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Gianfranco Rosi è tornato con Notturno, documentario presentato anche al Toronto International Film Festival 2020 e il cui scopo è di portare nuovamente al pubblico una testimonianza attenta e umana dietro un evento socialmente e storicamente complesso.
Fuocoamare e Sacro GRA avevano abituato il pubblico alla voce particolare di Gianfranco Rosi.
Un tono afono che si fa altrimenti essenziale e verboso nel momento in cui viene messo in chiaro che il regista non ha intenzione di seguire la via del documentario più scolastica, concentrandosi su storie umane dietro le grandi vicende storiche e sociali, raccontandole attraverso le immagini, le loro azioni, mettendo il senso di vivere dei protagonisti in primo piano.
Rosi parla con il pubblico il linguaggio del Cinema e questo rende grande onore al regista, poiché alla didascalicità delle talking heads tipiche del genere documentaristico preferisce la costruzione delle immagini, spendendo il suo tempo insinuandosi nelle vicende, rendendosi invisibile e lasciando spazio ai protagonisti scelti come narratori del suo documentario.
Notturno segue lo stesso percorso e Rosi nel corso dei tre anni spesi a cercare immagini e situazioni entra in un conflitto vasto, provando a semplificare quanto possibile una storia che di semplice non ha nulla.
Poiché il grande errore, quando si trattano le situazioni sociali e geopolitiche che coinvolgono Iraq, Kurdistan, Siria e Libano, è quello di ridurre talmente al succo da presentare un quadro distorto.
Rosi non vuole però raccontarci il conflitto, non vuole dare troppo spazio alla politica e alla sua opinione in quanto testimone ma, mettendosi al servizio del principio sopra citato, segue l'ordinario di persone la cui vita è completamente riconfigurata da quello che li circonda.
Cosa significa vivere in un conflitto e senza la dignità dell'ordinario civile?
Cosa significa vivere disegnando con i pastelli colorati le torture e l'insensata violenza degli estremismi, sapendo di poter dormire solo dopo essersi accertati che la propria madre sta dormendo, utilizzando uno smartphone come testamento di una cattura, di una oppressione, di una sevizia morale e spicologica?
Cosa significa vivere cercando la sanità, mettendo in scena il proprio desiderio di una vita dignitosa?
Rosi cerca queste e molte altre storie muovendosi tra i ranghi dei soldati dell'esercito, seguendo un cacciatore e i bambini traumatizzati dall'ISIS, un ospedale psichiatrico dove il canovaccio di una recita è maniera di rimanere sani, ricordando la storia presente e passata come forma di cultura e terapia.
Notturno è un documentario costruito fortemente su immagini suggestive, sull'evocazione creata dai quadri costruiti e cercati da Rosi e che riescono molto bene a dare il senso di desolazione di vite e nazioni che esistono e non esistono e che sembrano respirare a fatica tra le pieghe di una storia pesante, di un presente incerto e di un futuro in bilico tra ferite recenti e paure in costante mutamento.
Notturno trova il suo grande pregio nel non voler guidare lo spettatore verso uno sguardo e una voce ben precisa, ma portandolo attraverso una narrazione cinematografica dentro i protagonisti, dentro la loro terra e i loro traumi.
Un documentario che si fa di sguardi, di silenzi, di piccoli sorrisi, di lacrime silenziose e di parole sussurrate attorno al fuoco o sotto il cielo aperto.
Allo stesso tempo Notturno sembra a tratti molto distante dalle storie che prova a raccontare e, forse, la ricerca dell'immagine così lodevole crea una distanza troppo grande dai temi e dal sentire della storia e delle vicende che vuole raccontare.
Il documentario sembra in certi momenti un po' disconnesso e non perché non vi sia amore e cura verso il racconto, ma perché forse la complessità di ciò che Rosi è chiamato a raccontare è davvero troppo grande per essere veicolata attraverso queste immagini, perdendo parte nella sua forza in una visione che in questo caso doveva forse essere più sporca e onesta.
Notturno è un documentario che, in un certo senso, non sarebbe piaciuto a Ernest Hemingway e che al tempo stesso lo avrebbe a tratti affascinato.