#Goodnight&Goodluck
Buonanotte, amici della notte; va bene, lo ammetto: sono un babbeo.
Dopo aver passato diverso tempo a leggere passivamente commenti sbrodolanti amore e cuoricini nel magico mondo dell'internétte, qualche tempo fa, anche io mi sono follemente invaghito di quel genio di Sion Sono.
"Meglio tardi che mai", direte voi.
Il primo film del regista/poeta nipponico è stato come il tappo della vasca da bagno: tiri la catenella e… 'POP!’
L’acqua comincia a turbinare giù per lo scarico.
Allora vai di film, uno tira l’altro, come le ciliegie, con il rischio di non fermarsi mai.
I ‘Fuck Bombers’ sono un gruppo di quattro ragazzi appassionati di cinema, capitanati da Hirata, giovane - ed entusiasta - regista in erba.
Michiko è una ex bambina-immagine diventata famosa per uno spot di un dentifricio, figlia di un temibile boss yakuza che si trova nel bel mezzo di una guerra fra gang.
Koji è un ragazzetto che si innamora di Michiko vedendola esibirsi nel suo celeberrimo spot.
Come spesso accade nei film di Sion Sono, le storie dei personaggi si intrecceranno in un vortice delirante di colori, musiche, bagni di sangue, richiami cinematografici e situazioni assurde.
Già dall’apertura del film, con un tema musicale incalzante che sbrodola amore per Quentin Tarantino e gli spaghetti western, il regista di Toyokawa ci immerge in un pastiche di generi e stili che passa rapidamente da un j-pop ultracolorato all'esposizione di quadri molto più sobri, accompagnati addirittura della settima sinfonia di Ludwig van Beethoven.
Sbalzi mica da ridere.
Why don’t you play in hell? è una delle dichiarazioni d’amore al Xinema più interessanti, multitonali e variopinte degli ultimi anni.
Un’esplosione di colpi di katana, carrellate di macchina da presa e mosaici cinematografici.
Il Cinema che guarda il Cinema, una situazione dove l’obiettivo della macchina da presa non è altro che uno spioncino su un mondo fittizio e immaginifico, dove ogni cosa è volutamente e palesemente fasulla.
A partire dalla maglietta del nostro giovane e determinato regista, Hirata, sulla quale campeggia la scritta ‘Cannes’ ma che mostra - sornionamente - la famosa statuetta dorata degli Oscar, fino alla stessa struttura narrativa del film.
Quella di Sion Sono è una mente brillante, plastica e distorta, apparentemente senza limiti.
La capacità del regista nipponico di salterellare con agilità dal dramma alla commedia - utilizzando i tratti marcati e angosciosi del j’accuse sociale o quelli più leggeri della comicità popolare - è semplicemente sbalorditiva.
Anche perché, spesso, il tutto avviene nella stessa pellicola.
Fondamentalmente, è un regista di cui si parla - e si distribuisce - troppo poco.
- Why Don't You Play in Hell? (地獄でなぜ悪い), di Sion Sono, 2013
Pronti per un viaggio nella folle mente di uno dei cineasti più validi in circolazione?
Buonanotte, hikikomori!
1 commento
Adriano Meis
6 anni fa
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