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Nei cinema italiani è approdato Uncharted, adattamento della famosa serie videoludica creata da Naughty Dog.
Alla regia c’è Ruben Fleischer, regista amato dal pubblico per Zombieland e vessato dallo stesso per Venom, mentre a vestire i panni dell’intrepido Nathan Drake troviamo Tom Holland, l’attore del momento.
Uncharted è l’ennesimo adattamento videoludico deludente o ci troviamo di fronte a uno di quelle opere che sta spingendo la nuova wave del videogame al cinema?
[Il trailer di Uncharted]
La gamer anonimi
La recensione di Uncharted potrebbe risolversi con uno degli esercizi di ermetismo critico più impressionanti della Storia.
Il limite di 280 caratteri di Twitter sarebbe addirittura eccessivo.
Se dovessi mettere una colonna sonora agli umori post-visione, sceglierei senza ombra di dubbio “La glaciazione” dei Subsonica.
Il vuoto in esplosione al quale la canzone si riferisce, per noi mortali non ancora benedetti da una chiassosa quanto rapida fine dei tempi, è chiaramente rappresentato dal ciarlare online di chi ha già deciso di difendere il film con quel tragicomico arcobaleno di frasi quali: “È per spegnere il cervello”, ”Non vuole essere un grande film”, ”Alla fine non mi aspettavo nulla di che” e via discorrendo.
Vi prego: guardate nelle palle degli occhi il vostro riflesso allo specchio e rendetevi conto di cosa stiate facendo.
Vi capisco, ci sono passato prima di voi.
Se appartenete a quella generazione di videogiocatori partita dagli 8 bit e dalle sale giochi dei bar, saprete benissimo come il fenomeno delle trasposizioni videoludiche al Cinema non sia certamente nuovo.
L’industria dell’intrattenimento di Hollywood ha sempre riposto molte speranze in wave pop da portare sul grande schermo e anche il gaming, come il fumetto, è stato approcciato a singhiozzo nel corso della Storia.
[John Leguizamo e Bob Hoskins in Super Mario Bros., 1993]
Inutile dire che il tempo abbia provato come il settore e il panorama del gaming fossero troppo acerbi per portare al pubblico delle operazioni degne di nota.
Hollywood non aveva idea di come raccontare queste storie e la videoludica era troppo primitiva per offrire materiale di base che potesse essere davvero appetibile.
Esempio supremo è quel famigerato live action di Super Mario che qualche criminale della cultura pop vorrebbe anche rivalutare.
In tempi più recenti non è andata certo meglio: anche nel 2021 sono arrivati in sala e sulle piattaforme streaming alcuni adattamenti salvabili solo con gli occhi dell’amore o se si è vittima di peculiari sindromi psicologiche causate da abusi indicibili.
Tuttavia il gaming è ora un fenomeno di massa sdoganato, con un valore artistico evoluto capace di coltivare storie e mondi spesso molto più profondi di quelli proposti da fumetto, Cinema o serie televisive.
Gli adattamenti di successo iniziano ad aumentare e la promessa di una wave che forse soppianterà il fenomeno cinecomic potrebbe diventare palese tra qualche anno.
La pandemia ha rallentato molti processi e alcuni progetti molto attesi potrebbero arrivare non prima del 2023 (come quello dedicato a The Last of Us).
Uncharted sembrava potesse fare da antipasto a tale rimescolamento di carte sulla scacchiera delle produzioni hollywoodiane e solo l’uscita negli USA ci dirà se il riverbero economico porterà abbastanza attenzione da innescare il processo; sappiamo tutti come non sempre sia la qualità a dettare legge e lo stesso Fleischer, con il suo Venom, ha dimostrato come girare un brutto film possa portare comunque a grandi incassi, sfruttando la confusione generata dall’isteria dall'hype.
Tom Holland, divo del momento, e Uncharted, brand forte curato da Naughty Dog, la casa di sviluppo dietro The Last of Us e con un enorme talento nello sviluppare proprietà intellettuali originali, sembravano una perfetta miscela.
La realtà invece è dura come una parete di marmo.
Uncharted for Dummies
Chiedo perdono a chiunque - pad alla mano - abbia già conosciuto Nathan Drake, ma essendo questo un sito di Cinema urge una breve e pratica guida al brand per tutti coloro che sono curiosi di capire da dove nasca tanta attenzione e fermento per quest’opera.
La nota a margine riguardo tutto ciò è che Uncharted, seppur adattamento di una proprietà intellettuale videoludica, è un film.
