#articoli
Frida Kahlo rappresenta un unicum nella Storia dell'Arte del '900: l'artista di Coyoacán è stata infatti pittrice, rivoluzionaria e, al contempo, un'intellettuale che dava voce al popolo del Messico.
Nel corso del tempo è stata elevata a icona, per alcuni è diventata addirittura una figura assimilabile a quella di una santa.
La sua opera pittorica è in grado di trascendere il tempo, di plasmarlo a proprio piacimento, mettendo qualsiasi fruitore nella condizione di identificarsi nei suoi dipinti, di percepire i dolori, le gioie e la meraviglia che si annidano in essi.
Sono opere molto personali, viscerali, spesso contaminate da quello che - inizialmente - venne definito "realismo magico" e, in seguito, derubricato dal grosso della critica come "surrealismo".
Frida Kahlo riusciva a esprimere - attraverso l'arte - l'indicibile: per mezzo di uno stile pittorico estremamente vario, colori vivaci e soggetti inusuali, mostrava ciò che è represso, i tabù, gli umori nascosti dell'animo umano, dando loro una voce chiara e forte.
[Il trailer di Frida Kahlo, documentario diretto da Ali Ray]
Il Cinema ha tentato a più riprese di raccontare - con risultati altalenanti - il percorso di vita e artistico di Frida Kahlo, sia con prodotti di fiction, sia con documentari.
Il primo lungometraggio "a soggetto" dedicato all'artista messicana fu Frida, Naturaleza Viva (1986), film di produzione messicana diretto da Paul Leduc con protagonista Ofelia Medina.
Nel 2002 fu la regista Julie Taymor a trasformare Alfred Molina in Diego Rivera e Salma Hayek in Frida nell'omonimo film tratto dal libro biografico Frida: A Biography of Frida Kahlo scritto da Hayden Herrera.
Vista la natura delle due produzioni, come giusto e normale che sia, lo lo spirito narrativo - quindi l'idea di "romanzare" e porre l'accento sugli avvenimenti della vita della Kahlo - è il focus preponderante dei film di Leduc e Taymor.
I personaggi di Diego Rivera, Guillermo Kahlo, Lev Trockij (con il quale Frida ebbe una breve relazione), David Alfaro Siqueiros, Nelson Rockefeller diventano così i protagonisti - quasi - assoluti delle pellicole, lasciando che l'opera della pittrice messicana resti una sorta di "contorno".
[La colonna rotta, Museo Dolores Omedo Patino, Città del Messico - © Bridgeman Images]
Frida Kahlo - documentario diretto dalla regista esordiente Ali Ray - raccoglie invece l'eredità di un percorso documentaristico sulla pittrice di Coyoacán che è incominciato negli anni '60 (con il "docu-corto" Evocación de Frida di Manuel Michel) e vanta più di dieci produzioni che indagano il cammino artistico, umano e politico di Frida.
Il primo lungometraggio della Ray racconta sì gli aspetti biografici dell'artista, ma lo fa in maniera completamente funzionale all'esplorazione dell'opera pittorica di Frida Kahlo: l'incidente in autobus - che la costrinse a letto, alla sedia a rotelle e a una zoppia che mai l'abbandonò -, il matrimonio "schizofrenico" con Rivera, le "esperienze sentimentali" omosessuali, l'aborto spontaneo a Detroit, l'impegno politico e l'attivismo (socialista prima e, in seguito, comunista) diventano quindi dei "puntelli" strutturali.
Dei sistemi per comprendere al meglio l'evoluzione pittorica di Frida e, con essa, la sua progressione stilistico-produttiva.
Dal Messico a San Francisco - durante il suo periodo negli States insieme al suo Diego - Frida portò con sé le sue origini, il suo essere profondamente (e fieramente) una donna tehuana, diventando così un'icona vivente.
Nel documentario di Ali Ray lo sviluppo artistico e umano di Frida è scandito dai suoi quadri, dalle testimonianze dirette che ci arrivano dai diari personali dell'artista e dalle analisi - puntualissime - di critici d'Arte e di tutte le personalità intervistate nel corso del film.
Nei frame del lungometraggio, nei dettagli - quasi fotografici - dei dipinti e nelle parole di Frida ritroviamo le sue passioni, i suoi tormenti e i modelli pittorici (nel corso della narrazione, non troppo sorprendentemente, si incoccia nei nomi di Hieronymus Bosch e Pieter Bruegel "il Vecchio") che la traformarono nella straordinaria e rivoluzionaria artista che fu.
[Una sorridente Ali Ray, regista del documentario Frida Kahlo - © EXHIBITION ON SCREEN]
L'opera prima di Ali Ray risulta essere dunque un'opera meticolosa, intima e delicata.
La narrazione sentita e "a tutto tondo" del film offre allo spettatore un accesso privilegiato alle opere di Frida Kahlo e punta i riflettori sulle fonti della sua creatività febbrile, sulla sua capacità di recupero e sul suo immenso trasporto per la vita, la politica e le persone.
Il documentario distribuito in Italia da Adler Entertainment compie così una mirabile operazione: restituire appieno lo spirito di Frida e delle sue opere allo spettatore, coinvolgendolo in un racconto accorato pieno di Storia, immagini e, soprattutto, Arte.
Frida Kahlo sarà solo al cinema il 22, 23, 24 novembre.
Ti è piaciuto questo articolo?
Sappi che hai appena visto il risultato di tanto impegno, profuso nel portarti contenuti verificati e approfonditi come meriti!
Se vuoi supportare il nostro lavoro perché non provi a far parte de Gli Amici di CineFacts.it?