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Ci ha messo tre anni Dead Pigs, pluripremiata opera di esordio di Cathy Yan, per riuscire a ricevere una degna distribuzione dopo il suo acclamato debutto al Sundance Film Festival.
Tre anni in cui il Cinema si è trovato a vivere numerose rivoluzioni, dall'esplosione della guerra dei flussi, passando per il fenomeno Parasite fino a giungere alla recente e totale ridefinizione dei confini di fruizione delle opere, accelerati dalla terribile pandemia che tutto il mondo ha dovuto fronteggiare.
[Cathy Yan, autrice cinese di formazione statunitense, ha raggiunto la notorietà mondiale grazie all'opera successiva a Dead Pigs, Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn]
Che ci crediate o no, la distribuzione di Dead Pigs, avvenuta lo scorso 12 febbraio sulla piattaforma MUBI, è figlia di ciascuno di questi fattori: della sempre più pressante possibilità che dei film ricevano una prima distribuzione direttamente in streaming alla rinnovata predisposizione del grande pubblico a un Cinema di respiro internazionale, fino alla necessità, ormai acclarata, che la Settima Arte trovi delle strade un tempo inconvenzionali per raggiungere il pubblico e sopravvivere.
A riconoscere la commistione di questi elementi è stata proprio Cathy Yan che, nel corso di una lunga intervista con The Hollywood Reporter, ha affermato di sentire particolarmente sue le parole con cui Bong Joon-ho nel corso dell'ultima cerimonia degli Oscar ha cercato di promuovere la visione di film stranieri, definendo i sottotitoli "una barriera alta un centimetro" che separa il grande pubblico da un'enormità di meravigliosi mondi.
Una barriera che, per quasi tre anni, ha nascosto al mondo la sua opera ma che ora, complice la nuova geografia fruitiva della Settima Arte, è crollata definitivamente scongiurando la diffusione dell'opera su Vimeo e portandola nel catalogo di un servizio streaming professionale a fruizione internazione.
Per nostra fortuna.
[Tra tutti i poster internazionali di Dead Pigs, questo è quello che trovo più adatto a inquadrare l'opera, malgrado anche quelli raffiguranti un salvadanaio rotto siano particolarmente calzanti. Perché? Beh, ovviamente continuate nella lettura per scoprirlo!]
Dead Pigs si apre con una plongée sulle acque scure del fiume Huangpu.
Dopo un impercettibile movimento di macchina emerge la figura di un maiale ma, prima che possa essere inquadrata del tutto, ecco una dissolvenza incrociata che ci mostra un uomo di mezza età completamente immerso in una simulazione di realtà virtuale, circondato da uno sparuto e giovane pubblico stranito.
Se esistesse un modo di valutare la capacità di un autore di condensare tutte le tematiche della propria opera all'interno del primissimo minuto di film, la giovane cineasta cinese avrebbe ampiamente superato ogni tipo di esame.
Sin dai primissimi frame di Dead Pigs affiorano prepotenti tutti i temi che il film andrà poi a sviscerare nel corso delle due ore successive: il rapporto tra l'uomo e il contesto - tanto urbano quanto naturale - che lo circonda, la relazione tra tradizione e innovazione, la contrapposizione tra gioventù ed età adulta.
E, ovviamente, il complesso mix di solitudine e frustrazione che ciascuno di questi contrasti è in grado di generare.
[Trailer di Dead Pigs]
A simboleggiare ciascuna di queste tematiche ci sono un nugolo di storie e personaggi che pian piano ci vengono presentati come linee parallele ma che, ben presto, si ritrovano a intrecciarsi e intersecarsi ripetutamente lungo il flusso dell'opera.
L'evento scatenante della narrazione è una misteriosa morìa di maiali che colpisce gli allevamenti suini di Shangai, costringendo gli allevatori a gettare le carcasse degli animali nel fiume Huangpu per non doversi rivolgere ai costosi servizi di smaltimento.
Tra gli allevatori vi è lo sfortunato Old Wang, che subisce le devastanti conseguenze dell'accaduto ritrovandosi sull'orlo della bancarotta.
Questo lo spinge a rivolgersi a sua sorella Candy per convincerla a vendere la vecchia casa di famiglia, ormai da tempo sotto l'occhio di una potente impresa edile che vuole rilevarla e demolirla per costruirci un modernissimo (e non poco kitsch) residence ispirato ai design architettonici di Barcellona.
A capo del progetto c'è il giovane architetto Sean Landry, vessato dall'insicurezza e dal peso di trovarsi in una nazione straniera.