Come ogni opera cinematografica dunque non ha certo un disclaimer da mostrare a chiunque non faccia parte di un club.
Ergo non ha alcun senso, in questo caso come in altri, rimandare al medium originale quando una trasposizione fallisce miseramente nel raccontare parti importanti di una storia.
Questa porzione della recensione è un tassello importante per tutte le parti per valutare Uncharted come film e come adattamento.
Torniamo quindi a noi.
Uncharted, titolo esclusivo per PlayStation il cui ultimo capitolo è stato recentemente portato anche su PC, si è evoluto lungo le produzioni divenendo sempre più cinematografico e costruendo un mito, quello di Nathan Drake, sempre più forte e affascinante.
Nathan è la classica faccia da schiaffi, l’avventuriero petulante incubo di ogni villain, una versione 2.0 di Indiana Jones capace di reinventare la spettacolarità cinematografica delle sequenze a perdifiato à la Steven Spielberg e la presenza scenica di un eroe da fumetto.
Non sempre vincente, maldestramente spaccone, ironico e dalla storia personale affascinante tanto quanto quella dei tesori che rincorre.
Nathan è un ladro e con la Storia ha un rapporto molto intimo, considerando come sembra che egli stesso sia legato a un personaggio che di razzie e tesori ne ha fatto arte (no spoiler: se ne sapete di più, fate i bravi).
È un ladro di quelli fortunati e la sua buona sorte diventa caratterizzazione del personaggio, elemento di gameplay a bilanciare la dissonanza ludonarrativa (ovvero il contrasto tra gameplay e narrazione) e parte fondamentale del suo mito.
Il protagonista di Uncharted è chiaramente erede di un filone d’avventura che al Cinema non esiste con forza da davvero troppo tempo, che è già fallito con le varie trasposizioni di Tomb Raider e che a lungo i fan hanno cercato di rendere possibile solleticando la figura di Nathan Fillion.
L’attore canadese e il protagonista di Uncharted non hanno in comune solo una certa somiglianza e il nome di battesimo.
Fillion ha già vestito i panni di un eroe simile nella serie cult Firefly di Joss Whedon; l’archetipo del personaggio è quello.
Anni fa fu realizzato anche un cortometraggio per invogliare i produttori: ebbe molto successo tra i fan, ma gli studios di Hollywood hanno spesso il fiuto di un carlino venduto a un povero stolto come maiale da tartufo.
La cosa sorprende, considerando quanto disperatamente rincorrano progetti che portino loro fama, gloria e consenso del pubblico.
[Il fan film live action di Uncharted]
In Uncharted c'è il mito dell’avventuriero carismatico che non si prende troppo sul serio ma è sempre protagonista di racconti incredibili, un crocevia tra Lupin III, Lara Croft e Indiana Jones, che definisce la cifra stilistica di un personaggio come quello di Nathan Drake; per quanti debiti abbia verso altri personaggi archetipici del genere, Nathan ha saputo conquistare il pubblico con una forza narrativa tutta sua.
Replicare Nathan Drake non è diverso dal doversi confrontare con altre maschere piuttosto importanti e bisogna quindi saperlo sceneggiare e trovare il giusto interprete che lo ricordi, non solo fisicamente, che si mostri capace di essere dinamico e forte nelle scene d’azione, affascinante quando serve sfoggiare la faccia da schiaffi e dotato di tempi comici esplosivi quando il suo caracollare per la scena lo richiede.
Volete un riferimeto perfetto oltre a Nathan Fillion?
Salutate quell’uomo stupendo che è Brendan Fraser, che a fine anni ‘90 rappresentava degnamente il prototipo di questo genere di personaggi.
Nota: non nominate Chris Pratt: per quanto mi riguarda non vale un mignolo di Fraser, ma attualmente si lavora con quello che si ha.
Tornando al presente, Uncharted mette come protagonista Tom Holland, una faccia che di schiaffi non ne ha visto nemmeno l’ombra e che nessuno immagina poter impugnare una pistola o sciorinare una serie di battute particolarmente pungenti mentre incassa e rilascia cazzotti.
In particolare risulta molto difficile guardare Tom Holland e vedere in lui Nathan Drake l’avventuriero, il navigato e abile ladro alla ricerca di tesori, tombe e città pirata nascoste.
Il film decide infatti di mettere in scena tutto quello che il fan di un’opera non vorrebbe vedere: la sua totale decostruzione per lasciare libero spazio al solito film visto e rivisto una montagna di volte.
