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Terza e ultima parte di questa incredibile intervista: non perdetevi la Parte 1 e la Parte 2 prima di proseguire!
Mel Brooks esplora il rapporto con sua moglie Anne Bancroft, parla dei suoi film, delle sue idee sulla vita e sulla morte e di come vede il sesso!
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[Un pezzo della prima pagina dell’intervista a Mel Brooks su Playboy]
Playboy:
Come hai conosciuto Anne Bancroft?
Mel Brooks:
Anne Bancroft? Mai sentita nominare.
Playboy:
Attrice famosa, bellezza del palcoscenico e dello schermo.
Star di Anna dei Miracoli, La Ragazza del Quartiere, Frenesia del Piacere, presente nella prossima versione cinematografica di Prigioniero della Seconda Strada…
Sposata con un certo comico ebreo.
Mel Brooks:
Oh, quella Anne Bancroft.
Sì, sono un grande fan sia di lei sia del marito. Quando l'ho incontrata? Torniamo al 5 febbraio 1961, alle quattro del pomeriggio.
Andai alle prove di uno speciale di Perry Como, ed eccola lì, che cantava in un bellissimo abito bianco.
Curiosamente stava cantando “Married I Can Always Get” e quando finì la canzone mi sono alzato e ho applaudito fortissimo in questo teatro vuoto.
"Brava" gridai. "Fantastica!"
Poi mi precipitai lungo la navata e salii sul palco.
"Ciao", dissi, "Sono Mel Brooks." Ero davvero un ragazzo invadente.
E le ho stretto la mano, lei fece un sorriso e rise.
Comunque, disse che stava andando all'ufficio di William Morris per vedere il suo agente, così le dissi, "Oh, guarda caso ci sto andando anche io!"
Grossa bugia. "Prendiamo un taxi insieme." FIIIIIIIIIIIT!
Feci sfoggio del mio classico fischio newyorkese.
Si fermò un taxi. Successivamente mi disse che la impressionai.
Siamo andati nell'ufficio del suo agente.
Le dissi "Non ho ancora visto Anna dei Miracoli, ma ho sentito dire che è fantastico."
Mi disse "Vuoi che lo faccia per te?"
Le dissi "Tutta la commedia?"
Rispose "Sì."
Ovviamente anch'io le piacevo. Be’, fece l'intera commedia!
Una versione di un'ora proprio lì in ufficio! La scena di lotta e tutto il resto.
E poi - Auaaaa! Auaaaa! Le urla alla fine, i secchi d'acqua, fece tutto. Ero sul pavimento. Ero in lacrime, urlavo dalle risate, stupefatto.
L'ho chiamata più e più volte quella notte.
Non c'era.
Il giorno dopo la chiamai di nuovo e andai da lei con il mio vinile e ci sedemmo per sei ore in soggiorno e parlammo. Quella notte sarebbe andata al Village Vanguard. Ho fatto in modo di essere lì. Poi andai a una festa di chiusura per Anna dei Miracoli.
Tutti erano pazzi di lei. Anche io.
La amavo davvero. Mi innamorai.
Non mi innamoravo così da quando ero uno scolaretto. Era semplicemente radiosa e bella e quando parlavamo capivo quanto fosse brillante. E il suo umorismo!
Le chiesi degli appuntamenti e disse che pochissimi uomini le avevano chiesto di uscire. E capii che un uomo doveva essere abbastanza sicuro di sé, perché era una persona piuttosto illustre. I classici uomini che vogliono fare gli sbruffoni e vogliono starle al passo non ce la farebbero mai a gestirla.
È una donna molto difficile da dominare se ti piace fare il Mr. Maschio. Ma io non ero interessato a dominare.
Così abbiamo iniziato ad uscire e le dissi,
"Ok, sei molto brillante. Sarai la mia ragazza dei film stranieri.
Andremo a vedere film stranieri insieme."
Andavamo al Thalia perché costava 99 centesimi, e a dozzine di sessioni di registrazione. Tutto quello che riuscivo a permettermi allora erano sessioni di registrazione. A volte mangiavamo a Chinatown per un dollaro e venticinque.
Camminavamo, ci tenevamo per mano. L'ho vista ogni giorno. Cucinava molto, per risparmiare. Ottima cuoca.
Parmigiana di melanzane e lasagne, meravigliosi piatti italiani. Dopo un po', non siamo più usciti con altre persone.
Non perché dicemmo "Facciamo coppia fissa", ma perché nessun altro era affascinante ai nostri occhi quanto lo eravamo l’uno per l’altra.
Alla fine, ottenni un paio di comparsate su degli spettacoli televisivi.
Uno era lo show di Andy Williams, l’altro uno show di Jerry Lewis. Poi il vinile cominciò a salvarmi la vita.
Ma è stato Get Smart!, una serie televisiva che ho fatto con Buck Henry, che ci ha permesso di sposarci.
[Anne Bancroft e Mel Brooks]
Playboy:
È stato difficile chiederglielo?
Mel Brooks:
Non l'ho mai fatto. Stavamo facendo un giro a Fire Island e mia madre era venuta a farci visita, e anche i suoi genitori. Siamo stati in camere separate, nonostante fossimo nella stessa casa.
Non sembrava carino agli occhi dei genitori.
Così improvvisamente Annie disse "Perché non ci sposiamo? Sarà molto più facile per la gente affrontare la nostra relazione."
E io dissi "Oh, assolutamente. Bene."
Quasi svenne. Poi fu presa dal panico
"Be’, non so se voglio farlo - sposarmi per davvero".
Era stata già sposata anche lei e non era andata bene.
Comunque, ci sposammo nel 1964, all'ora di pranzo. Fu una cerimonia civile. Annie è italiana e io sono ebreo. Siamo stati sposati da un presbiteriano.
C'era un ragazzo nero che aspettava nell'anticamera e gli ho chiesto se volesse darci il suo appoggio.
Il suo nome era Andrew Boone.
Non aveva idea che Mel Brooks stesse per sposare Anne Bancroft, perché il suo vero cognome da nubile è “Italiano” e si è sposata con quel nome. Non avevo nemmeno una fede nuziale per lei.
Annie aveva un vecchio orecchino. Era fatto di argento molto sottile, pieghevole, sembrava un pezzo di filo.
L’ho attorcigliato e gliel’ho messo.
L'impiegato non ne fu contento; gli piacevano anelli classici.
Dopo dovetti tornare al lavoro e quella sera sono andato nel suo appartamento per la cena di nozze. Annie mi ha fatto gli spaghetti.
È stato fantastico. Solo io e lei.
Ed è così anche oggi.
