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Con Sunod, presentato in concorso nella sezione Lungometraggi del Ravenna Nightmare Film Festival 2020 con il titolo Followed, il regista filippino Carlo Ledesma racconta una ghost story incentrata sul tema della possessione, inserendo più piani di lettura per un film ricco di momenti di grande tensione, nonostante non riesca sempre a far coesistere le sue diverse anime.
Olivia (Carmen Villaroel) è una madre single che non riesce a permettersi la stanza d’ospedale in cui è ricoverata la figlia Annelle (Krystal Brimner), affetta da una malformazione cardiaca.
Presa dalla disperazione, riesce a trovare miracolosamente un lavoro alla LGO, una società di call center dove entrerà in contatto con diversi personaggi tra cui il team leader Lance (JC Santos) e soprattutto il fantasma di Nerisa (Rhed Bustamante), una bambina alla ricerca della sua mamma.
Sunod è un horror che nel panorama attuale del filone delle possessioni demoniache offre sicuramente delle buone ragioni per essere ricordato più a lungo di altri.
[Perché mi guardi così, figlia mia?]
Nonostante la componente soprannaturale sia preponderante rispetto al resto, Ledesma ha il coraggio di inserire un racconto nel racconto, che vede Olivia parte di un ambiente lavorativo fatto di raccomandazioni, ammiccamenti, furbate fatte per impressionare il proprio superiore e ipocrisie varie.
Sunod è caratterizzato da una fotografia molto scura, che anche nei pochi momenti di luce è sempre estremamente fredda: il regista installa il call center in un ufficio cupo che anche se si trova al quarto piano di un palazzo sembra quasi sotto terra.
Il personaggio di Lance ha uno screen time limitato ma sufficiente per mostrare le dinamiche di potere che vedono il capo possedere il suo dipendente: il giogo della disperazione porta Olivia a mettersi nelle mani del team-leader che, forte della loro differenza gerarchica ed economica, ha il potere di disporre di lei facendo leva sui suoi bisogni.
Un punto di forza del film, che dà una mano a creare un forte senso di angoscia durante i suoi 105 minuti di durata, è sicuramente l’affiancamento della paura paranormale a quella più terrena e materiale, fatta di capi subdoli e di malattie cardiache.
[Il trailer di Sunod]
Tuttavia proprio il lato ultraterreno della vicenda, legato a Nerisa e all’oscuro passato dell’edificio che ospita la LGO, è quello che più dà l’impressione che si vogliano ripercorrere sentieri già tracciati in passato da diverse pellicole dello stesso filone, non per mancanze nella messa in scena o nella costruzione della tensione quanto per il passaggio poco lineare dalla tematica sociale a quella orrorifica.
Dopo un primo atto che pone le basi del racconto e fa bruciare lentamente la tanta carne messa al fuoco, Ledesma si concentra maggiormente sul versante che vede Nerisa intrufolarsi tra Olivia e Annelle, accantonando quasi del tutto l’arco narrativo del call center mantenendo per sé solo quegli elementi utili al proseguimento del plot.
Il tema genitoriale - rappresentato in Sunod da un eloquente filo da cucito color rosso sangue - viene raccontato attraverso la lotta di due famiglie disposte a tutto per potersi riabbracciare, e benché non si tratti di una novità nel panorama demoniaco recente (Insidious è l’esempio più accostabile) riesce comunque con successo a tenere sulle spine lo spettatore puntando tutto sull’atmosfera e regalando dei momenti di grande shock, anche se l’esposizione narrativa di alcune sequenze è tanto didascalica da lasciare perplessi.
[Il filo rosso, che nella simbologia di Sunod rappresenta l'unione tra genitori è figli, è uno degli elementi ricorrenti della pellicola]
Una menzione d’onore la merita un altro elemento di Sunod, ovvero il rapporto tra Olivia e Annelle, che mostrano fin dalle prime sequenze una grande alchimia.
Ovviamente il pericolo è palpabile e non è difficile per lo spettatore immedesimarsi nelle preoccupazioni di una madre sola, tuttavia è giusto sottolineare la bravura di Ledesma nel tratteggiare con mestiere le emozioni di Olivia mentre assiste in diretta al lento, ma inesorabile, accanimento del destino contro la figlia inerme e senza le difese che un genitore dovrebbe offrire.
Sunod farà sicuramente felici molti amanti del genere per le sue atmosfere cupe e desolanti, per le sue sequenze di grande impatto emotivo e per il suo racconto stratificato, lasciando tuttavia il rammarico per non essere riusciti a valorizzare al meglio il materiale di partenza, tra personaggi poco approfonditi e tematiche che avrebbero potuto far fare un ulteriore salto di qualità.