[Mark Wahlberg e Tom Holland in una scena di Uncharted]
Che anno è?!
Guardando Uncharted sembra palese come la produzione abbia cercato di mettere una pezza a un casting scellerato: Tom Holland non ha il physique du rôle per essere credibile come Nathan Drake.
Non è uno scavezzacollo con la battuta pronta e la sua faccia è così pulita che non crederai mai che quel personaggio possa viaggiare tra i bar peggiori di Caracas per mentire, schernire e magari ammazzare pericolosi mercenari e criminali della peggior specie.
Uncharted di Ruben Fleischer è una storia di origini messa insieme alla rinfusa, seguendo un canovaccio tipico di un certo modo di fare Cinema dei primi anni 2000 o di fine anni ‘90; il regista deve essere proprio a suo agio con questo stilema, visto che con Venom il problema era molto simile.
Sembra di tornare alla logica dei produttori secondo i quali bastava qualche costume di scena a richiamare l’opera originale e una manciata di easter egg per fare il film.
Tom Holland cerca quindi disperatamente di non interpretare Peter Parker - altro personaggio che non ha ancora interpretato, se non parzialmente dopo due film - ed entra nei panni di Nathan Drake esibendosi non certo in una prova aggraziata.
Non ha a mio avviso i tempi comici giusti e la sceneggiatura non lo aiuta, piena zeppa com'è di teatrini comici basati su sbadate caratterizzazioni dei personaggi.
Per quanto il genere Avventura si basi su toni leggeri e su un ritmo forsennato, in Uncharted sembra chiaro che nessuno abbia le capacità per sceneggiare come si deve questo genere e il film è sostanzialmente un susseguirsi di sequenze spesso così scollate tra loro che anche Mark Wahlberg, capace di funzionare benissimo in commedia, sbaglia tutti i tempi delle battute e sembra vittima di un'esperienza extracorporea durante tutto il film.
Il Sully di Wahlberg, così drammaticamente scritto male e fuori fuoco da essere al centro di tutte le peggiori situazioni di Uncharted, è uno dei grandi punti dolenti dell'opera.
In molte occasioni mi sono chiesto come mai il cinquantenne Wahlberg abbia insistito per tingersi i capelli con il lucidascarpe piuttosto che lasciar trasparire dei più dignitosi capelli grigi che avrebbero dato, almeno esteticamente, una presenza scenica più sensata al suo personaggio.
Il problema sta forse a monte, perché serviva un interprete diverso.
La scriteriata scrittura del film, però, non avrebbe comunque consentito un risultato migliore.
In questo Uncharted Nathan Drake è ridotto al solito cosplay portato avanti a furia di cambi di costumi di scena, ogni personaggio è una macchietta e ogni possibilità di dare carisma alla storia, ai protagonisti e di riportare il film d’avventura in primo piano, muore minuto dopo minuto.
Ruben Fleischer, che vorremmo ricordare per Zombieland, decide invece di farsi riconoscere per Venom e, seguendo quella che sembra essere una volontà produttiva di Sony, gira ancora una volta un film datato.
Uncharted non soffre solo nel distaccamento piuttosto importante dal materiale originale - perché non basta qualche easter egg a rendere una trasposizione fedele - ma soprattutto in tutti quegli elementi cinematografici che dovrebbero dare vita a una produzione degna di tale nome.
[Sophia Taylor Ali e Tom Holland in una scena di Unchaerted]
La sceneggiatura si muove freneticamente tra un plot point e l’altro collegando i puntini frettolosamente, spesso senza dare spiegazione alcuna, incollando le scene in maniera maldestra e dimenticando totalmente di conferire basilare solidità narrativa al film.
Dramma e conflitto non esistono nemmeno quando vengono accennate delle basi e i sentimenti di vendetta e fratellanza sono spie che si accendono giusto per qualche secondo, così da spuntare la casella della lista di cose da buttare nel pentolone.
Alcune cose succedono e basta e lo spettatore se ne deve fare una ragione, persino quando le forzature dell’incedere del plot ripescano tutte le brutte abitudini dei più recenti esponenti di questo filone.
Siamo tornati a Il mistero dei Templari con Nicolas Cage.
Da amante dei film di arti marziali, accetterei la sciatteria della narrazione se la confezione delle scene action fosse ben curata.
