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Finalmente l'alba si apre sotto mentite spoglie, in medias res anche troppo nettamente, sì, ma senza alcuna indicazione paratestuale contraria: nei contrasti di un bianco e nero smaccatamente digitale, piombiamo in un armadio per nasconderci dai nazisti, in soggettiva.
Una delle inquadrature successive mostra un occhio attraversato da un fascio di luce: il discorso scopico, tra identificazione (primaria/secondaria) e messa in questione del punto di vista, è già segnalato due volte.
[Il trailer di Finalmente l'alba]
Dopo una manciata di minuti, tuttavia, un lungo zoom out si prolunga idealmente e conduce dalla scalinata di Trinità dei Monti verso una Roma differente, in cui l'unico bianco e nero è quello dello schermo di una sala che proietta Sacrificio, con Alida Valli (attrice realmente esistita interpretata da Alba Rohrwacher) e Sean Lockwood (attore fittizio interpretato da Joe Keery).
Tramite un procedimento tipicamente modernista, la menzogna è svelata.
Fast forward: a Cinecittà qualcuno grida "azione!" e il set di un peplum si trasforma in Cinema; non vediamo il ciak né i mezzi per realizzarlo, ma direttamente l'opera conclusa, senza mediazioni interne.
Stavolta la menzogna è dichiarata, anche se non dalla sequenza incriminata.
Con Sacrificio e con il film in costume successivo, Finalmente l'alba gioca - in maniere diverse - con la nostra credenza nelle immagini.
In qualche modo, e sulla scorta di un patto spettatoriale più corretto, crediamo anche la seconda volta, appena un attimo dopo aver visto quella stessa cinepresa con cui andremo a identificarci.
Come noi e anche più di noi crede Mimosa.
Siamo nella Roma degli anni '50 e la giovane appare innanzitutto come una delle spettatrici di Sacrificio e come sorella di Ines, più bella, più cinematografica, tanto da essere individuata come possibile comparsa del peplum proprio all'uscita dalla proiezione.
Da parte sua, Mimosa è in procinto di sposare malvolentieri un poliziotto napoletano: nulla di più lontano dalle dive e dai personaggi di celluloide che ne costellano la fantasia, le cui energie - il desiderio - s'infiammano definitivamente quando si trova ad accompagnare Ines nella fabbrica dei sogni: Cinecittà.
[Rebecca Antonaci è Mimosa in Finalmente l'alba]
Lì viene notata, finalmente riconosciuta, infiammata, in un gioco di sguardi che coinvolge quella stessa star che ammirava poco prima in cameretta, che forse sostituisce oniricamente la sorella e forse rappresenta l'irraggiungibile, che in ogni caso incarna l'altro-da-sé da affrontare (e superare-conservando: Aufhebung hegeliano, che si riconnette al tema centrale del riconoscimento) per poter crescere, passando per Sandy, tutto in una notte.
I tre attori adulti più presenti in Sacrificio popolano il mondo dopo il tramonto, sono sostanza (psicanaliticamente significativa) dell'immaginario con cui forgiare - tra normatività e margini di interpretazione - una nuova identità, senza essere solo spettatrice, senza voler più guardare da un buco - al di qua dell'azione, della scena primaria - assieme ai bambini.
Il regista Saverio Costanzo fa però attenzione a non romanticizzare troppo quell'immaginario, senza rinunciare a rimarcarne la pervasività: il riferimento al caso di Wilma Montesi, che oltrepassa i confini del mondo dello spettacolo, passa ancora per la pellicola, mentre la lettura anti-femminista del peplum e la contrapposizione attoriale tra star e co-star femminile rendono meno univoco il discorso.
Al netto di un simbolismo a mio avviso mediocre, della CGI e di alcuni dialoghi stucchevoli, Finalmente l'alba riesce ad arricchire con una certa eleganza stilistica dei tòpoi frequentatissimi.
Tutt'altro che scontato.
CineFacts segue tantissimi festival, dal più piccolo al più grande, dal più istituzionale al più strano, per parlarvi sempre di nuovi film da scoprire, perché amiamo il Cinema in ogni sua forma: non potevamo dunque mancare l'appuntamento con la Mostra di Venezia!