Il Cinema di Sebastián Silva è fatto di situazioni paradossali e assurde che però al loro interno nascondono significati ben più profondi: anche il suo ultimo lavoro Rotting in the Sun, che dopo essere stato presentato al Sundance Film Festival è approdato dal 15 settembre su MUBI, ne è un esempio lampante.

La trama di Rotting in the Sun è semplice e vede il regista incontrare in una spiaggia nudista gay l’influencer Jordan Firstman; dopo alcune riluttanze accettare di lavorare con lui a un progetto video, ma la collaborazione non inizierà mai perché Silva scomparirà misteriosamente. 

[Il trailer di Rotting in the Sun]

Guardando Rotting in the Sun si capisce fin da subito che l’intento di Silva non è quello di creare un thriller o un giallo, ma un perfetto racconto sul nostro oggi in cui possono ritrovarsi tre grandi aree tematiche: lo sguardo nostro e dei personaggi, l’incomunicabilità e la mancanza di empatia tra le persone. 

Silva scompare apparentemente nel nulla, ma lo spettatore sa dov’è perché ha visto, i personaggi no perché forse non sanno vedere.

Su questo ruota la teoria di Silvia e del suo fatale film, uno sguardo che non vede veramente o che non vuole vedere: fin dalle prime sequenze nella spiaggia nudista Sebastián stesso evita i corpi nudi e i peni che gli si sbattono in faccia, e non vede quanto sia ossessivo l’approccio insistente di Jordan.

Da lì nasce un’incomunicabilità in cui l’influencer si meraviglia della riluttanza del regista sia nei confronti delle sue avances, sia nell'incapacità di adattarsi al mondo social e alle sue conseguenze. 

Quando Jordan arriverà a Città del Messico e non troverà il suo “amico” dovrà approcciarsi con Vero, la domestica che parla solo spagnolo e comunica con lui attraverso un'app di traduzione simultanea, che però traduce in modo errato. 

[Un frame di Rotting in the Sun]

Una comunicazione monca, modificata, errata che culminerà nella verità finale non compresa perché tradotta alla lettera, ancora una volta l’impossibilità a capire ciò che si ha davanti.

Il mondo che ruota attorno a Sebastián è fatto di meschini e approfittatori che fingono di volergli bene, ma che in realtà quando lui scompare non si adoperano per trovarlo: chi per codardia, chi per “colpa” e chi perché ha un segreto da nascondere. 

Lo stile del regista in Rotting in the Sun è documentaristico ma allo stesso tempo "finto", nel senso più nobile del termine, gioca con situazioni evanescenti e una meticolosa cura dei dettagli che non si preoccupa di sconfinare nel porno più puro sia nelle sequenze di sesso sia nell’indecenza di alcuni comportamenti dei personaggi.

È un Cinema libero e spassoso, anche se mostruoso.

Un Cinema orrorifico, grottesco, insensato ma lucidamente reale nella caratterizzazione dei suoi personaggi.

Sa prender(si)ci in giro con gli stereotipi legati al mondo omosessuale e a quello degli influencer - protagonista in entrambi i casi Firstman, con le sue orge strambe e quasi “fuori luogo” e le dirette video spudorate che raggiungono l’irrazionale - facendoci ragionare sull’imprevedibilità della vita con un senso mortifico e di disagio che alla fine, dopo il riso che abbonda in tutto Rotting in the Sun, lascia più di un amaro in bocca.

Siamo tutti colpevoli e le cose accadono sempre per un motivo: ascoltare veramente il prossimo potrebbe evitare di farci sbagliare, ma non ne siamo più capaci.

[articolo a cura di Andrea Moschioni Fioretti]

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