#TuttaColpaDiAuzolle
Un vecchio e arcinoto esperimento, effettuato da Ivan Pavlov, dimostrò l’esistenza del riflesso condizionato (o riflesso pavloviano).
Per chi non lo conoscesse, il tutto consistette nel dare dei bocconcini a dei cani, ma solo ed esclusivamente dopo aver suonato un campanello. Dopo un po’ di tempo il solo suono del campanello portava automaticamente a un aumento della salivazione dei quadrupedi, senza nemmeno il bisogno di mostrare i bocconcini.
La cosa, spesso, ci fa sorridere pensando a quanto siano teneramente fessi i cani.
Ma se vi dicessi che la Warner Bros, da diversi anni, ci sta facendo fare la figura dei cani nell’esperimento di Pavlov?
Il 24 marzo 1999, a Westwood, California, uscì il secondo film degli allora fratelli Wachowski, ovvero Matrix: per molti l’opera migliore del duo nonché probabilmente pietra miliare del cinema moderno.
La locandina, come vedete, è relativamente semplice.
Il titolo è un font in stile Times New Roman, a cui stato applicato un effetto “glitch” per ovvie ragioni.
L’altro font utilizzato, per i credits, per l’iconico codice verticale tipico della saga e per altre scritte, si chiama OCR-A (creato nel 1968), in ambito grafico un carattere associato spesso all’informatica.
Dopodiché vediamo un collage di 4 personaggi, l’unica parte che rappresenta l’unico grande difetto della locandina: se ci fate caso, ogni soggetto ha una luce diversa, a Joe Pantoliano arriva dalla sua sinistra, a Carrie-Anne Moss dalla sua destra, a Laurence Fishburne frontalmente e a Keanu Reeves di nuovo frontalmente ma dall’alto.
Ok ok, mi sto dilungando troppo, diamine se sono prolisso.
Nessuno di questi dettagli è importante.
Ciò a cui dovete fare caso è la tonalità: le ombre di tonalità blu/nero, le luci di lievi tonalità gialle.
Il film ebbe appunto un notevole successo, ai botteghini di tutto il mondo incassò 463,5 milioni di dollari, 220° risultato di sempre.
E fin qui vi starete chiedendo:
“Ok Drenny, ma perché a inizio articolo ci hai dato dei cani?”, e io dico
“Ogni cosa a suo tempo, miei fin troppo pazienti lettori”.
Appena due anni dopo, nel 2001 quindi, uscì un altro film targato Warner Bros, intitolato Harry Potter e la pietra filosofale.
La locandina è molto anni ‘80, ricorda parecchio quelle di Guerre Stellari.
"Troppo" dite?
Be', quello è lo stile di Drew Struzan, inventore dello stile “Mufasa all’ennesima potenza” (se non sapete che vuol dire vi siete persi l’episodio #01) e unico in grado di ottenere, grazie ai suoi disegni e all’uso impeccabile di luci e colori, locandine splendide.
Sua la mano dietro alle locandine di Indiana Jones, Ritorno al Futuro, Le ali della libertà, Blade Runner, Hook e non vado oltre perché probabilmente ci sarà un episodio apposta per lui, un giorno.
Ma ho divagato ancora, la domanda era: notate qualcosa nelle tonalità?
Esatto: escluso il nero, blu le ombre, gialle le luci.
Nello stesso anno usciva un altro film, il primo della trilogia de Il Signore degli Anelli.
Di nuovo, tonalità?
Gialle le luci, e nere le ombre.
“E il blu?” direte voi.
Il blu non c’è, è vero, ma escludendo il nero, il giallo e le varie tonalità di giallo c’è il colore che si ottiene mischiando il blu e il giallo.
Esattamente, intendo proprio il blallo.
E per entrambe le saghe, pur cambiando stile, hanno sempre mantenuto la stessa scelta stilistica con minime variazioni (più una locandina è luminosa, più domineranno le tinte gialle, più è buia più domineranno le tinte blu, meno è contrastata, più si otterrà una tinta verdognola).
E potrei stare qui per ore a elencarvi anno per anno le varie locandine che hanno adottato questa scelta grafica, ma avrete tutto il tempo del mondo per imparare a odiare la mia logorrea, quindi opto per un collage come per lo scorso episodio.
A mio avviso la Warner Bros ha creato questo stereotipo secondo il quale “locandina con quei colori = film di successo”.
Anche perché, come avete potuto notare, qui si trascende dallo stile del poster o il genere stesso della pellicola.
Quindi quando noi ne vediamo uno di quel tipo automaticamente ci ispira, ormai.
Se non ci credete, tenete presente che l’incasso globale dei film in questa immagine ammonta a oltre 31,2 miliardi di dollari.
Quindi sì, in un certo senso noi siamo cani e quelle locandine sono campanelli.
Se la Warner crede in un film e vuole spingerlo, quella è la sua soluzione.
La cosa divertente è che anche altre case produttrici hanno successivamente adottato la stessa strategia, ecco alcuni esempi:
…ma non sempre con un gran successo, direi.
O magari mi sbaglio e non è così, ma l’alternativa al riflesso pavloviano è che un’azienda miliardaria, che fra 5 anni compie un secolo di vita, sia semplicemente… scaramantica.
E francamente mi sembra improbabile.
Qualcuno diceva “la superstizione è il nome con cui gli ignoranti chiamano la propria ignoranza”.
Anche se, a onor del vero, una delle rarissime volte in cui il colosso di Burbank ha deciso di allontanarsi totalmente da quei colori è stata nel 2016.
…dite che ha portato sfortuna?
12 commenti
OldBoy
6 anni fa
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Daniele Besana
6 anni fa
P.s.: Noioso, maccome?! Ora son curioso... 😅
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Rossella
6 anni fa
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ZERO
6 anni fa
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Gianni
6 anni fa
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Drenny
6 anni fa
ps: c'è una storia triste e senza dignità alcuna, dietro questa foto profilo. 😭
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Drenny
6 anni fa
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Drenny
6 anni fa
rilassatezza (che oltretutto contrastano). Però ripeto, è solo il mio modo di vedere la cosa. Magari ci sbagliamo entrambi e sono davvero scaramantici, chissà. 😁
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Drenny
6 anni fa
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ZERO
6 anni fa
Poi boh, non voglio fare lo stronzo che sta lì a criticare, l'articolo è anche interessante, solo che non credo si applichi a così tante locandine come indicato...
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George Nadir
6 anni fa
Anche se siamo una minoranza.
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Lu
6 anni fa
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