Mia moglie è la mia migliore amica, e non riesco a pensare a nessun’altra con cui vorrei stare o chiacchierare. Viviamo qui in California ora, in un posto straniero, quindi abbiamo bisogno l'uno dell'altro ancor di più.
Siamo ancora più vicini. Abbiamo un sacco di litigi, voglio dire siamo sposati, giusto?
Ma per me non c’è altro.
Playboy:
Avete una vita sociale attiva?
Mel Brooks:
Solo nei weekend, e comunque non troppo.
Durante le notti settimanali stiamo tranquillamente a casa a pensare di come liberarci di tutti questi Raisinets.
A volte facciamo un po’ di jai alai in soggiorno con la guava al posto delle palle e pellicani vivi al posto dei cestini.
Playboy:
E poi a letto?
Mel Brooks:
A New York ci andavo alle cinque del mattino.
In California mi addormento all’una e mezza, due del mattino.
L.A. è una città dormiente. Che dovrei fare la notte? Andare a Wilshire e Hauser boulevard e passeggiare?
A New York me ne sarei andato a Chinatown per mangiare una ciotola di noodles. Avrei chiamato gli amici.
Ci sono 17000 cafés al Village dove ci saremmo fatti un caffè e parlato tutta la notte.
O avremmo fatto due passi giusto per farci un po’ rapinare.
A volte mi piacerebbe davvero vedere un gatto che piscia per strada, qui. Qualcosa di realistico.
Playboy:
A proposito di realtà: non è ora che parliamo di sesso?
Mel Brooks (si alza indignato):
Chiedo scusa. Ci conosciamo appena, e inoltre sono già sposato.
Ci stavi provando?
In ogni caso, non sono a favore dell’incrocio tra razze. Di sesso ne parliamo dopo. Continuiamo a tenere quel ragazzo sul water a sfogliare pagine.
Perché non parliamo di Per favore, non toccate le vecchiette?
[Mel Brooks e Zero Mostel sul set di Per favore, non toccate le vecchiette]
Playboy:
Il tuo primo film, 1967.
Cosa ti ha fatto decidere di entrare nel Cinema?
Mel Brooks:
Mancando il lavoro in televisione, ho dovuto trovare un altro sbocco per la mia brillantezza donatami da Dio.
Anche mentre lavoravo ancora in TV, Paddy Chayefsky mi incoraggiava sempre a scrivere un pezzo più lungo, una commedia o qualcosa del genere.
Pensavo davvero che sarebbe andata così: Clifford Odets, Arthur Miller e Mel Brooks. Il mantello mi sarebbe caduto sulle spalle e l'avrei portato fino a quando un altro giovane ebreo-americano avrebbe preso il sopravvento.
Ma quello che è successo è che da qualche parte negli anni '50, Broadway ha cominciato a ridursi a musical e commedie a cinque personaggi, e ad avere un pubblico la cui intelligenza, gusto o numeri non riuscivo più a prenderli sul serio.
Comunque, me la sono spassata con Broadway.
Per New Faces of '52, una rivista storica, ho fatto una satira su Morte di un Commesso Viaggiatore e sulla regia superpesante di Elia Kazan.
Poi uno spettacolo di cui sono molto orgoglioso, Shinbone Alley, basato sulle storie di Archy e Mehitabel di Don Marquis.
Ho parlato di ingiustizia e ipocrisia sociale. Ero piuttosto brechtiano.
Ma poi, negli anni '50, i grandi film stranieri hanno cominciato ad arrivare.
Roma città aperta di Roberto Rossellini, Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, i film di Federico Fellini, Ingmar Bergman, Akira Kurosawa, la Nouvelle Vague francese.
Il potere e la grandezza di quel mezzo mi si sono rivelati e ho cominciato a pensare al mio futuro come regista.
Sono uscito, ho comprato un berretto e un libro intitolato Come Dirigere un Film.
Playboy:
Come hai fatto a far decollare Per favore, non toccate le vecchiette?
Mel Brooks:
Con 12000 schiavi tedeschi e un sacco di corde.
Ho avuto questa idea su due idioti a Broadway che si sono messi a produrre un flop e truffare i finanziatori, e il flop doveva essere chiamato Primavera per Hitler.
Ho scritto il copione in nove mesi, con l'aiuto della mia segretaria, Betty Olsen.
Poi non mi venne in mente nessuno che potesse dirigerlo. Quindi me ne occupai io.
Ma odiavo l'idea di dirigere, e dopo quattro film la odio ancora di più. Dirigere è un processo terribile e ansioso.
È tutta collaborazione, e se hai un sogno, viene diluito molto velocemente dalla più piccola inettitudine in uno qualsiasi dei tuoi collaboratori.
Dovrebbero aiutarti, ma troppo spesso ti aiutano farti finire nella tomba.
La tua visione non potrà mai raggiungere la perfezione.
Se vuoi fare il regista devi dire "Va bene: abbatto il sogno.
Sarò molto felice se avrò anche solo il 60% della mia visione sullo schermo."
Playboy:
Perché dirigi se non ti piace?
Mel Brooks:
Per legittima difesa. Fondamentalmente, sono uno scrittore.
Sono il proprietario della visione. Solo io so quello che alla fine voglio che accada sullo schermo. Quindi, se hai un'idea preziosa, l'unico modo per proteggerla è di dirigerla.
Playboy:
Come sei arrivato a dirigere Per favore, non toccate le vecchiette?
Mel Brooks:
Andai in tutti i grandi studi con Sidney Glazier, il mio produttore, e dissi "Devo dirigere questo film."
Mi risposero "Per favore, esci di qui prima di farti male".
Infine, qualcuno alla Universal Pictures disse "Puoi dirigerlo, ma deve essere chiamato Primavera per Mussolini. I film sui nazisti sono fuori discussione."
Dissi "Penso che vi sia sfuggito il punto."
Poi incontrai Joseph E. Levine, una persona semplice che veniva dalla strada.
"Pensi di poterlo dirigere?"
"Sì."
"OK."
Gli strinsi la mano. Fatto!
Poi, nel cuore della notte, mi svegliai sudando freddo.
"Stupido! Dovevi proprio aprire ‘sta boccaccia!"
Tutto ciò che avevo diretto era una commedia. In Red Bank, New Jersey. Ma semplicemente vedendo film, fai già un buon affare.
Ho sempre saputo cosa avrei dovuto dire agli attori e come sarebbero dovuti apparire, e ho sempre capito il mondo dello spettacolo.
Cioè, dovrebbero avere una matita in mano o lavarsi i denti o guardare una grondaia quando dicono "ti amo"?
Ero un bambino di strada, mi capitava di dire “Benjy, togli quel dito dal naso. Sembri un’idiota.”
