#Vendimiquestofilm
Si è già parlato tantissimo dell’impatto che i Beatles hanno avuto nella Storia della Musica.
Pagine su pagine sono state già spese per analizzare i loro dischi, i loro live, le loro tecniche di registrazione, la loro strumentazione, i loro testi e perfino le copertine dei loro album.
È stato detto già tanto anche riguardo la loro influenza nella società degli anni ’60, dalla moda all’estetica, dai cambiamenti culturali passando per la “beatlesmania” alla rivoluzione della Summer of Love del ’67.
Ho sempre amato i Beatles alla follia, fin dalla adolescenza.
Credo fortemente nella loro importanza storica e rappresentano l’unico artista a cui sia rimasto sempre legato, nonostante la mia tendenza ad avventurarmi tra vari generi.
Perché allora ne sto scrivendo qui, su CineFacts.it?
È davvero necessario un ennesimo articolo sui Beatles?
In un sito di Cinema, poi?
Questa puntata della rubrica è stata pensata in un momento preciso della mia vita: quando ho scelto di togliermi le vesti di amante della musica dei Beatles e indossare quelle di appassionato di cinema, chiedendomi: quanto sono stati importanti i film dei Beatles?
Sì, perché il quartetto di Liverpool ha lasciato un’impronta estremamente profonda anche nella Storia del Cinema.
Un’impronta che, a differenza di altri campi, non è mai stata troppo studiata e riconosciuta.
Ho trovato davvero pochissimi articoli e video in merito.
Se pensate che sono stati scritti libri sul loro taglio di capelli, potreste pensare che serva qualcuno a colmare questa mancanza.
Eccomi qui.
Questo perché, così come nella musica, i Beatles si sono rivelati essere decisamente avanti per la loro epoca, portando delle innovazioni che non sono state sempre accolte a pieno a quei tempi, ma che hanno lasciato un’eredità incredibile, rappresentando un punto di partenza fondamentale per tutte le generazioni successive.
In questa breve serie, che includerà questa e le prossime due puntate della rubrica Vendimi questo film, vorrei riuscire a dare giustizia ai Beatles come grandi innovatori del linguaggio cinematografico applicato all’industria musicale, creatori del concetto moderno di videoclip narrativo e portatori di una vera e propria rivoluzione nella connessione tra due forme d’arte a me molto care: la Musica e il Cinema.
I Beatles, durante la loro carriera, sono stati autori di cinque opere cinematografiche, più una svariata serie di videoclip e video promozionali.
I film a cui faremo riferimento, con diversi livelli di approfondimento, sono:
A Hard Day’s Night (Richard Lester, 1964)
Help! (Richard Lester, 1965)
Magical Mystery Tour (John Lennon, Paul McCartney, George Harrison, Ringo Starr, 1967)
Yellow Submarine (George Dunning, 1968)
Let It Be (Michael Lindsey-Dogg, 1970)
Dal punto di vista musicale, non avrò molto da dire: in molti ne hanno scritto, molto meglio e più approfonditamente di me.
Spero possiate essere affascinati dal modo in cui questi quattro geni, insieme ai loro collaboratori, hanno stravolto il mondo della produzione con irriverenza e sfrontatezza, mostrandosi, così come nella musica e in tanti altri campi, capaci di cambiare il mondo.
Sì, perché se affermate che MTV abbia segnato un’intera generazione e una forma d’arte a cavallo degli anni ‘80 e ‘90, dovreste anche sapere che quel modo di intendere il videoclip è stato concepito proprio da loro.
Ma procediamo con calma e con ordine.
In questa prima puntata, contestualizzeremo il rapporto tra musicisti e cinema prima del 1964, quando i Beatles esordirono dietro la macchina da presa, mostrando da dove sono partiti e quali fossero i riferimenti del periodo.
Sono sicuro che vi aiuterà a capire la portata della loro rivoluzione.
A livello puramente teorico, i Beatles non hanno inventato nulla: il cinema era già stato ampiamente considerato un mezzo di promozione molto efficace da parte delle etichette discografiche, che collaboravano con le major hollywoodiane per realizzare dei film appositamente costruiti intorno al musicista di turno per portare le proprie hit anche al pubblico in sala.
Durante l’epoca d’oro del rythm’n’blues e del rock and roll (1955-1965) erano stati realizzati numerosissimi film di questo tipo, che possono essere divisi in due categorie principali.
La prima è stata definita “personality rock musical”, e riguarda i film che sfruttavano le figure carismatiche e i bei volti di artisti come Elvis Presley e Cliff Richard, amatissimi dal pubblico non solo per le doti musicali.