Uncharted invece vuole proprio sfidare ogni nuovo standard del Cinema di oggi e, in questo sconfortante esercizio di retromania, Fleischer gira l’azione grazie alla frenesia di montaggio e ai miliardi di stacchi, confondendo lo spettatore in merito a chi è chi, cosa colpisce e come.
Perché nessuno si rende conto che con un montaggio diverso e stabilizzando le immagini avremmo più o meno un episodio della serie TV sui Power Rangers?
Uncharted ignora John Wick, Io sono nessuno e persino qualche episodio di Daredevil, mettendo a schermo scene d’azione di un’epoca che il Cinema fortunatamente ha superato dando grande rilevanza agli stuntmen, alle coreografie dei combattimenti e a come la macchina da presa si muova per dare fluidità e leggibilità alla scena.
Il film di Fleischer non ha nemmeno l’adrenalina action di Indiana Jones e, per quanto Steven Spielberg non corrisponda ai nuovi stilemi action, quando il suo Cinema è andato nell’azione ha sempre mostrato di sapere orchestrare magnificamente il funambolismo delle scene.
Uncharted è in parte figlio di quel Cinema e non è chiaro perché nella trasposizione siano andati persi proprio tutti gli elementi archetipici della sua concezione.
[Uncharted: un film anni '90 che esce nel 2022]
Uncharted
Uncharted fa esattamente tutto quello che di sbagliato hanno sempre fatto gli adattamenti di altri medium pop quando sono arrivati sul grande schermo: ne prendono in prestito il nome e le parti superficiali per proporsi svogliatamente esercitando il peggio.
Ruben Fleischer ha girato un film talmente distante dallo spirito di Nathan Drake e delle sue avventure che si confonde nel panorama e si dimentica appena i titoli di coda compaiono sullo schermo.
La sceneggiatura è un primo tentativo da Scuola di Cinema: non riesce mai a dare potenza al mito di Drake, costruisce la relazione tra i personaggi con una gomma da masticare appiccicata sotto un banco e si popola di una tale serie di patetici tentativi di fare intrattenimento da fare quasi tenerezza.
L’azione sembra non avere alcuna voglia di intrattenere e prova i trucchi meno pregiati del mestiere senza alcuna dignità di messa in scena.
Ovviamente va scordato qualsivoglia gusto per la costruzione dell'immagine, per la ricerca di inquadrature che rendano epici e potenti i personaggi e il loro inserirsi nelle location.
Il Cinema come forma d'arte di racconto per immagini non esiste nemmeno in ciò.
Vuole essere mia premura chiarire che un film di puro intrattenimento, quello che molti chiamano “spegnere il cervello” - o il meno degradante “opera di evasione” - non deve lobotomizzare il pubblico con del rumore sullo schermo.
Questo Cinema dovrebbe stimolare lo spettatore con avventure appassionanti e sequenze d’azione mozzafiato, cercando comunque di raccontare una storia e un personaggio.
Così nascono i miti.
[Un'immagine promozionale di Uncharted, con il ciak vuoto: ha senso]
Rimanendo nel filone e prendendo in esame il già citato Indiana Jones, non si sta certo parlando di un film desideroso di affrontare temi alti.
Si sta facendo puro intrattenimento, un film d’avventura.
Nel creare il personaggio Steven Spielberg e George Lucas hanno profuso tutto il loro amore verso il genere, impiegando la loro sapienza per creare un mito attraverso le arti migliori del Cinema.
State comunque guardando un’opera di evasione, ma non siete spalmati su una sedia a osservare una cosa che punta a essere memorabile.
Cercate un esempio più recente meno mitico per la Storia del Cinema e ingiustamente dimenticato da molti?
Tirando in mezzo sempre il buon Steven Spielberg, il suo Le avventure di Tintin - Il segreto dell'unicorno, prodotto con Peter Jackson, è un meraviglioso esponente di come sia possibile girare un film d'avventura pop di pura evasione.
Uncharted invece punta al vostro portafoglio senza nemmeno mettere il minimo impegno per raccontarvi una storia e il mito di un personaggio, smarmellando dove può, premendo F4 quando serve.
Sostanzialmente facendo, male, un compitino Made in Hollywood senza passione alcuna.
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3 commenti
Alessandro Dioguardi
2 anni fa
"Il film prende a piene mani spunto dalla saga video ludica e rimette in scena la storia creando da zero delle origini senza snaturare il prodotto originale."
Senza snaturare il prodotto originale?