Oppure “Izzie, non essere plebeo. Stira quei lacci di scarpe.”
Sono nato regista.
Playboy:
Hai fatto molti errori da principiante?
Mel Brooks:
Il film stesso.
No, ho fatto cose stupide, però ho avuto un sacco di supporto dal mio aiuto regista, Michael Hertzberg.
Primo giorno sul set, prima scena, i fonici sono pronti, le telecamere sono partite, si suppone che il regista dica “Azione!”
Ma, essendo un po’ nervoso, dissi “STOP!”
Tutti si fermarono e si girarono a guardarmi.
Playboy:
In ogni caso sei stato nei tempi.
Mel Brooks:
E sotto il budget: 941.000 dollari!
Ho vinto un Oscar per la Miglior Sceneggiatura, nel 1968. Pensare che al botteghino il film morì. Ad ogni modo, questo è quello che dice l’ambasciata di Aveo.
Il loro motto è impresso in lettere ebraiche sul muro dell'ufficio.
NOI FACCIAMO SOLDI, TU PROVA E VEDI SE CI RIESCI.
Playboy:
Ma Per favore, non toccate le vecchiette è stato un successo di critica, vero?
Mel Brooks:
Non riesco ancora a crederci. Oggi tutti dicono che Per favore, non toccate le vecchiette è un classico.
Ma all'epoca non si sono mai viste recensioni così vetrioliche.
Che posso dirti? Alcuni critici sono emotivamente essiccati, personalmente attraenti quanto una pesca di un anno nel frigorifero di una ragazza single.
È facile dire che la merda è merda, e andrebbe detto. Ma la vera funzione di un critico dovrebbe essere quella di vedere ciò che c’è di veramente buono e andare fuori di testa quando lo vede.
Playboy:
Se il tuo primo film è stato un fiasco... come hai finanziato Il mistero delle dodici sedie?
Mel Brooks:
In minima parte.
Ho preso 50.000 dollari per scrivere e coprodurre il film e ci sono voluti tre anni per realizzarlo.
Dopo il morso delle tasse ho ricevuto circa la metà dei 50.000 dollari, quindi questo significa che vivevo con 8.000 dollari l'anno e la benevolenza di diverse banche.
Abbiamo girato il film in Jugoslavia, che ci ha fatto risparmiare un sacco di soldi, ma ci ha dato un sacco di mal di testa.
Quando sono andato in Jugoslavia i miei capelli erano neri. Quando tornai, nove mesi dopo, erano grigi.
Davvero.
Per cominciare, il volo per arrivarci è lunghissimo e si atterra in un campo di mais.
Pensano che attutisca l'atterraggio. La prima cosa che ti dicono è che l'acqua è la morte.
L'unica cosa sicura da bere è Kieselavoda, che è un blando lassativo. In nove mesi, ho perso 70 chili.
Di notte non si può fare nulla, perché tutta Belgrado è illuminata da una lampadina da 10 watt, e non si poteva andare da nessuna parte, perché Tito aveva la macchina.
Era una bellezza, una Dodge verde del '38.
E il cibo in Jugoslavia è molto buono o molto cattivo. Un giorno arrivammo sul set in ritardo e affamati e ci hanno servito catene fritte. Quando arrivammo alle nostre camere d'albergo, zanzare grandi come George Foreman ci aspettavano.
Sedute sulle poltrone con le gambe incrociate.
La crew jugoslava fu molto gentile e disponibile, ma bisognava stare attenti. Un giorno, in un attacco di rabbia, lanciai la mia sedia da regista nell'Adriatico.
Improvvisamente ho sentito "Halugchik! Kakdivmyechisnybogdanblostrov!".
Da ogni lato si udirono voci arrabbiate e pugni serrati si sono sollevati.
"I lavoratori," mi informarono, "hanno deciso di fare sciopero!"
"Ma perché?"
"Hai distrutto una sedia del Popolo!"
"Ma è mia! C'è scritto sopra Mel Brooks!"
"In Jugoslavia, tutto è proprietà del Popolo."
Così abbiamo fatto una riunione, versato un sacco di vodka, ci siamo ubriacati, abbiamo iniziato a urlare e cantare e baciarci.
Persone meravigliose!
Se avessero un'altra lampadina da 10 Watt, ci andrei a vivere.
[Mel Brooks sul set de Il mistero delle dodici sedie]
Playboy:
Cos'è successo quando è uscito Il mistero delle dodici sedie?
Mel Brooks:
Il film uscì nell'appartamento di Meyer Roberts a Evanston, Illinois.
Sedici persone parteciparono alla prima mondiale. Meyer stesso non ha potuto partecipare, aveva un appuntamento.
Alla fine, ci presero le impronte digitali e siamo stati schedati dalla polizia. No, scherzo, il film andò abbastanza bene a New York, ma non è riuscito ad attraversare il George Washington Bridge.
Ma ho imparato una cosa: non c'è spazio nel business, in questo momento, per un piccolo film speciale. O li colpisci in testa o stai a casa col canarino.
Playboy:
E Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco è stato progettato per colpirli in testa.
Mel Brooks:
No, in realtà è stato creato come un piccolo film esoterico.
L'abbiamo scritto per un paio di tipi strani in galleria. Per i radicali, i cinefili, gente che scrive sulle pareti del bagno - il tipo di persone che apprezzo.
Non avevo idea che l'America centrale lo avrebbe visto.
Cosa ci avrebbe mai potuto vedere un tipo che parla di pane bianco, Ford Station Wagon bianche e frappè alla vaniglia il venerdì sera, in quella baracconata?
Playboy:
Come ti è venuto in mente Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco?
Mel Brooks:
È una storia interessante, non credo che te la racconterò. Posso farti interessare a dei Raisinet? No?
Forse ti piacerebbe una Volkswagen ricoperta di cioccolato? Ce l’hai un dollaro?
Odio rispondere gratis alle domande.
(Accetta un dollaro)
Grazie. Per altri due ti vendo la mia maglietta.
Vedi questo piccolo alligatore disegnato sulla tasca? Secondo me alle Everglades ci sono alligatori con magliette che hanno sulle tasche piccoli ebrei.
Stavamo parlando di Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco.
È stata un'idea di Andy Bergman. Ha mandato alla Warner Bros una bozza di una sceneggiatura chiamata Tex-X.
Ciò che mi ha colpito è stata la possibilità di vedere un moderno uomo di colore che arriva nel tradizionale West. Poi ho capito che allo stesso tempo potevo prendere in giro i western e l'Occidente.
Così ho chiamato Bergman e ho detto "Ti dispiace se depredo il tuo copione?"
E lui rispose "Certo, posso aiutarti?"