Si trattava di una vera e propria alleanza tra le case di produzione e quelle discografiche per poter ottenere risultati a entrambi vantaggiosi: le prime sfruttavano la popolarità degli artisti per avere buone presenze al box office, le seconde puntavano sul successo dei film per vendere gli album contenenti la soundtrack, utilizzando il film stesso come trampolino di lancio e spot promozionale.
Il grande protagonista di questa stagione fu ovviamente Elvis Presley, volto di film come Love Me Tender (1956) e Jailhouse Rock (1957) che ebbero un successo di pubblico straordinario. Le trame dei film ricalcavano i generi di maggiore successo dell’epoca, come il western e la commedia romantica, e la star in questione interpretava un ruolo di finzione, spesso un giovane ribelle in lotta per affermarsi per inseguire il sogno americano.
Questi film, a prescindere dalle musiche che hanno segnato un'epoca, risultano oggi invecchiati piuttosto male, senza grandi spunti di riflessione, tecnicamente limitati e specchio di una visione del mondo grottescamente ingenua.
Tutto era in funzione dell’esaltazione della bellezza e della grandezza d’animo della star di turno, che doveva apparire impeccabile di fronte ai milioni di consumatori di dischi e di pellicole.
La seconda categoria di film può sembrare oggi più interessante, ed è stata nominata “ensemble rock films”.
Si trattava di un insieme di momenti musicali in cui diversi artisti si esibivano a turno, con la cornice di una trama molto semplice a collegare il tutto. I temi principali erano la ribellione giovanile, spesso in forte contrasto con l’incapacità delle vecchie generazioni di comprendere il linguaggio e lo stile di vita dei più giovani, in un vero e proprio scontro generazionale.
In questo, le star interpretavano se stesse, venendo chiaramente menzionate con il loro nome ed esibendosi in performance live che facevano sempre parte della storia del film, in teatri, sale da concerto o locali.
L'intento era di promuovere il singolo di turno, creandogli un supporto visivo efficace che ne trasmettesse l'energia, con l'obiettivo di convincere gli spettatori a uscire dalla sala e dirigersi nel negozio di dischi, ricordandosi del nome annunciato dal presentatore sullo schermo.
Tra i film di questo tipo, ricordiamo The Girl Can’t Help It (1956), con musicisti del calibro di Little Richards, Fats Domino, Gene Vincent e The Platters a interpretare se stessi in una serie di performance che hanno contribuito a consegnarli alla visibilità del grande pubblico, Don't Knock The Rock (1956), ancora con Little Richards, e It’s Trad, Dad! (1962), diretto proprio da Richard Lester, che due anni dopo cambierà per sempre la storia del genere proprio con i Beatles.
Le due categorie menzionate, avevano alcuni tratti in comune, rappresentanti della visione dell’epoca.
Innanzitutto, la musica aveva quasi esclusivamente una funzione diegetica, cioè era giustificata dal contesto del film e faceva parte della storia.
Questa scelta derivava, ovviamente, dalla tradizione musical hollywoodiana.
Nonostante fossero film più irriverenti e rivolti alle nuove generazioni di ribelli, erano ancora profondamente legati alle grandi produzioni di musical che avevano spopolato negli anni ’40 e ‘50.
Secondariamente, gli artisti non avevano nessun controllo artistico nel film.
Erano ingaggiati dalla produzione, messi al servizio del regista e del produttore, che dovevano trovare una soluzione per sfruttare la loro fama e il loro talento e incastrarli nelle storie in modo credibile.
Questo ci appare molto evidente guardando i film con protagonista il buon Elvis, che si prestava a scene che oggi potrebbero si potrebbero anche definire “cringe”, pur di accontentare la visione di registi, produttori e discografici, che lo somministravano a interpretazioni forzate, seppur all’epoca di grande successo.
I musicisti non avevano nessuna voce in capitolo sul personaggio o sulla sceneggiatura.
Spesso erano costretti a interpretare ruoli molto lontani dalla loro vera personalità, che riflettevano l’immagine dell’America bella, giovane e ribelle, dal sorriso ammiccante e la moderata irriverenza.
Questa visione del rock musical, storicamente molto interessante, ci appare oggi decisamente datata e superata.
Non è un caso che sia stata abbandonata proprio dopo l’arrivo, ingombrante e scalmanato, del primo film realizzato dai Beatles con Richard Lester: A Hard Day’s Night, che non solo ha completamente distrutto tutte le convenzioni e le caratteristiche descritte sopra, ma ha anche inventato, con assoluta genialità, linguaggi espressivi del tutto nuovi.
Uno su tutti: il video musicale narrativo.
Siete curiosi di sapere come?
Vi basta leggere la prossima puntata, dove parleremo di questo e molto altro.
5 commenti
Simone Colistra
4 anni fa
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Francesco Costa
4 anni fa
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Simone Colistra
4 anni fa
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Simone Colistra
4 anni fa
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Simone Colistra
4 anni fa
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