Grossa parte di chi è e da dove viene Nathan è in Uncharted 4 e nel film esiste molto male l'origine e l'archetipo di Nathan come personaggio e del suo rapporto con il fratello. Manca proprio la base dello storytelling.
Hai visto lo sviluppo narrativo e la costruzione dei personaggi di Naughty Dog?
Hai posto attenzione a che personaggio è Nathan Drake?
Qua si parla di scrittura e nel videogame è tutto fatto meglio.
Se si pone attenzione a queste cose, il prodotto è già molto snaturato, perché il film ne è una sbadata copia posticcia.
"ma anche su enigmi ambientali da risolvere che nel film hanno cercato di rendere al meglio."
Gli "enigmi ambientali" sono una componente puramente ludica che in gran parte nulla ha a che vedere con la narrativa, oltre al fatto che se traduci elementi di puro gameplay in Cinema, significa che devi smettere di fare Cinema o anche televisione.
Sono due strumenti diversi per due medium diversi e la caccia al tesoro passa per altro.
Se "l'enigma ambientale" in Cinema è sfondare un Papa Jones e un club a Barcellona con pretesti ridicoli, non facciamolo.
Se la narrativa passa per una che ruba MAGICAMENTE l'unico elemento chiave del film a 1 metro di distanza e da uno zaino chiuso e sistemato sulle spalle, il furto wireless, per arrivare poi sostanzialmente a un nulla di fatto, non facciamolo.
Indiana Jones esiste da prima del concetto di "enigmi ambientali" e altri racconti di avventura sono esistiti prima di Indiana, qua si tratta di dare una dignità narrativa a un film.
"Forse il film pecca di avere citazioni, ambientazioni e alcuni modi di comportarsi di certi personaggi troppo poco comprensibili a chi i giochi non li ha mai giocati, giochi che oltretutto sono già da soli molto cinematografici, ma io non mi aspettavo di vedere il gioco al cinema"
Hai parlato di trasposizione di enigmi ambientali e poi dici di non voler vedere il videogame al cinema. Poi più avanti dici che bisogna conoscere molto bene il videogame per apprezzarlo.
Vedo confusione.
1) Il film deve essere fruibile per tutti e la storia la deve raccontare a tutti.
Non si può pretendere che lo spettatore medio vada a giocarsi un videogame per capire la storia. Considerando come tutti gli incassi del film non sono dovuti a gamer amanti della saga. Al cinema c'era gente che era lì solo per Tom Holland o solo perché sa che è tratto da un videogioco o solo perché ama i film d'avventura.
Se non hai letto Il signore degli anelli e guardi il film, capisci tutto senza un bignami del libro. Perché è raccontato come si deve. Io ho giocato i titoli e pur capendo le citazioni, quelle non fanno il film. Lo fa la scrittura di una buona sceneggiatura e il lavoro sui personaggi, che qua non esistono. Sono appena appena scontornati.
2) I giochi sono molto cinematografici. Lo si dice anche in recensione. Il film è quanto di meno cinematografico esista oggi. E si spiega pure perché. Uncharted fa il giro riuscendo a essere meno cinematografico del videogame.
"credo che questa volta bisogna vedere e conoscere MOLTO MOLTO MOLTO BENE i giochi per poter giudicare il film, non credo basti giudicare il film in quanto tale, anche perché essendo tratto da una serie video ludica difficilmente chi non loro conosce va al cinema."
Qua già risposto sopra.
Si parla di una trasposizione e tu la storia devi raccontarla a tutti.
Perché per vedere Blade Runner non devi leggere il libro, come per vedere Shining non devi leggere King e per vedere molti cinecomic, quelli fatti bene, non devi leggere i fumetti. Perché un bravo sceneggiatore e un bravo regista sanno che il loro spazio è quello del cinema ed è lì che devono raccontare la storia.
I titoli li conosco bene e non è citando qualche location o mettendo i costumi di scena ai personaggi che si fa il film.
La scena del cargo è più brutta di quella del videogame.
Prima di tutto per come loro salgono sull'aereo, off screen, e per come si snoda l'azione. La regia del videogame è improntata per essere cinematografica ma anche ludica. Quella del film non riesce a essere cinematografica. È proprio brutta esteticamente nella composizione nell'immagine, nell'uso dei VFX come nella gestione dell'azione.
"Non si parla di un libro trasposto a film, che per ovvie ragione porta a volte enorme differenze, qui si parla di qualcosa che prima esisteva come gioco e ora stanno cercando di riportare come serie di film d'avventura."
