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The Addiction - Recensione: la riflessione sul Male di Abel Ferrara

Analisi di The Addiction, film del 1995 diretto da Abel Ferrara con protagonista Lili Taylor 

Tutti noi siamo dipendenti da qualcosa. C'è chi lo è dalle sigarette, chi dal cellulare, chi dall'alcol o dal caffè.

 

Ma qual è la dipendenza che ci accumuna tutti in quanto essere umani?

 

A provare a darci una risposta è Abel Ferrara con il suo elegante e filosofico The Addiction, film del 1994 scritto insieme a Nicholas St. John, fotografato in un bellissimo e demoniaco bianco e nero, con protagonista una straripante Lili Taylor, il tutto accompagnato dalle canzoni dei Cypress Hill.

 

Kathleen (Lili Taylor) è una studentessa universitaria di filosofia che un giorno rientrando verso casa da una lezione di storia, viene morsa da un'affascinante vampira (Annabelle Sciorra).

Da quel momento in poi, il sangue diventerà la sua ossessione, la sua droga, essendosi anche lei trasformata in una vampira.

 

[Trailer d'epoca di The Addiction]

 

 

La trama del film di Ferrara è essenzialmente questa, semplice ma estremamente efficace per il messaggio che il regista newyokese vuole passare a noi spettatori.

 

Perché facciamo del male?

Ci avete mai pensato?

 

Io sì, o per lo meno come la protagonista del film, guardando le foto o documentari di alcuni genocidi avvenuti durante la Storia, mi sono domandato più volte di come sia possibile che l'uomo sia capace di tali oscenità.

 

 

[Kathleen mentre osserva l'orrore di un genocidio compiuto dagli essere umani]

 

 

Una prima risposta ci viene data in The Addiction da un aspetto peculiare del film di Ferrara: ogni vampiro prima di mordere una vittima gli ordina di chiedere di non farlo, cosa che però puntualmente non avviene se non per un singolo episodio.

 

Tutto ciò perché noi in quanto esseri umani siamo attrati visceralmente dal fascino dell'oscurità e non possiamo farne a meno.

Infatti i vampiri del film, dopo aver assaggiato il sangue - raffigurazione del male - non riescono più a resistere al desiderio di berne ancora.

 

Come viene rappresentato emblematicamente da Ferrara nella famosa scena in cui Kathleen si inietta tramite una siringa il sangue di un povero barbone.

Il Male raffigurato come eroina, una dipendenza difficilissima di cui liberarsi.

  

"Adesso capisco, o Signore, la mostruosità che c'è dentro di noi... la nostra droga è il male, la nostra propensione al male risiede nella nostra debolezza.

Kierkegaard aveva ragione, c'è un terrbile precipizio davanti a noi, ma si sbagliava riguardo al salto, c'è differenza fra il saltare e l'essere spinti.

 


Si arriva a un punto in cui bisogna fare i conti con i propri bisogni e l'incapacità di gestire fino in fondo la situazione crea un'insopportabile ansia, non è cogito ergo sum, ma pecco ergo sum... pecco quindi sono."

 

 

Queste sono le parole pronunciate da Kathleen che dopo essere stata morsa, vedrà il mondo da tutt'altra prospettiva.

 

La filosofia diventa quindi una materia superficiale, vaga, inutile in quanto la verità risiede solo in lei, illuminata dopo esser diventata una vampira.

 

 

 

 

La dipendenza però soddisfa da un lato la propria voglia di far del male ma dall'altro offusca il nostro essere, non ci fa percepire come realmente siamo e la nostra unica preoccupazione diventa il desiderio di soddisfare la nostra dipendenza, rendendoci schiavi di tutto ciò. 

 

Ma è possibile che a tutto questo non ci sia rimedio?

 

È davvero improbabile liberarsi da questa oscura dipendenza?

Una via d'uscita ce la offre Peina (Christopher Walken) un vampiro che è anni che non beve sangue umano.

 

Lui esorta Kathleen a ribellarsi al male mediante vari stratagemmi per sopravvivere in quanto vampiri ma soprattutto le insegna che avere un'enorme forza di volontà è la cura.

 

 

[Christopher Walken in The Addiction: un ruolo magnetico, seppur risicato]

 

 

Il personaggio interpretato da Lili Taylor però non riuscirà a resistere in quanto "la malattia del vampirismo non è peggiore di quella che si aveva prima" e "il vizio è l'unico sollievo all'esistenza", dove la vita quotidiana è colma di lavori inutili e passatempi superfluei è il il male che rappresenta l'unica via a un'esitenza vuota. 

 

"Sproul ha detto che non siamo peccatori in quanto pecchiamo, ma pecchiamo perché siamo peccatori.

In termini più accessibili, non siamo malvagi perché facciamo del male, ma facciamo del male perché siamo malvagi."

 

Ma come in molti film di Abel Ferrara anche in The Addiction vi è una speranza finale, un barlume di luce e di redenzione rappresentati da Dio, in una scena di una potenza visiva accecante.

 

Ma se, come viene detto nell'opera citando Ludwig Feuerbach, Dio è l'astrazione della natura e la natura è malvagia, questo significa che Dio è malvagio?

 

Il regista de Il cattivo tenente non ci offre una risposta decisa o una verità assoluta ma ci ricorda lapidariamente che l'autocoscienza è la distruzione di sé.

 

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