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Profeti - Recensione: cosa significa essere donne nel Mondo

Uno sguardo su Profeti, film di Alessio Cremonini che riflette sull'attualità di alcune realtà mediorientali 

Alessio Cremonini è quel tipo di regista che fa del mezzo cinematografico uno strumento per raccontare il mondo contemporaneo in modo verosimile, escludendo ogni forma di giudizio, arroganza e becera retorica: Profeti è figlio di queste riflessioni. 

 

Già con Sulla mia pelle, grazie al quale trionfò come Migliore Regista Esordiente ai David di Donatello 2019, si fece portavoce di una storia dal fardello enorme, intrisa di ipocrisia e ingiustizia sociale. 

 

[Il trailer di Profeti]

 

 

Profeti è il suo secondo lungometraggio e il regista decide di affrontare ancora una volta temi scottanti, imprescindibili e significativi per l’umanità intera. 

 

Il film, prodotto da Cinemaundici e Lucky Red con Rai Cinema in collaborazione con Sky Cinema, ha vinto il Black Panther Award 2022 - Menzione speciale della giuria al Noir InFestival.

 

Profeti affronta la storia di Sara - interpretata da Jasmine Trinca, due volte David di Donatello come Migliore Attrice - una giornalista italiana partita per il Medio Oriente con il fine di narrare la guerra islamica. 

Poco dopo aver iniziato a documentare viene catturata dall’ISIS assieme alla sua troupe e vive giorni di prigionia nei quali viene accusata di essere una spia.

 

Per l’ISIS le donne sono impossibilitate a condividere la prigionia con gli uomini in quanto considerate esseri di inferiore dignità, Sara viene quindi data in custodia a Nur (Isabella Nefar), una foreign fighter che vive nel Califfato da quando ha sposato un miliziano. 

 

 

[Alessio Cremonini sul set di Profeti]

 

La prigioniera Sara e la carceriera Nur, dunque, cominciano una convivenza forzata, nella quale si ritroveranno a scontrarsi eticamente e moralmente in una battaglia psicologica logorante, accompagnate dalle esplosioni delle bombe e dal dolore di un’umanità distrutta. 

 

Il confronto tra queste due donne, con ideali e desideri molto diversi tra loro, evidenzia il bisogno di parlare delle questioni umane, dei diritti fondamentali dell’uomo e di differenze culturali significative. 

In particolar modo è evidente come Alessio Cremonini attui una scelta fortemente schierata e finalizzata al desiderio di portare sotto i riflettori i diritti delle donne nel Medio Oriente.

 

Per tale motivo Profeti si apre con una riflessione - quasi una guida al film stesso - di una donna combattente:

“Combatto per i curdi, per la libertà e per le donne.

In Medio Oriente, se sei una donna, devi imparare a difenderti il prima possibile.

Qui la maggior parte dei regimi è basata sulla sottomissione, sull’oppressione delle donne. 

 

È per questo che le uniche persone che possono cambiare questa mentalità sono le donne”.

 

[Una clip da Profeti in cui si svela la prigionia di Sara]

 

 

Potrebbe sembrare che Sara e Nur condividano poco, a parte il fatto di essere donne.  

 

Forse, però, è proprio l’essere entrambe donne il motivo per cui riescono a comunicare senza essere giudicate se non da loro stesse, rendendo le loro chiacchierate, intervallate da lunghi e loquaci silenzi, un luogo di scontro paritario.  

 

La giustizia marcia su due livelli paralleli che si suppone non possano trovare punto di congiunzione, ma che non bastano a rendere le due protagoniste meno legate tra loro, creando un sentimento di solidarietà sororale che non può essere razionalmente spiegato. 

 

 

[In Profeti l'unico spiraglio di Sara verso l'esterno è una minuscola finestra]


È importante sottolineare che, nonostante il film sia ambientato nel territorio del Califfato del 2015, il ruolo della donna è ancora oggi messo in discussione in questi Paesi con conseguenti risvolti brutali e assolutamente controversi: ne è un caso la terribile sorte toccata alla ventiduenne iraniana Mahsa Amini

 

Il 13 settembre 2022 a Saqqez Mahsa Amini è stata accusata dal basij - le forze armate iraniane - di non aver indossato l’hijab in modo corretto, come previsto dalla legge sull’obbligo del velo e, di conseguenza, è stata arrestata.  

Dopo tre giorni di coma Mahsa Amini è deceduta in seguito a un arresto cardiaco, secondo le dichiaraziooni della Polizia Morale. 

 

Al contrario, testimoni affermano che la ragazza ha perso la vita dopo essere stata malmenata dalla Polizia Morale stessa e, stando a quanto riferito dai medici, la violenza è confermata dalle evidenti fratture ossee e da una lesione cerebrale.

 

 

[La giovane Mahsa Amini]
 

 

Questo doloroso racconto di una giovane vita spezzata ha dato il via a una serie di proteste a Teheran (ora estese su diverse province) nelle quali attivisti e cittadini, principalmente studenti e donne, si sono mossi affinché venisse fatta giustizia. 

 

Le donne medio-orientali hanno cominciato a cambiare la posizione del velo, addirittura a rimuoverlo completamente e a bruciarlo per le strade in segno di lotta, mentre altre hanno addirittura scelto di tagliare i capelli - simbolo di femminilità - in segno di lutto. 

 

Questi gesti all’apparenza così semplici - diffusi sul web dai protestanti anche attraverso i social network - sono il frutto di un desiderio enorme di affermazione del sé, di conquista collettiva e, soprattutto, di resistenza: il modo per far capire al mondo che esistono realtà che vanno condivise e cambiate unanimemente.

 

 

[Una donna taglia i suoi capelli protestando in nome di Mahsa Amini]


Lo Stato ha risposto alle proteste con una violenza inaudita: flagelli corporali, condanne a morte, uccisioni e stupri - anche di minori - sono punizioni all’ordine del giorno riportate su tantissime testate e siti come Center for Human Rights in Iran, dichiarate “eque da personaggi come l’ambasciatore Mohammad Reza Sabouri.

 

Di conseguenza a ciò ci si domanda: qual è il ruolo dell’Occidente di fronte a certi avvenimenti? 

Nonostante sia difficile trovare una risposta film come Profeti trovano una dimensione necessaria e imprescindibile in questo contesto storico.

 

Con i suoi occhi da occidentale Sara si ritrova costretta a osservare da vicino una terra per lei sconosciuta, così come fece la giornalista e consulente alla sceneggiatura del film Susan Dabbous, sequestrata dall’ISIS nel 2013 assieme ad altri tre giornalisti italiani, rilasciati dopo 11 giorni di prigionia. 

 

 

[Nur, protagonista di Profeti e controparte di Sara]

 

È proprio questo bisogno di osservare situazioni che sembrano non appartenerci a mettere un accento sulla necessità di informare, diffondere e unirsi con tutti i mezzi possibili a un movimento di liberazione, che è tutto fuorché disobbedienza civile.

 

Per questo motivo Profeti non si limita ad essere un film, ma diviene uno strumento che guida alla comprensione di sé e degli altri, anche quando questi sembrano non avere punti in comune con il nostro vissuto.  

 

Profeti verrà distribuito da Lucky Red nelle sale italiane a partire dal 26 gennaio.

 

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