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Può una persona passare da ''eroe nazionale'' a ''terrorista'' nel giro di 72 ore? Se serve il nome di un colpevole da sbattere in prima pagina per chiudere un caso dall'eco internazionale, allora la risposta è sì. Ed è quello che è accaduto a Richard Jewell, il protagonista del nuovo film di Clint Eastwood, in uscita il 16 gennaio.
Una pellicola, ispirata a fatti realmente accaduti (qui l'articolo di Variety sul quale è basato), che ha un tono 'delicato', che sembra voler abbracciare il protagonista, coccolarlo, accudirlo.
Il 'rude' Eastwood spinge lo spettatore ad empatizzare con Richard Jewell in una sorta di rivalsa, di rivincita, quella che quell'uomo non è riuscito ad avere completamente quando era in vita.
Quella portata sul grande schermo è la storia di un giovane americano (Paul Walter Hauser) appassionato di videogiochi con il sogno di difendere il suo Paese indossando una divisa.
Nonostante gli studi e la tenacia, però, il massimo che riesce ad ottenere è prima un posto come vigilante in una scuola e poi quello nella security dell'Olimpiade di Atlanta del 1996.
[Trailer italiano di Richard Jewell]
Ed è proprio durante uno degli eventi collaterali dei Giochi, al Centennial Olympic Park, che avviene uno degli attentati che resterà per sempre scolpito nella mente e negli occhi del mondo intero.
Una bomba, posizionata all'interno di uno zaino, esplode tra la folla, causando la morte di due persone ed il ferimento di altre 111.
Una tragedia il cui bilancio sarebbe potuto essere ben più grave se un addetto alla sicurezza, proprio Richard Jewell, non avesse allertato le forze dell'ordine cercando di far evacuare la zona.
Un atto eroico che presto, però, si trasformerà nella sua condanna, complice una giornalista disposta a tutto (Olivia Wilde) e un agente dell'Fbi (Jon Hamm) pronto ad autoassolversi dietro il nome di un innocente.
E così, tre giorni dopo gli onori, il nome di Richard finisce in prima pagina come sospettato numero uno dell'attentato del Centennial Park.
Saranno la tenacia del suo avvocato (Sam Rockwell) e il sostegno della madre (Kathy Bates) a far cambiare le cose, dopo 88 lunghi giorni di accuse, privazioni, condanne e violazioni.
Meritata la nomination agli Oscar (e ai Globe) per Kathy Bates, ma ancora di più avrebbe meritato Sam Rockwell, perfettamente in parte nel ruolo dell'avvocato 'sui generis' cappelletto e pantaloncini.
[Sam Rockwell e Paul Walter Hauser]
Se qualche appunto c'è da fare non riguarda gli attori, ma la caratterizzazione di alcuni personaggi, a partire dalla giornalista.
Una iena pronta a festeggiare sulla carcassa delle vittime che si redime nel giro di un'unica scena, per poi sparire completamente dal plot.
Buttato nella mischia un amico di Richard, Dave Dutchess (Niko Nicotera).
Di lui non si sa praticamente nulla e il suo personaggio servirà esclusivamente per sostenere l'ennesima accusa infondata sull'omosessualità di Richard.
[Paul Walter Hauser e Clint Eastwood]
Il trentottesimo lungometraggio da regista di Clint Eastwood è un duro atto d'accusa nei confronti dei media e delle forze dell'ordine.
Da una parte una giornalista a caccia di scoop, senza il minimo talento e pronta a prostituirsi pur di avere informazioni.
Il suo unico obiettivo è quello di apparire, di vedere il suo nome in prima pagina, tanto da esultare con il trofeo in mano (l'apertura su Richard Jewell), senza rendersi minimamente conto delle conseguenze del suo articolo.
Dall'altra, la figura dell'agente federale che prima si fa abbindolare dall'avvenente reporter e dalle sue avances, e poi non si fa scrupoli a cercare vie non convenzionali per far confessare l'ingenuo Richard.
L'opinione pubblica ha già deciso chi è il colpevole.
Che lo sia o meno, conta poco. Il mostro è in prima pagina e il caso è chiuso.
O, almeno, così sembra.
[Sam Rockwell, Kathy Bates e Paul Walter Hauser]
Nel mondo delle fake news e della caccia alla notizia a scapito della verifica delle fonti e della verità, Richard Jewell fa riflettere, soprattutto gli addetti ai lavori.
Su quanto, a volte, un'accusa ipotizzata sulle colonne di qualche giornale può drammaticamente trasformarsi nella condanna sociale di una persona.
"Ho voluto fare questo film per risanare l'onore di Richard Jewell, spiega il regista,
Perché è un uomo comune, che aspira a diventare poliziotto per dedicarsi all'umanità, e che per aver fatto un gesto eroico deve pagare un prezzo troppo alto.
Viene dato in pasto ai lupi".
La rivalutazione di Richard Jewell avrebbe potuto avere ancora maggior peso se Eastwood avesse deciso di mostrare anche gli anni successivi, quando l'etichetta del terrorista gli rimase tragicamente incollata addosso.