#AnimalinelCinema
Enemy, di Denis Villeneuve, con Jake Gyllenhaal, Mélanie Laurent, Isabella Rossellini e Sarah Godon: il film più criptico del regista più versatile degli ultimi anni, che ora proverò a decifrare.
La pellicola è tratta da L'uomo duplicato, romanzo pubblicato nel 2002 dal Premio Nobel per la Letteratura José Saramago.
Non credo che tentare di sviscerare Enemy sia una colpa, alla luce dell’incipit del film:
“Chaos is order yet undeciphered”
[Il caos è ordine non ancora decifrato]
Strizzando l’occhio, ma allontanandosi con assoluta decisione dall’approccio onirico-lynchano, il regista canadese pare dirci in Enemy che non solo possiamo provare ad azzardare teorie, bensì che è nostro preciso dovere farlo.
Ci offre anche un simbolo ricorrente, che è la nostra mappa in questa caccia al tesoro - una caccia all’uomo? Una caccia alla verità? - cioè il ragno.
In una delle prime scene di Enemy l'aracnide appare letteralmente servito su un piatto d’argento, in un esclusivo sex club di kubrickiana memoria, come se venisse offerto in consegna a noi spettatori come chiave di volta per la risoluzione del caso.
Entriamo nella vita di Adam, professore di Storia alle prese con una disarmante depressione, interpretato da un Jake Gyllenhaal in stato di grazia.
Riassumo brevissimamente la trama: il prof scoprirà di avere una sorta di “gemello” - Anthony, anch’esso ovviamente interpretato da Gyllenhaal - con velleità attoriali.
Diverse frasi, con un minimo di attenzione, ci dicono esplicitamente che non esiste nessun gemello e che si tratta “solo” delle turbe psichiche del protagonista, o del suo doppelgänger.
Cosa ha portato però Anthony/Adam a queste turbe?
Per decifrare il caos di Enemy è necessario analizzare il simbolo del ragno.
Sono diverse le scene in cui appare.
Nel sex club, negli incubi di Anthony, come un enorme mostro che invade una silenziosa e angosciante Toronto, nella conturbante e decisamente inquietantissima scena finale e addirittura nello schema esplicativo alle spalle di Adam durante una lezione.
Anche la ragnatela, seppur meno appariscente, è un simbolo ricorrente in Enemy e si può ritrovare tra le crepe dei finestrini e tra i fili della linea tramviaria.
Per il Cristianesimo il ragno è uno dei simboli del Male tentatore, che intrappola senza via di scampo nella morsa del peccato: un significato di questo tipo è associabile nel film alle scene erotiche, numerose ed angoscianti.
Il bestiario medievale lo identifica addirittura con l’immagine del diavolo oppure con l'allegoria della lussuria: esistono gioielli in cui il ragno al centro della tela è sostituito da una donna nuda, come simbolo della femmina che vuole uccidere il maschio subdolamente attraverso i piaceri della carne.
Nelle culture più antiche, dalle Parche dell’Antica Grecia alla mitologia degli Indiani d’America passando per Neth la dea tessitrice egizia, il destino è spesso legato alla tessitura e quindi all’animale tessitore per eccellenza.
Un destino che in Enemy è destinato a ripetersi a discapito della volontà; Adam spiega alla sua classe come sia auspicabile la ripetizione degli eventi in secoli consecutivi.
Allo stesso modo è auspicabile il suo ritorno ad Anthony (o per Anthony il ritorno ad Adam) ed è prevedibile un ciclo di tradimenti, che trascende dalla consapevolezza della memoria.
Spiccando il volo passiamo su tutt’altro fronte, cioè quello psicoanalitico: il ragno è spesso collegato alla simbologia femminile.
Per Sigmund Freud, ad esempio, il ragno è la madre, colei che l’uomo deve schiacciare per liberare la propria sessualità.
In Enemy ci sono due madri: la moglie di Anthony, che è incinta, e la madre di Adam, la donna che smaschera definitivamente la coincidenza tra le loro identità.
La scena del grande ragno che sovrasta la città è ispirata a Maman, celebre statua di Louise Bourgeois, opera che ha fatto il giro dei più importanti musei del mondo tra cui anche la National Gallery di Ottawa e che rappresenta un ragno con una sacca contenente la bellezza di ventisei uova.
[Maman, Louise Bourgeois (1999)]
A proposito del richiamo all’arte presente in Enemy va citato anche Il ragno che sorride di Odilon Redon (1881), ispiratore della poetica surrealista: il corpo della bestia è identificabile con dei.. peli pubici.
La maternità dunque è animalesca e incatena l’uomo che, nel progetto della vita, si sente inerme; l’uomo che è incantato ed eccitato dal femminile ma ne è anche inquietato, ne è dipendente ma allo stesso tempo se ne vuole liberare.
[L'araignée, elle sourit, les yeux levés, Odilon Redon (1881)]
Il ragno è l'incubo minuto che si insinua dentro di noi e che non possiamo acchiappare.
Non lo vediamo, tesse nell'ombra.
Come nelle notti oscure descritte dai The Cure in Lullaby (1989).
Enemy è un film cervellotico sul subconscio di un uomo che decide di lasciare la sua amante per tornare da sua moglie.
È l'ultima opera del regista in Canada, la sua terra natìa, prima di venire definitivamente consacrato a Hollywood, l'ultimo tassello del suo percorso autoriale indipendente prima di offrire il suo enorme talento all'industria statunitense.
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