Dopo averci spiegato le cause della crisi economica mondiale ne La Grande Scommessa, Adam McKay ci racconta in Vice - L'uomo nell'ombra l'ascesa del più importante vice presidente degli Stati Uniti:...
Dopo averci spiegato le cause della crisi economica mondiale ne La Grande Scommessa, Adam McKay ci racconta in Vice - L'uomo nell'ombra l'ascesa del più importante vice presidente degli Stati Uniti: Dick Cheney.
Un uomo che, come dice il titolo italiano, ha lavorato dietro le spalle di George W. Bush e che aveva il reale controllo della politica americana durante il doppio mandato presidenziale dal 2001 al 2009.
Il film non fa sconti e la posizione in merito del regista, anche sceneggiatore, è chiara ed evidente.
Cheney viene descritto come un uomo senza nessun tipo di scrupolo, spietato e deciso, che parte dalle risse al bar da ragazzo e in pochi anni arriva a muovere i fili della Casa Bianca.
Uno degli aspetti più attesi del film è senza dubbio la prova degli attori, e la cosa lascia senza parole.
La trasformazione di Christian Bale questa volta non è solo fisica: l'attore ha preso 20 chili per il personaggio, si è rapato la testa e ossigenato le sopracciglia.
Ma, lavorando con dei coach dedicati, ha imparato a muoversi come Cheney, a sedersi come Cheney, a tenere il collo come Cheney, a parlare come Cheney.
L'attore fa un grandissimo lavoro nella camminata e nella postura, nei tic e nelle pause, trasformando non solo il corpo ma anche la voce e l'accento.
Dopo pochi minuti di film, Christian Bale sparisce e letteralmente diventa Dick Cheney: quello sguardo glaciale e quel sorriso storto che tutto il mondo conosce.
L'uomo che secondo Adam McKay quel terribile 11 settembre 2001 non provò terrore, né spaesamento, né paura, né ansia, ma vide un'opportunità.
Vice - L'uomo nell'ombra è impreziosito non solo da una prova eccezionale di Bale, che personalmente vedo lanciatissimo verso la vittoria dell'Oscar a febbraio, ma di tutto il cast.
Amy Adams nei panni della moglie Lynn, Steve Carell in quelli di Donald Rumsfeld e Sam Rockwell nei panni di George W. Bush si sfidano a chi è più aderente alla realtà, a chi fa più suo il personaggio, e si percepisce che alcune delle battute recitate siano frutto dell'improvvisazione - abitudine questa sui set di McKay - ma che restano perfettamente in character.
La Adams regala l'ennesima interpretazione memorabile: Lynn è il motore delle azioni di Cheney, è lei la vera arrivista, conscia dei limiti che la società impone alle donne sposta la sua ambizione sul marito e lo spinge a essere qualcosa di più di un amante dell'alcol e delle risse.
E quando lui è impossibilitato a muoversi per la propria campagna elettorale sarà lei a sostituirlo in prima persona.
La sceneggiatura di McKay scorre via una meraviglia: esattamente come nel suo precedente La Grande Scommessa riesce a farci capire, sorridendo, cose complicate e serissime e nel percorso ci aiuta anche qui la presenza di un narratore esterno (Jesse Plemons) il cui ruolo, che non svelo perché sarebbe uno spoiler, è una delle più gustose trovate di tutta la pellicola.
In Vice - L'uomo nell'ombra si riesce anche a ridere, e parecchio.
Si ride per le battute, per le situazioni e per le idee di un regista che sta dimostrando di avere ormai raggiunto uno stile personale e originale, e dove il montaggio mescola passato, presente e futuro, immagini di repertorio, riprese cinematografiche ed ecografie in una giostra visiva che ha più di un'intuizione che va oltre la commedia e sfocia quasi nel vero e proprio film comico.
Si ride, ma sempre con la consapevolezza di quanto abbiano plasmato il pianeta le decisioni delle persone che vediamo sullo schermo.
il film di McKay fa luce sull'uomo che ha realmente governato il più potente paese del pianeta nel periodo post-seconda guerra mondiale più delicato in assoluto.
La guerra globale al terrorismo, la perdita di ogni tipo di privacy in nome del controllo, la gestione della politica estera e gli interventi militari in Medio Oriente.
Le famose armi di distruzione di massa, Saddam Hussein, Osama Bin Laden, l'ISIS.
C'è un momento che spiega benissimo i personaggi e la posizione di McKay:
"Noi in cosa crediamo?"
