#Goodnight&Goodluck
The Fake è una perla.
Quante volte ci è capitato di guardare un film con protagonista un losco figuro? Cattivo, ma in fondo non troppo? Probabilmente la risposta sarà: "abbastanza".
Per qualche strano meccanismo però, nella quasi totalità dei casi, ci ritroviamo a parteggiare per il protagonista: non importa quanto corrotto o fetido sia, alla fine la nostra empatia ci guiderà verso di lui, arrivando quindi a tifare per la canaglia di turno.
Perché tra le pieghe del suo odio e della sua malvagità si intravvederanno dei leggeri bagliori che indicano una voglia di redenzione o, quantomeno, qualche attenuante ed è qui che, spesso, il Cinema è bugiardo.
Ci frega.
Proprio per questo i film che ci colpiscono di più nella loro cruda e semplice realtà sono come il Tirannosauro di Paddy Considine.
I mostri quotidiani di Michael Haneke, i tragicomici (e idioti) perdenti di Mario Monicelli, tutti quegli universi cinematografici costellati da lerci ubriaconi senza un perché, assassini improvvisati privi di movente, generici squilibrati e stupidi che si credono furbi.
Eccoci alla perlina asiatica di questa notte.
[Il trailer di The Fake]
Un paesino nelle vicinanze di Seul, Corea del Sud, sta per essere sommerso definitivamente a causa della costruzione di una diga.
La gente del posto viene intanto irretita da un losco uomo d'affari e da un giovane prete che - apparentemente - è in grado di compiere miracoli.
Ovviamente è tutto fasullo: si tratta di una grossa truffa per allocchi atta a portar via anche l'ultimo centesimo ai poveri paesanotti disperati, disposti a impegnare ogni loro avere per donazioni/indulgenze che consentano loro di avere un posto alla destra del Padre.
[Un frame da The Fake]
In The Fake lo spettatore segue le vicende del villaggio/congrega attraverso gli occhi del reietto del paese.
Un viscido pezzo di merda che picchia la moglie e la figlia, rubando loro tutti i risparmi e impedendo alla ragazzina di andare all'università per berseli al bar.
Curiosamente sarà lui a capire le mire truffaldine dei falsi uomini di chiesa, cercando in seguito di eliminare l'uomo d'affari che ha architettato il tutto.
Elemento ancor più curioso: non lo farà per un senso di giustizia per lui inesistente, per una morale che non ha o per difendere i suoi compaesani che lo odiano (ovviamente ricambiati).
Non per se stesso o per la famiglia: lo farà solo perché è un cane rabbioso.
[Un frame da The Fake]
L'imputridimento della morale comune, l'onestà disarmante e nichilista con cui sono dipinti gli esseri umani all'interno del film non sono il fulcro della faccenda.
In The Fake c'è di più: c'è la religione vista come il più classico oppio dei popoli, se non peggio.
Il 'credo' è solamente una malattia, un virus purulento che infesta le menti degli sprovveduti, pronti a prostrarsi persino di fronte ai criminali e a farsi polverizzare in cambio della favoletta sul regno dei cieli.
Capaci di negare l'evidenza pur di avere il proprio tornaconto e a pagare fino all'ultimo Won pur di fottere il posto in paradiso del proprio vicino di casa.
C'è anche la reiterata critica alle istituzioni: in questo caso le forze dell'ordine, composte da ottusi e svogliati omuncoli incapaci.
[Un frame da The Fake]
The Fake, scritto e diretto da Yeon Sang-ho, ci trascina in un mondo terribile e oscuro, senza via di fuga, dove non ci è concesso neppure parteggiare per il protagonista.
Cinema vero, realistico, efferato. Solo per chi non ha il cuore tenero.
- The Fake (사이비), di Yeon Sang-ho, 2013