Piazzale Accursio a Milano, opera di Bacciocchi del 1953, poi completata negli anni successivi.
Diversa dai modelli di stazione di servizio “da catalogo”, a Piazzale Accursio l’architetto affronta e risolve il tema accademico del lotto d’angolo con due pensiline che avvolgono un volume 2 livelli fuori terra e uno interrato per ospitare un autolavaggio, una sala di attesa con un bar, una officina per elettrauto, uffici e, al piano superiore, le residenze dei gestori.
Dismessa dagli anni ’80, la struttura è stata acquistata all’asta e recuperata nel 2017 con un progetto di Michele De Lucchi per realizzare un ristorante e una esposizione di auto e accessori.
Nel corso del tempo, molte “bacciocche” sono state demolite e potremmo citare diversi casi in cui associazioni locali, particolarmente sensibili, hanno cercato di opporsi mobilitandosi per impedirne la rimozione, per esempio la stazione in Via Torbido a Verona, e molte altre sono purtroppo state dismesse senza appello.
Una variante in scala ridotta della stazione di Piazzale Accursio è la stazione di rifornimento a Porta Napoli a Lecce, progettata negli stessi anni da Mario Bacciocchi.
Confrontato con lo sviluppo planimetrico longitudinale di Milano la stazione di Lecce presenta una pianta centrale, ma la presenza della pensilina curva che avvolge il volume è riconoscibile e autentica.
La stazione di Lecce è stata dismessa nel 2005 e va ricordata perché è stata la prima infrastruttura di rete di questo genere ad essere dichiarata di interesse culturale dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Lecce nel 2016, inibendo qualsiasi iniziativa volta alla demolizione.
Gli amanti del Cinema di Ferzan Özpetek ricorderanno il film del 2014 Allacciate le cinture, candidato a 11 David di Donatello e vincitore di 3 Nastri d’Argento.
Elena, interpretata da Kasia Smutniak, vuole rilevare una stazione di servizio per convertirla in bar e per l’occasione fu utilizzata proprio la stazione di Porta Napoli a Lecce, dove il film è stato ambientato e girato.
Il Comune di Lecce, proprietario dell’area, aveva indetto un bando per la gestione della stazione e sembrava che lo stesso Özpetek conservasse un tale ricordo delle riprese che volesse rilevare l’immobile per restituirlo alla comunità, una volta recuperato.
[articolo a cura di Beniamino Attoma Pepe]
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