Sbagliato e già si è detto sopra. Ma portiamo altri elementi.
Anche i videogame al Cinema per ovvie ragioni devono essere differenti.
In primis perché la parte ludica permette uno sviluppo di azioni e sequenze che il Cinema non può portare. Secondo poi perché ha spazi molto più ampi e il Cinema deve andare all'essenza eliminando quanto a favore di gameplay o convertendolo per divenire narrazione per immagini ove possibile o utile alla storia.
Per non citare la dissonanza ludonarrativa che permea i videogame. Uno su tutti Uncharted. La "fortuna di Drake" è uno strumento utile in tal senso e Naughty Dog lo gestisce discretamente bene per "risolvere" il problema della dissonanza ludonarrativa.
Che a te il film sia piaciuto e che il film tecnicamente sia ben fatto sono due cose ben diverse.
Il tuo gusto non può essere messo in dubbio, ma la tecnica e la grammatica di un film e degli stilemi narrativi sì. Ci sono delle regole utili a dare un senso nello sviluppo di un racconto secondo le esigenze del medium di riferimento e quelle non sono gusto. Hanno una logica.
Ne abbiamo parlato anche nel podcast con Recchioni, anche lui conoscitore del titolo e addetto ai lavori.
Gusto da una parte e grammatica/tecnica dall'altra.
Molti assunti che poni sono tecnicamente sbagliati.
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Giacomo Occhiuto
2 anni fa
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Alessandro Dioguardi
2 anni fa
"una recensione del genere non faccia altro che "spaventare" gli spettatori e che li allontani dalla sala cinematografica"
Nonostante le molte recensioni negative il film ha incassato oltre 2 milioni di euro in Italia e 44.1 milioni in 4 giorni negli USA.
Lo spettatore al cinema ci va con il marketing e con la forza delle IP o delle personalità che portano i film in sala.
La recensione ha un peso molto relativo ed è un testo di critica e analisi che ha lo scopo di valutare l'opera e non di dire al pubblico cosa guardare o meno.
Qui su CineFacts questo concetto lo stressiamo molto spesso.
"addirittura affossare il film in questo modo, no per favore... si fa più male al cinema demonizzando il prodotto finale piuttosto che non rispettando al cento per cento l'anima di un videogioco (per quanto meraviglioso)"
Ripeto: è una valutazione critica.
Il film è mal fatto sotto ogni punto di vista, dovrei dire che è bello per non fare male al cinema?
In che modo posso danneggiare il Cinema come esperienza e come arte in toto?
Si è già detto e brevemente dimostrato in questo stesso commento che il Cinema prende il suo corso indipendentemente dall'opinione del critico ed è sicuramente giusto che sia così.
Tanta pena e compassione per Uncharted come se fosse fosse il metronomo del destino del Cinema d'intrattenimento e del Cinema in generale.
Oltre a preoccuparmi quando l'intrattenimento pop viene fatto male, mi cruccio ancora di più quando si pensa che sia un film così lontano dal Cinema tutto a essere fondamentale.
Nella recensione si parla di Indiana Jones, ma parlando d'intrattenimento pop potrei citare The Suicide Squad (molto più interessante sotto ogni punto di vista) o No Way Home che nonostante una serie di difetti ha rappresentato l'evento polarizzante che mancava ai ragazzi e alle sale.
Tra poco arriverà The Batman, nei mesi precedenti è andato discretamente bene The French Dispatch e ora Assassinio sul Nilo sta piacendo al pubblico. Arriveranno anche film come Licorice Pizza, Belle (molto vicino al pubblico più giovane e tecnicamente interessante) e sarà importante che questi film incassino.
"troppa rabbia troppo poca leggerezza"
Mi ripeto: è un testo critico, non c'è rabbia.
Questa scusa della leggerezza ha stufato e i film citati poco sopra ne sono dimostrazione e come scrivo nel pezzo essere leggeri e d'intrattenimento non significa fare le cose male e le opere imperfette si possono perdonare quando hanno molti lati positivi.
Cerca la leggerezza?
Ho parlato molto bene di Words Bubble Up Like Soda Pop. Lo trova su Netflix ed è un film giapponese per ragazzi.
Parlo spesso di cinema pop e di opere leggere e quando sono fatte bene ne parlo con entusiasmo, ma se sono fatte male devo abbozzare per stare simpatico a tutti? Preferisco esaltarmi per il bello perché di cose brutte verso le quali facciamo spallucce, ce ne sono troppe.
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