David Brown alla Warner mi ha chiamato e gli ho detto che volevo scriverlo nel modo in cui abbiamo scritto Your Show of Shows: chiudere in una stanza un gruppo di strambi e uscirne con un grande copione.
Abbiamo chiamato Norman Steinberg e Alan Uger, una squadra di comici ebrei, e Richard Pryor, un nero dall’immaginazione outré.
Poi abbiamo acceso il registratore e iniziato a dire cazzate. Pryor ha scritto le battute ebraiche, gli ebrei hanno scritto le battute sui neri.
Nove mesi dopo, avevamo finito il copione.
Playboy:
Che hai prontamente strappato e-
Mel Brooks:
Neanche per sogno! Un sacco di critici dissero che il film era caotico - scuola di recitazione “lavello della cucina”.
Non è vero: ogni scena e quasi ogni dannata frase del film erano nella sceneggiatura, anche le scoregge erano nella sceneggiatura. Era caos calcolato.
Quello che molte persone ancora non capiscono di me è che sono un maniaco molto ben addestrato.
Fare un film è come fare un viaggio nell'oceano, e la sceneggiatura è la tua nave.
Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco è stata una commedia rivoluzionaria. Ha portato il pubblico in un territorio che la commedia cinematografica non aveva mai visto prima - il tipo di satira e di volgarità - alcuni critici si sono sentiti confusi e disorientati, quindi hanno pensato che siccome loro erano confusi, lo fossimo anche noi.
Non lo eravamo.
Playboy:
Qual era lo scopo della volgarità, la scena delle scoregge, per esempio?
Mel Brooks:
Le scoregge erano lo scopo della scena delle scoregge.
Nella vita reale, le persone scoreggiano, giusto? Nei film, le persone no.
Perché no?
Quando ero al liceo, conoscevo un ragazzo, non dirò il suo nome - Robert Weinstein - che quando ne mollava una potevi entrarci dentro e guidarla, ecco quant’era solida.
Ma prima di Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco l'America non aveva fatto i conti con la scoreggia. Non si è mai visto un filo di vento tra le praterie di un film di Ken Maynard. In ogni film di cowboy, i cowboy si siedono intorno al fuoco e mangiano 140.000 fagioli, e non si sente mai un rutto, figuriamoci una scoreggia.
Per 75 anni questi bruti pelosi si sono presi a pugni in faccia e si sono riempiti di buchi con sei pistole ma, in tutto questo tempo, nessuno ha avuto il coraggio di fare una scoreggia.
Penso che sia divertente.
Penso che la scena delle scoreggie in Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco sia divertente, perché le scoregge nel nostro mondo sono divertenti.
Le scoregge sono una minoranza repressa. La bocca dice un sacco di cose, perché l’altro posto dovrebbe tacere?
Forse là sotto hanno qualcosa di interessante da dire.
Forse dovremmo ascoltarli. Le scoregge sono umane, più umane di molte persone che conosco.
Penso che dovremmo portarli fuori dal gabinetto fino al salotto, ed è quello che ho fatto con Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco.
Playboy:
Alla fine della scena delle scoregge il personaggio chiamato Mongo, il super-bruto che più tardi mette fuori gioco un cavallo con un pugno, mangia un boccone enorme di fagioli, ma non scoreggia mai.
Pensa che picco sarebbe stato.
Mel Brooks:
Ti prego.
Quello sarebbe stato cattivo gusto.
[Mel Brooks mentre dirige Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco]
Playboy:
Oh. C'è qualcosa che è stato tagliato nell'interesse del buon gusto?
Mel Brooks:
Sì: una scena tra Cleavon Little, lo sceriffo nero, e Madeline Kahn.
La scena si svolge al buio.
"È vero quello che si dice", Madeline gli chiede seducente, "su quelli come te?"
Poi si sente una cerniera.
Poi si sente dire "Oh! È vero! È vero! È vero!"
Fino a qui è stato tenuto nel film, ma poi arriva la battuta che abbiamo tagliato: Cleavon che dice "Mi scusi, signora. Non vorrei deluderla, ma mi sta succhiando il braccio."
Playboy:
Perché usi la parola “merda” così spesso in Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco?
Non è un modo un po’ becero di ottenere risate?
Mel Brooks:
Non ho niente contro le battute becere, se funzionano. Divertente vuol dire soldi.
“Merda” mette un po’ di pepe.
Li fa sciogliere e aiuta la prossima risata. E le imprecazioni più fantasiose sono ancora ottime per creare una grande risata.
In Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco abbiamo un sussulto e poi una risata tremenda quando il predicatore alza gli occhi al cielo e dice “Oh, Signore! Riusciremo a compiere questa grande impresa in una notte? O stiamo solo cazzeggiando?”
Playboy:
Cos’è successo quando hai mostrato Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco in anteprima?
Mel Brooks:
Il disastro!
Lo abbiamo mostrato prima ai capi dello studio. Dieci di loro in una piccola sala di proiezione.
Ora, la prima grande battuta del film arriva quando il cowboy bianco dice "Che ne dite di una bella canzone da lavoro dei vecchi negri?"
E la banda dei lavoratori neri, come un sol uomo, inizia a cantare in uno stile sofisticato "I get no kick from champaaaagne..."
È una battuta bellissima.
Ma nella sala di proiezione, nulla. Gornisht! Neanche una risatina.
Dissi "Siamo appena entrati nella cabina 4C sul Titanic!"
I successivi 90 minuti sono stati un casino senza risate. Quando le luci si sono accese avevo due chiazze di sudore delle dimensioni del Rhode Island sotto le braccia.
Due anni della mia vita spesi a creare un film che era un disastro!
Mi sono detto "Questo è il momento peggiore della mia vita. Il mio talento e il mio giudizio sono spariti!"
Sono tornato in sala montaggio e mi sono seduto per 20 minuti.
Poi Mike Hertzberg disse "Abbiamo prenotato una proiezione pubblica per stasera."
Gli dissi "Annullala!"
Mike disse "No! Invita più gente. Lascia che lo vedano le persone normali. Solo allora sapremo."
Così, alle otto di quella sera il posto era pieno.
240 persone nella sala di proiezione, molti erano seduti sul pavimento.
Prima grande battuta: “I get no kick from champaaaagne...”
I bambini furono lanciati per aria.
Le risate più grosse che abbia mai sentito al cinema, urla a non finire.
La sera seguente, una grande anteprima a Westwood.
Sono impazziti. Più persone riunivi a vedere il film, più le reazioni erano pazze.
Cento persone che ballavano in corridoio; un tizio rideva così forte che non riusciva a respirare, quando è cascato dalla sedia disse a sua moglie “Addio, tesoro, le polizze sono nel cassetto in alto.”