Nel frattempo il figlio di Old, Wang Zhen, prova a sbarcare il lunario lavorando in segreto come cameriere in un locale alla moda, nel quale conosce la bella e triste Xia Xia, figlia di un ricchissimo imprenditore della città.
[Quasi tutti i bravissimi protagonisti di Dead Pigs in una sola inquadratura]
"Sono nata vicino a Shangai e un tempo sono stata una reporter.
Mi è sembrata semplicemente la storia che dovevo raccontare."
Con queste poche, fugaci, parole la giovane autrice ha spiegato il processo creativo che l'ha portata a mettere in scena un'opera ispirata al celebre caso di cronaca dei 16000 maiali morti affiorati dal fiume Huangpu.
Una semplicità che, però, lascia intravedere in controluce l'articolata complessità della sua formazione artistica, sospesa tra la Cina e gli Stati Uniti.
Giornalismo, sociologia, economia e Cinema: ciascuna delle sue tappe culturali emerge prepotente nel suo Dead Pigs.
Dinnanzi ai nostri occhi prende dunque forma un racconto corale, multitematico, stratificato, cosparso di innumerevoli influenze, che si dipana tra autorevoli riferimenti cinematografici e una profonda critica sociale.
[Non sono pochi i riferimenti simbolici al mondo animale presenti in Dead Pigs]
Non è complesso intravedere nelle pieghe narrative di Dead Pigs una profonda ispirazione al Cinema corale di Robert Altman, un sentito apprezzamento per il primo periodo artistico del suo figlioccio Paul Thomas Anderson e una ossequiosa vicinanza all'analisi sociale di Jia Zhang-ke, il più grande cantore moderno di una Cina ormai sospesa tra la preservazione della tradizione e la contemporaneità capitalista.
Dramma, commedia e critica sociale convergono e si contaminano producendo un risultato agrodolce, che nella mente di alcuni potrà riecheggiare anche i Maestri del Cinema italiano degli anni '60-'70-'80 e le loro corrosive opere.
Anche nelle scelte registiche Cathy Yan omaggia i suoi modelli: la cinepresa è in perenne movimento, intenta a svelare ogni prospettiva di personaggi e luoghi rappresentati, a intessere con cura la rete di relazioni interpersonali e pressioni sociali al centro della pellicola.
Il dinamismo della regia consente all'opera numerosi cambi di focus e qualche, inaspettata, incursione in generi apparentemente distanti dal tono complessivo dell'opera.
La fotografia di Federico Cesca incornicia con grazia ciascuna delle evoluzioni che la macchina compie, donando eguale dignità a ciascun contesto sociale e geografico rappresentato, mostrando lo stesso, profondo, interesse per ciascun personaggio e per le sue istanze.
Istanze che, con l'avanzare del minutaggio di Dead Pigs, cominciano a sovrapporsi e a mescolarsi, mostrandoci un unico quadro di insieme.
[Uno degli aspetti esteticamente più interessanti di Dead Pigs è l'assoluta mancanza di soluzione di continuità tra contesti urbani ipermoderni e periferie spartane]
La ricerca di un equilibrio sociale e interiore, la necessità di affrancarsi da un passato doloroso e la volontà di trovare il proprio posto all'interno di un nuovo mondo emergono pian piano come caratteristiche preponderanti in ciascuno dei protagonisti di Dead Pigs.
Le mutazioni violente che la società impone alle vite dei personaggi smettono man mano di essere contrastate ma, anche grazie a dei momenti di dolorosa accettazione, vengono trasformate in nuove occasioni.
Il cast in splendida forma, tra i quali spiccano nomi noti al pubblico occidentale come Vivian Wu e Zazie Beetz, riesce a tenere testa a ciascuna delle sfide attoriali che l'intessuta sceneggiatura propone loro, fornendo una prova collettiva memorabile, che è valsa agli attori un Premio Speciale della Giuria per la loro performance corale al Sundance Film Festival 2018.
[Viviane Wu, nello specifico, fornisce in Dead Pigs una delle migliori prove della sua carriera]
Quando ciascuno dei percorsi battuti dai protagonisti trova sbocco in un unico, perfettamente calibrato, finale corale, è possibile rivivere mentalmente le tappe di un percorso che riesce a restare pervicace nelle menti anche a proiezione terminata.
A quel punto emerge in tutta la sua forza l'assoluta padronanza del mezzo e della narrazione con cui Cathy Yan ha traghettato lo spettatore per oltre due ore di film.
Un talento cristallino che, dopo la sua controversa opera seconda, ha una cifra stilistica tutta da costruire e un percorso autoriale da battere.
Magari a partire dal suo prossimo, intrigantissimo, progetto di fantascienza..