Chiede a Rumsfeld un giovane Cheney, quando ha appena iniziato a lavorare alla Casa Bianca e vuole farsi un'idea di come dovrà muoversi.
Donald Rumsfeld (Steve Carell) esplode a ridere, per poi chiudergli la porta in faccia e continuare a ridere a crepapelle nel suo ufficio.
E la cosa assume pienezza se la si aggiunge alla risposta data da Cheney poco prima a un collega stagista: dovendo dire se sta con i democratici o con i repubblicani, chiede a quale fazione appartenga Rumsfeld, che ha appena parlato alla sala dei giovani aspiranti lavoratori per il governo.
Rumsfeld è repubblicano, quindi Cheney risponde che sì: è sempre stato repubblicano anche lui.
Non importa quindi in cosa si creda e non importa nemmeno se si creda in qualcosa: la politica americana è vista semplicemente come un modo di arrivare in alto, di muovere quelle leve che nessun altro può muovere.
Ma l'assurdità di tutto ciò è che neanche questo apice è motivato da un qualcosa, che sia un ideale o un'ambizione: si ambisce al potere per il puro piacere di averlo raggiunto, senza secondi fini.
Il controllo totale sul prossimo è da ottenere non perché porta a compiere scelte, ma perché in questo modo non sarà il prossimo a controllare te.
Il dialogo tra Cheney (Christian Bale) e Bush (Sam Rockwell) quando quest'ultimo vuole proporgli la vice presidenza alla vigilia della sua candidatura come Presidente è qualcosa di indimenticabile.
Difficile che le cose siano andate davvero come mostra il film, ma è certo che i risultati siano stati esattamente quelli: un Presidente burattino che non ha idea di chi abbia davanti, e un Cheney inizialmente riluttante che appena compreso chi sia davvero il suo interlocutore se lo rivolta come niente, fino ad arrivare a essere esplicito e diretto, sapendo che otterrà ciò che vuole.
La critica di McKay alla politica di Bush e Cheney è lampante dalla prima all'ultima inquadratura, e non è dato sapere - per ora - cosa ne pensino i diretti interessati di questo ritratto così implacabile, dove le figure delle persone più importanti e influenti del mondo vengono messe a nudo per quello che sono.
Persone che in nome dell'interesse personale, volto non tanto ad accumulare ricchezza quanto a scalare la montagna del potere assoluto, sono pronte a camminare anche sopra gli aspetti più intimi della propria famiglia.
A rinnegare le scelte di una figlia appoggiate in precedenza, perché in pubblico non sta bene mostrare di pensarla così.
A spingere per decisioni che creeranno disastri economici, povertà, disoccupazione e disperazione, perché i pochi amici staranno meglio e chi se ne fotte degli altri.
A decidere cose importanti e fondamentali solo perché si può fare a differenza degli altri a cui non sono concesse.
"Vice" in inglese non ha solo il senso che ha anche in italiano, e che definisce la carica di Dick Cheney, ma significa vizio.
E non penso che la scelta del titolo sia casuale.
"Metà delle persone presenti in questa stanza vorrebbe essere noi, l'altra metà ha paura di noi"
Questo dice Lynn Cheney (Amy Adams) al marito, in una serata di gala vicina a una data importante.
Ed è lì che si vede sul suo volto la soddisfazione più grande, la sensazione di essere finalmente arrivata dove voleva.
Mentre cammina sotto braccio al marito e insieme attraversano un salone, guardandosi intorno come squali in un acquario, come degli alligatori che silenziosamente aspettano di partire all'attacco della preda e terminarla, senza che nessuno si accorga che erano lì nascosti.
Nell'ombra.
Angela
5 anni fa
però una cosa triste è che vedevo in sala gente che letteralmente dormiva...
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Niccolò Giannini
5 anni fa
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ThePoleMan
5 anni fa
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Simone Frabetti
5 anni fa
Un film che regala fino alla fine, quando il disprezzo per chi si alza al primo titolo di coda è stato sovrastato dalla curiosità per le esce da pesca accostate ai nomi degli attori: l'esca di Amy Adams l'ho percepita come un cavallo, un cavallo che traina il marito in questo caso, Steve Carell ha un ciuffo bianco e l'ho interpretato come l'immagine dell'età del mentore... O forse sono trip miei.
Unica cosa è che se si è un pochino arrugginiti in materia magari un ripassino prima non fa male.
Argomento da film mattone che risulta però godibilissimo.
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