Il film viene trasmesso ancora adesso.
Playboy:
Cos'è successo nella tua vita e alla tua carriera dopo Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco?
Mel Brooks:
Sono diventato John Carradine.
Naso aquilino, faccia lunga e aristocratica, voce profonda e vibrante. Penso mi candiderò per il Senato...
Francamente, sono richiesto ed è fantastico. Posso fare del mio meglio e farlo nelle migliori condizioni.
Ho un contratto per tre film alla Fox che mi dà tutto quello che voglio.
Playboy:
Il che ci porta a Frankenstein Junior.
Ma prima ho un sassolino da togliermi: perché, perché c’è sempre così poco sesso nei tuoi film?
Mel Brooks:
Cosa? Chi? Evitare il sesso?
Oh, quella parola!
A chi sta parlando, signore? Il mio nome è Kaminsky.
Playboy:
In Per favore, non toccate le vecchiette, per esempio, la cosa più vicina al sesso è stata una segretaria svedese con le tette grosse.
Mel Brooks:
Beh, devi ammettere che ci sono andato abbastanza vicino.
Playboy:
E guardando Il mistero delle dodici sedie, si potrebbe pensare che l'Unione Sovietica fosse popolata da 250.000 persone senza ormoni.
Anche in Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco, che ovviamente era inteso come un saturnalia comico, ci sono un sacco di battute anali, ma quasi nessuna battuta sui genitali.
Mel Brooks:
E Lili von Shtupp? Abbiamo quasi chiamato il film She Shtupps to Conquer.
Playboy:
Il sesso tedesco è il meglio che sai fare? Signor Brooks, alcuni dicono che il tuo umorismo è prepuberale.
Cosa ne pensi?
Mel Brooks:
Se posso citare un commediografo di nome Joe Schrank, non riesco a credere al mio apparecchio acustico.
Dico che tra un paio di centinaia di anni i taxi saranno così bassi che dovrai scavalcarli ed entrare dall'altra parte.
Playboy:
Io dico parliamo di Frankenstein Junior.
Mel Brooks:
Ho un'idea migliore. Mi sorprende che tu non me l’abbia chiesto.
Parliamo di sesso! Siete pronti là fuori, tutti voi goy?
Chiudi la porta del bagno! L'ebreo sta per parlare di cose sporche!
A proposito di film porno, il problema è che li guardi fare tutte queste cose selvagge sullo schermo, sei ragazze con le tette grandi e un ragazzo con uno schwanstucker come il Chrysler Building, ti ecciti e ti infastidisci, perché non puoi fare niente.
Mi piacerebbe vedere un film porno, ma fare qualcosa.
Ad esempio, se ci fosse un intervallo nei film sporchi, potresti andare a prendere dei Goobers o Raisinet, per quello che vale.
Dimmi: hai mai considerato le possibilità di un Raisinet come un oggetto sessuale?
Pensa a cosa potresti fare con una tonnellata di Raisinets.
Non sei tentato? No? Incredibile!
Sei impotente?
Playboy:
Siamo appassionati di M&M.
Andando avanti, consideri il sesso una cosa seria o divertente?
Mel Brooks:
Entrambi. Non voglio certo ridere quando sono davvero eccitato.
Ma prima e dopo, sì.
Penso che ci dovrebbero essere un sacco di battute durante i preliminari e un sacco di risate post-coitale.
"Ha-ha, non è stato divertente quando hai fatto cilecca? Che casino! La prossima volta dimmelo che ti do una mano."
Playboy:
Tua madre ha mai parlato di sesso con voi ragazzi?
Mel Brooks:
Mai. Completamente tabù.
Non esisteva il sesso. I bambini arrivavano grazie all’affetto.
Due persone hanno avuto un incredibile attacco di affetto e improvvisamente lì in cucina c’era un bambino a tavola, che mangiava. Meraviglioso! Un miracolo!
Questo finché Morris Steinberg non mi disse come stavano le cose, in seconda media. Il suo naso non fu più lo stesso, perché gli tirai un cazzotto e dissi "Non mia madre! No, signore!"
È stata una cosa difficile da digerire. Ma una volta capita l’antifona, mi sono dato da fare.
La maggior parte del sesso a Brooklyn avveniva nel retro di una Buick; una Ford era troppo piccola per riuscire a muoversi.
E la maggior parte del sesso era petting. E poi nei corridoi.
Sbattersi l’un l'altro in quei corridoi era terribile e dovevi fare attenzione a non schiacciare i campanelli, altrimenti rischiavi che l'intero palazzo urlasse giù per le scale.
Quindi una volta, con una ragazza, siamo saliti fino al tetto.
La mia prima avventura amorosa è avvenuta sul tetto del 365 di South Third Street. E c'era un tipo che stava facendo volare i piccioni e che ci siamo accorti troppo tardi che ci stava guardando.
Era a tarda notte, ma ho sentito - ha-ha-ha - questa piccola risatina.
Che imbarazzo. Ma non è che ci fosse molto sesso tra gli adolescenti. Eravamo timidi ed era tabù.
Ti sposavi e poi facevi sesso.
[Mel Brooks insieme a due delle sue muse dal set di Frankenstein Junior: Madeline Khan e Teri Garr]
Playboy:
Di che anni stai parlando?
Mel Brooks:
Fine anni '30, primi anni '40.
Nei clubrooms tentavamo di toccare le ragazze.
"Ti ha fatto sentire il suo seno?"
"Be’, sì e no."
"Cosa vuoi dire?"
"Be’, l'abbiamo fatto, ma non ci siamo accorti di averlo fatto."
Playboy:
Tutto tranne quello.
Mel Brooks:
In pratica. Non c'è mai stata nessuna zip calata.
Era tutto in pantaloni, vestiti, non ci si è mai mostrati.
Solo un sacco di dolore e tortura, andavi a casa che non eri in grado di camminare, ti dibattevi nel letto, piangendo.
Terribile.
Ed era difficile masturbarsi, perché i tuoi fratelli sono nel tuo stesso letto. Sei tra Bernie e Lenny, e alle quattro del mattino anche Lenny ti sarebbe andato bene!
Playboy:
C'erano perversioni a quei tempi?
Mel Brooks:
Non che io sapessi o sentissi. Niente di trendy o strano o sensazionale come oggi.
È stato emozionante perché eravamo molto giovani, ma era molto semplice. Voglio dire, nessun due ragazzi e una ragazza, niente di tutto questo.
Playboy:
Pensi che il sesso ebraico di oggi sia generalmente molto semplice?
Mel Brooks:
Il sesso statunitense è generalmente molto semplice.
