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Holly - Recensione: fai del bene e dimentica - Venezia 2023

Dopo aver visto il suo esordio premiato a Orizzonti, Fien Troch torna a Venezia debuttando nel concorso ufficiale

Già in fase di presentazione del concorso Holly di Fien Troch è stato inquadrato dai selezionatori come una delle scommesse della Mostra di Venezia 2023: il film della possibile consacrazione di una regista che ha esordito con gran successo proprio sul Lido ormai sette anni fa.

 

Si tratta infatti dell'opera seconda dopo che Home, il suo esordio del 2016, è stato premiato con il Premio per la Migliore Regia nella sezione Orizzonti.

 

 

[Fien Troch, regista di Holly, potrebbe diventare un'habitué della rassegna lagunare]

 

 

Il film racconta della quindicenne Holly (Cathalina Geraerts), costantemente vittima di bullismo, che chiama la propria scuola per dire che starà a casa per la giornata.

 

Poco dopo a scuola scoppia un incendio che uccide dieci studenti; chiunque viene toccato dalla tragedia e la comunità si riunisce, cercando di guarire.

Anna, un’insegnante incuriosita da Holly e dalla sua strana premonizione, la invita a unirsi al gruppo di volontariato che gestisce e la presenza di Holly sembra portare tranquillità e speranza a coloro che incontra.

 

Ma presto le persone iniziano a cercare Holly e la sua energia catartica e benefica, chiedendo alla ragazza sempre di più.

 

Non é un caso, dunque, che il nome Holly sembri voler rimandare in maniera tutt'altro che velata all'assolanza con "holy", letteralmente "santa", e che questa associazione stoni con il soprannome datole dai suoi compagni di classe, ovverosia "strega"

 

 

 

 

Holly è un film che racconta, dunque, il passaggio della sua protagonista da una condizione di vessazione a una di totale popolarità all'interno della propria comunità, concentrandosi principalmente sulle reazioni dei "comuni mortali" ai suoi poteri salvifici. 

 

Se gli adulti sembrano fortemente influenzati dalla scoperta della vera natura di Holly, gli adolescenti restano meno colpiti, più indifferenti e comunque propensi all'odio.

 

Per ovvi motivi la mente non puo dunque correre che a Carrie - Lo sguardo di Satana, e ai suoi epigoni. Il modello che non viene però in alcun modo seguito nella narrazione e nella messa in scena da Fien Troch, che continua a battere il percorso già intrapreso con Home: un totale annullamento della spettacolarizzazione e la costante rappresentazione di situazioni di vita comune della giovane Holly e del suo amico Barth, anch'egli vittima di bullismo.

 

Si tratta, di fatto, di un duplice viaggio verso l'accettazione e nuovamente verso uno stato di reietta da parte di una ragazza adolescente, assolutamente non conscia della propria condizione, gestendo la situazione così male da trasformare il suo dono in un nuovo motivo di allontanamento dalla sua comunità.

 

 



I fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne sono stati co-produttori del film con Les Films du Fleuve e hanno lavorato a stretto contatto con la Troch in pre-produzione: "Li conosco da molto tempo prima di questa collaborazione. 

Sono molto esigenti sui progetti che scelgono. Hanno fatto osservazioni molto utili sullo script, ma non si sono mai sentiti in dovere di correggermi".

 

La messa in scena della regista si lascia contaminare, in effetti, dalla cifra stilistica dei suoi ingombranti produttori: alcuni quadri di Holly sono del tutto identici a immagini note della filmografia dei fratelli belgi, ma a mancare all'opera è la coesione sostanziale.

 

A essere sacrificati sono tanto il coinvolgimento dello spettatore quanto la complessiva resa estetica, troppo ondivaghi per innalzare l'opera a film di consacrazione della propria autrice.

 

Il ritmo slow-burning scelto da Fien Troch non permette al conflitto sotteso di montare in maniera organica e l'impressione generale è che il film avrebbe potuto essere collocato nuovamente nella sezione Orizzonti per la sua somma di scelte narrative e stilistiche, che comunque non perdono mai complessivamente di interesse.

 

Non é stato, dunque, un debutto memorabile per la regista belga in concorso, ma comunque la un'opera seconda che, al netto dei suoi difetti, continua a mostrarne gli squarci di talento.

 

Uno sguardo al suo terzo film sarà, a questo punto, d'obbligo.

 

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