Succede alle 11 del sabato sera. Nelle zone rurali, succede alle nove e succede abbastanza in fretta. Devo alzarmi la mattina dopo, soprattutto se ci sono bambini.
Non può fare rumore e svegliare i bambini.
Non voglio certo che i bambini ci vedano.
Playboy:
Che ne pensi delle ragazze ebree, sono puritane?
Mel Brooks:
La cosa migliore delle ragazze ebree è che sanno riconoscere la vera giada.
No, non mi piacciono le battute su "Cosa vuoi dire, che è morta? Pensavo fosse ebrea!"
Le donne ebree sono molto eccitanti, sessualmente eccitanti come qualsiasi altra donna. Tuttavia, il mio consiglio ad un giovane uomo che sposa una ragazza ebrea sarebbe di tenere presenti almeno tre anni e mezzo di preliminari.
Naturalmente la maggior parte delle ragazze, di qualsiasi gruppo facciano parte, sono sempre abbastanza riservate riguardo il sesso. Di solito non lo fanno subito.
Ma una volta fatto, le donne impazziscono.
Non vogliono farlo, non puoi farglielo fare, non c'è modo che lo facciano, ma una volta fatto, non ti lasciano in pace.
Allora diventa "Ok, Dongiovanni, facciamolo fino a morire!"
Ma i lettori di Playboy penso siano differenti.
Penso che siano single o abbiano sogni da single.
Bar per single, ragazze single, hanno fantasie da sultano, 26 ragazze che vengono verso di loro, urlando e mordendoli.
Nella vita reale, voglio dire, sei fortunato se tua moglie lo farà con te.
Playboy:
Non ti piacciono le fantasie sessuali?
Mel Brooks:
Dipende dal tipo.
Quando i poeti puliscono il sesso la trovo una stronzata, non ho pazienza per quelle cose.
“Ah, quei bianchi seni e corpo, che potrei amare e fondere insieme, con un orgasmo di lucente gentilezza…”
Non voglio quella roba. Voglio giardini di porcheria.
Sono cresciuto povero e anche l’analista non ha rotto questo mio condizionamento.
Ci sono dei neurogrammi nel mio cervello e dicono che quando è sporco, va bene.
E solo quando è sporco e quando ci sono un sacco di urla e imprecazioni e oscenità e tutte le altre cose che pensavo fossero tabù, allora è molto, molto sexy per me. Dovrei essere arrestato sessualmente, perché odio i collant.
Non li sopporto proprio.
Mi piace quel vecchio, meraviglioso look francese: calze nere con giarrettiere.
Questo è fantastico per me. Se è clandestino, va bene.
Se è un po' sporco, un po' immorale, un po' irreligioso, è eccitante.
Voglio dire, camminare nudi nei prati dovrebbe essere bello.
Ma chi se ne frega? Voglio incontrarmi al Dixie Hotel di New York, con una bottiglia di Southern Comfort.
Voglio ubriacarmi, e poi urlarci l'un l'altro dall'altra parte della stanza. Magari un libro sporco da leggere insieme.
Sessualmente ho 14 anni… Ed è fantastico!
Playboy:
E le orge?
Mel Brooks:
No, sono ebreo. Inoltre, alle orge ci sono troppe persone.
Tutti nudi e magari non sai neanche chi sono.
"Sei Mel Brooks?"
"Sì."
"Ho amato la canzone Primavera per Hitler."
"Grazie."
"Hai scritto sia il testo che la musica?"
Chi se ne frega? Le orge sarebbero imbarazzanti.
Magari incontri qualcuno più tardi che hai visto ad un'orgia; non mi andrebbe di certo.
Forse in Romania, almeno non vedrei mai più nessuno. Ma poi penso al prezzo del viaggio.
Playboy:
Che ne pensi dei giochi erotici, come vibratori e dildo elettrici?
Mel Brooks:
Per favore, stai parlando con un ebreo.
Un apparato elettrico mi spaventerebbe. Dio ci ha dato abbastanza strumenti per portare a termine la cosa.
Capirei in Giappone, però, che fanno persone di gomma con cui andare a letto.
Un’intera persona di gomma: è sensazionale!
Costa quanto una Toyota, ma non puoi fare marcia indietro. OK? Abbiamo parlato abbastanza di sesso?
Vuoi che mi spogli, Mr. Indecente?
Playboy:
Grazie, no. Ma c'è un lato del sesso di cui non abbiamo parlato.
I tuoi film hanno tutti un lieto fine, ma avrai notato che il ragazzo non ottiene mai una ragazza.
Mel Brooks:
Vero. Alla fine dei primi tre film, il ragazzo ottiene un ragazzo.
Zero Mostel prende Gene Wilder, Frank Langella si prende Ron Moody, Gene Wilder si prende Cleavon Little. È una coincidenza notevole, e non sono sicuro di cosa significhi.
Ma sono abbastanza sicuro che il mio bisogno di avere i miei personaggi maschili riuniti e vicini non è una sorta di bisogno sessuale che ho trasferito in queste persone.
Penso che risalga a molto più indietro del sesso, fino a mio padre, che non ho mai conosciuto e non riesco a ricordare.
Non posso dirti che tristezza, che dolore sia per me non aver mai conosciuto mio padre, che è morto quando avevo due anni e mezzo.
Tutto quello che so è quello che mi hanno detto.
Era vivace, brioso, cantava bene. Non è triste che un figlio sappia solo questo su suo padre?
Se solo potessi guardarlo, toccargli la faccia, vedere se ha le sopracciglia!
Forse, vedendo i personaggi maschili nei miei film che si uniscono, esprimo il desiderio che provo di trovare mio padre ed essere vicino a lui.
Playboy:
Ma in Frankenstein Junior anche il mostro ottiene una ragazza.
Mel Brooks:
Sì. Sto diventando etero.
In effetti c’è molta eterosessualità in Frankenstein Junior. C'è lussuria sul tavolo di un laboratorio, uno stupro in una grotta e una grande sequenza doppia di notte di nozze.
Ma il sesso non è il punto.
Quello che avevamo in mente era un film che giocava su due livelli principali: primo, volevamo fare un divertente pastiche dei vecchi film horror in bianco e nero degli anni '30; secondo, volevamo offrire un sincero e riverente omaggio a quegli stessi film splendidamente realizzati.
Frankenstein Junior non ha niente a che fare con Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco.
È in bianco e nero, la fotografia di Gerald Hirschfeld è magnifica. Tutto è retroilluminato e bagnato di antico splendore. Spesso l'immagine sullo schermo sembra un Rembrandt. E la storia è molto forte, molto seria e nobile.
È basato sul libro di Mary Shelley ed è la storia di uno scienziato che sfida Dio creando la vita. Potreste anche vederci una storia sull'invidia del grembo materno.
Questo creatore ama così tanto la sua creatura che rischia la sua sanità mentale e la sua vita per aiutare il parto del suo cervello a sopravvivere. Nel nostro film, il Dr. Frankenstein inizia come Yahweh e finisce come Cristo.
Questo è il lato serio.
Ma il lato divertente è terribilmente divertente, anche se non nello stesso stile dei miei precedenti film.
Ci sono un sacco di risate pericolose in questo film. Devi avere vene forti per guardarlo. E quando non stai ridendo, stai tremando.
Ma tutto è fatto alla grande. Gli attori si muovono come cantanti in una grande opera.
Mi prendo il mio tempo per lavorare a grandi momenti.
Che posso dirti? Penso davvero che abbiamo consegnato un film pietra miliare, che non sarà mai dimenticato.
Forse anche buono.
[Mel Brooks dirige Marty Feldman sul set di Frankenstein Junior]
Playboy:
Quanto c’è di tuo e quanto di Wilder?
Mel Brooks:
Una grossa, grossa parte è di Gene.
Ha scritto la sceneggiatura in collaborazione con me e interpreta il Dr. Frankenstein.
Playboy:
Come avete scritto insieme?
Mel Brooks:
Ci siamo rinchiusi al Bel Air Hotel, dove stava alloggiando Gene, e interpretavamo tutte le parti.
A volte faceva la Creatura, a volte la facevo io.
“Rraawwrr!”
“No! No! Rifacciamola!”
Ci siamo divertiti davvero tanto, come una coppia di ragazzini. Quando scrivo una sceneggiatura, non penso alla trama tanto quanto ai personaggi.
Devo conoscere I protagonisti: di cos’hanno bisogno, cosa vogliono, cosa dovrebbero fare. Questo è ciò che fa funzionare una storia. Come un bambino, ascolto i personaggi.
"Oh, così è questo che vogliono! Spero che lo ottengano. Li amo!"
Non si può semplicemente avere azione, devi scoprire cosa vogliono i personaggi.
E poi devono crescere, devono andare da qualche parte.
Penso che ogni essere umano abbia centinaia di persone separate che vivono nella sua pelle. E il talento di uno scrittore è direttamente correlato alla sua capacità di dare loro nomi separati, identità, personalità e farli relazionare ad altri personaggi che vivono in lui. Ecco perché ci piacciono così tanto le opere di Tennessee Williams. Tutto questo gli riesce così bene.
Ma penso che anche Gene ed io ci siamo riusciti bene. Ad ogni modo, solo dopo che i personaggi sono stati sviluppati e l'azione principale progettata con certezza allora si possono aggiungere delle gimmicks: il braccio di legno di Kenny Mars, il porro di Cloris Leachman - che, a proposito, ha mangiato davvero.
È caduto nella sua insalata di tonno e l’ha inghiottito insieme alla maionese.
Comunque, io e Gene abbiamo lavorato sodo e la riscrittura ci ha preso circa tre mesi.
Poi abbiamo mostrato la sceneggiatura a Peter Boyle e Marty Feldman e hanno detto che potevamo contare su di loro.
Peter interpreta il mostro e Marty interpreta Igor, l'assistente gobbo del Dr. Frankenstein.
Poi abbiamo Madeline Kahn, Teri Garr e Cloris e Kenny.
Playboy:
Come scegli i tuoi attori?
Mel Brooks:
Mi piacciono le persone con grandi talenti e piccole nevrosi, non sempre una combinazione facile da trovare.
Ho scoperto che se la nevrosi è troppo grande diminuisce il talento e si finisce per lavorare troppo duramente per quello che si ottiene. Mi riservo il diritto di essere l'unico psicotico sul set. Cerco anche di circondarmi di persone che amo, per fare una famiglia fuori dall'azienda.
Così tendo ad usare le stesse persone più e più volte.
C'è una sorta di Mel Brooks Repertory Company: Gene è stato in tre dei miei 4 film, Madeline e Kenny in due.
Playboy:
Dirigi ogni attore in maniera diversa?
Mel Brooks:
Completamente. Gene è uno spontaneo.
Gene recita come un uccello vola. Impara tutta la sua tecnica, poi lascia la terra e vola intorno al set come un uccello ebreo pazzo.
E il suo istinto è sempre giusto.
Gene nel ruolo del Dr. Frankenstein è Prometeo!
È ancora la grande preda isterica che Dio ha fatto, la vittima in tutti noi, ma è anche un grande leader, un grande genio.
La sua recitazione è molto grande ed emozionante e chagalliana.
[Mel Brooks e Gene Wilder si confrontano su una scena del film Frankenstein Junior]
Playboy:
E Peter?
Mel Brooks:
Peter aveva un problema difficile e particolare: come mostro, doveva indossare un trucco estremamente complicato che limitava le sue espressioni facciali.
Come se non bastasse doveva cercare di sembrare un morto vivente.
Inoltre, non gli era permesso di parlare.
Per il 90% del tempo il suo dialogo consisteva in "Hmmmmmmmmmmmmm!"
Ma Peter è riuscito meravigliosamente a comunicare l'amore, la paura e lo stupore di un neonato di due metri e mezzo che fa le sue prime esperienze nel mondo.
Playboy:
C’è una zip sul collo di Peter: perché?
Mel Brooks:
Perché no? È buono come un'asta di metallo.
E funziona davvero.
Playboy:
Ci puoi entrare dentro?
Mel Brooks:
Esatto. Ci sono un sacco di diodi e cose che puoi sistemare nel suo collo.
Non fatelo trapelare, ma abbiamo trovato anche del mascara quando l'abbiamo aperto. Roba per le sue ciglia.
Uno di quei meravigliosi pettini Revlon.
Playboy:
Hmm. E come hai diretto Feldman per interpretare Igor?
Mel Brooks:
Prima ho cercato di capire dove stesse guardando.
I suoi occhi fissano in circa 19 direzioni diverse. Sembrano uova sode su cui qualcuno ha dipinto degli occhi e non li ha dipinti bene.
Così prima mi mettevo sul sentiero della sua visione e cercavo di dirigerlo.
Poi gli dicevo "Marty, sii molto bravo."
Lui diceva "Va bene."
E lo era.
Dopo Marty, non ci sarà mai un altro Igor. Dovranno ritirare la parte.
È lui.
Playboy:
Che differenza c'è tra dirigere una commedia e dirigere un film serio?
Mel Brooks:
Te lo dico dopo aver chiamato Sherry. Sherreeee!
Scrivi a quel tizio, per favore, quello che ha definito Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco "un'esibizione rozza e volgare" e che dice che lui e sua moglie l'hanno visto solo perché “si sono aggregati inconsapevolmente”.
"Caro Signore: Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco è stato valutato con una R.
La R è lì per proteggere le persone come te e tua moglie dall’aggregarsi involontariamente a film per adulti.
Non credo che sia giusto da parte tua entrare in un film vietato ai minori e poi criticarlo se contiene materiale sofisticato. E non credo che la scusa di esservi aggregati vi sollevi dalla colpa.
Uno non vaga in un bordello e poi attacca l'establishment per non essere un albergo Howard Johnson.
Cordiali saluti, Mel Brooks."
Dove eravamo?
Playboy:
Dirigere una commedia.
Mel Brooks:
C'è una cosa che devi capire prima di poter dirigere una commedia.
La commedia è seria, dannatamente seria. Mai, mai cercare di essere divertente!
Gli attori devono essere seri.
Solo la situazione deve essere assurda. Il divertimento è nella scrittura, non nell'esecuzione. Se la situazione non è assurda, neanche strafare sarà di aiuto.
E un'altra cosa: più grave è la situazione, più divertente può essere la commedia.
La più grande commedia gioca contro la più grande tragedia.
La commedia è una palla di gomma rossa e se la lanci contro un muro morbido e buffo, non torna indietro. Ma se lo getti contro il muro duro della realtà ultima, rimbalzerà e sarà molto vivace.
Versteh, bastardo d’un goy? Senza offesa.
Pochissime persone lo capiscono.
Playboy:
Woody Allen lo capisce?
Mel Brooks:
Woody Allen è un genio.
I suoi film sono meravigliosi. Mi è piaciuto molto Il Dormiglione.
È il miglior lavoro di Woody fino ad oggi. Il più fantasioso e il meglio eseguito.
Ero a terra dal ridere e pochissime persone possono mettermi a terra. È un tipo poetico, ma è anche un critico.
Si allontana abilmente da un ambiente sociale e lo critica senza - immagino - lasciare che questo lo renda vulnerabile.
Playboy:
E tu, invece?
Mel Brooks:
Io non sono un critico.
Mi piace saltare nel mezzo, proprio nel vortice. Non posso scoccare un paio di frecce alla vita mentre tuona! Devo essere a terra e urlare, afferrarla per le corna, morderla!
Senti, non voglio sembrare filosofico, ma ti dirò che se sei vivo devi sbattere le braccia e le gambe, devi saltare un sacco, devi fare rumore, perché la vita è l'esatto opposto della morte.
E quindi, per come la vedo io, se sei tranquillo non stai vivendo.
Voglio dire, stai lentamente scivolando nella morte.
Quindi devi essere rumoroso, o almeno i tuoi pensieri dovrebbero essere rumorosi e colorati e vivaci.
La mia vivacità si basa su un'incredibile paura della morte.
Per tenere a bada la morte faccio un sacco di "Yah! Yah! Yah!"
E la Morte dice "Va bene. È troppo rumoroso e occupato. Aspetterò qualcuno che sia seduto in silenzio, mezzo addormentato.
Acchiapperò lui. Perché dovrei perdere tempo con questo tizio?
Avrò un sacco di problemi a farlo uscire dalla porta.”
C'è una piccola porta in cui devono farti passare.
"Sarà una lotta", dice la Morte, "Non ne ho il tempo."
La maggior parte delle persone ha paura della morte, ma io la odio davvero!
Il mio umorismo è un urlo e una protesta contro l'addio. Perché dobbiamo morire?
Da bambino hai delle belle scarpe bianche con lacci bianchi e un vestito di velluto con pantaloni corti e un bel colletto, vai al college, incontri una brava ragazza e ti sposi, lavori qualche anno e poi devi morire?
Cos'è ‘sta merda?
Non l'hanno mai scritto nel contratto.
Quindi ci urli contro e, se urli seriamente, puoi essere un drammaturgo e tutti possono dire "Molto bello."
Ma sospetto che si possa lanciare artiglieria migliore contro la morte con l’umorismo.
Playboy:
Ma è una battaglia che non puoi vincere.
Mel Brooks:
Puoi ottenere una vittoria condizionale, credo.
Tutto si riduce a grattare il proprio nome sulla corteccia di un albero. Scrivere M. B. sulla corteccia di un albero.
Ero qui.
Quando fai una cosa del genere, a prescindere dall’albero in cui gratti, stai dicendo "Ora c’è un ricordo di me!”
Non sarò cancellato dalla morte.
La grandezza di un uomo è un tributo alla nobiltà di tutta l'umanità, ecco perché quando celebriamo il genio di Tolstoj, diciamo "Guarda! Uno dei nostri ragazzi ce l'ha fatta! Guarda di cosa siamo capaci!"
Quindi cerco di dare al mio lavoro tutto quello che ho, perché quando sei morto o sei fuori dal business o sei in una vecchia casa di riposo per vecchi attori, se hai fatto un buon lavoro, il tuo lavoro avrà ancora l’energia di un sedicenne che balla, sano, piroettante e arabescante dappertutto.
E diranno "Ecco chi è! Non è questo scheletro in decomposizione!"
Una volta mi è venuto in mente questo pensiero melenso, ma mi piaceva.
Pensai che pezzi infinitesimali di corallo, con l'atto di morire l'uno sull'altro, creano qualcosa che alla fine si alza dal mare ed eccola lì, è un'isola e ci si può stare sopra, vivere su di essa!
E tutto perché sono morti l'uno sull'altro.
Scrivere è semplicemente una serie di pensieri che muoiono l’uno sull’altro, fino a formare qualcosa.
Dove sarei oggi se non fosse per Nikolai Gogol?
Non rideresti con Frankenstein Junior. Perché mi ha mostrato quanto si possa essere pazzi e coraggiosi.
Bastardo, figlio di puttana! Lo amo!
Amo le Buicks! Amo Dubrovnik! Amo Cookie Lavagetto!
Amo il Factor’s Deli a Pica e Beverly Drive! Amo il bambino di Michael Hertzberg! Amo le recensioni entusiastiche!
Amo mia moglie! Amo non indossare giacca e gravatta!
Amo New York a giugno! Amo i Raisinets!
Questo mi riporta, Mr. Interlocutore, un’ultima volta, alla domanda: vuoi o non vuoi dei Raisinets?
Playboy:
Sicuro. Perché no?
Mel Brooks:
Mi spiace, ragazzo. Sono finiti!
[Isabella Di Leo disegna Mel Brooks]
“Si Può Fare! Nascita di un sodalizio mostruoso” di Isabella Di Leo, edita da BeccoGiallo!
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