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Amore e ammirazione, presunzione e coraggio, fama e prestigio: Riggan Thompson (Michael Keaton) è un personaggio tragico e contraddittorio, dilaniato tra il bisogno di vicinanza e quello di essere messo su un piedistallo.
A dispetto del nome da supereroe, il nostro Birdman è essenzialmente uno sconfitto: dalla sua famiglia (che l’ha superato), dal suo mondo (che l’ha dimenticato), da se stesso (che ha lasciato ciò accadesse).
- E hai ottenuto quello che volevi da questa vita, comunque?
- L'ho fatto
- E cosa volevi?
- Poter dire a me stesso che sono amato, sentirmi amato qui sulla Terra.
Una decadenza che a posteriori sembra inesorabile e senza riscatto.
Sin dalle prime scene lo troviamo rovistare tra le macerie di una carriera finita, pronto a esaurire tutte le risorse rimaste alla ricerca di una nuova luce, che poi è sempre la stessa: quella dei riflettori.
La sua parabola è quella di tanti: da attore a superstar, da personaggio a macchietta; il ruolo che ne ha sancito il successo (Birdman, supereroe alato) è stato anche la sua morte artistica, un sarcofago che prima gli ha dato lustro e poi si è richiuso su di lui, rivelandosi la sua tomba.
Senza il successo che lo aveva allontanato dai suoi affetti, e lontano dalla possibilità di recuperarli, Riggan cerca di riscattarsi nell’unico modo che conosce: la recitazione. Dopo anni di anonimato il nostro decide di ripartire da Broadway, con uno spettacolo teatrale di cui è produttore, attore principale e regista.
What We Talk About When We Talk About Love: il romanzo da cui è tratto lo spettacolo è - ad un tempo - l’oggetto e la cornice di Birdman.
Riggan è una persona incapace di dare e di ricevere, un egocentrico che “confonde l’amore per ammirazione”.
Nella sua rincorsa disperata non riesce a trovare nessuno dei due.
Inseguito da un piano sequenza lunghissimo e ossessivo, Riggan inciampa su una serie di personaggi coi quali non fa altro che scontrarsi.
"È come se qualcuno mi colpisse continuamente le palle con un martello minuscolo" .
Il secondo attore, Mike (Edward Norton) prende poco sul serio lui e lo spettacolo; le due attrici, Leslie e Laura, (Naomi Watts e Andrea Riseborough) intrecciano problemi personali e lavorativi, l'amico e co-produttore Jake (Zach Galifianakis) lo costringere a sbattere la testa sulle varie esigenze extra palco.
Ma lo scontro maggiore si consuma con la figlia Sam (Emma Stone), l'unica che Riggan cerca veramente di avvicinare, ma senza sapere come.
Esagerando (forse no) si potrebbe dire che gran parte delle sue motivazioni, in questo tentativo di rinascita, risiedono nell'idea che tornando famoso può ridare alla figlia un padre a cui ispirarsi.
"Quando sono venuto qui l'ultima volta da Los Angeles George Clooney era seduto due file più avanti in aereo con un bel paio di gemelli ai polsi e quel mento del cazzo.
A un certo punto c'è stata una turbolenza veramente terribile.
E l'aereo non faceva che vibrare e scuotersi. Ed erano tutti in lacrime.
Piangevano.
Voglio dire... Piangevano e pregavano.
Tutti.
Io me ne stavo seduto, loro piangevano. Io stavo seduto e pensavo
"Oh, mamma. Domattina quando Sam aprirà il giornale vedrà la faccia di Clooney in prima pagina, non la mia"
Riggan è vuoto nella misura in cui problemi e soluzioni sono tutti proiettati all'esterno.
Con un passato ingombrante alle sue spalle (letteralmente), e poche prospettive davanti a lui, l'unico rimedio è un'ottusa ostinazione nell'Arte, stavolta con la A maiuscola (almeno nelle intenzioni).
Ma in questa battaglia è solo o, meglio, isolato.
Rigettato dal mondo dello spettacolo, che non ne dimentica il passato, e dalla stessa figlia, che non ne accetta le contraddizioni.
"Stai facendo una commedia basata su un libro scritto sessant'anni fa per un migliaio di vecchi rincoglioniti bianchi la cui preoccupazione è dove andarsi a prendere un dolce e un caffè a fine serata!
L'unico interessato a questa merda sei tu!
E adesso ammettilo papà: qui non c'entra assolutamente niente l'arte! Tu stai facendo questo perché vuoi sentirti di nuovo importante!
[...] Insomma, chi cazzo sei tu?! Tu odi i blogger, ti fa schifo Twitter, non sei neanche su Facebook, è pazzesco!
Sei tu quello che non esiste!
Tu stai facendo questo perché hai una paura dannata, come tutti quanti noi, di non contare niente! E la sai una cosa?
Hai ragione: non conti!
Non è così importante, ok? Tu non sei importante!
Facci l'abitudine!"
Il dialogo con Sam è il punto di rottura di Birdman, il momento in cui nasce la frattura tra le ambizioni (o illusioni?) di Riggan e la realtà di un mondo affollato e insensibile.
La sua ricerca è un po' quella di tutti, e l'universalità della cosa la rende un mero atto di vanità.
L'incontro con Tabitha Dickinson (Lindsay Duncan) è uno scontro che non lascia incolumi: la vanità di Riggan è anche arroganza.
"Questo è teatro, e non può presentarsi qui a far finta di saper scrivere, dirigere e recitare nel suo lavoro di autopropaganda, senza prima passare da me", lo snobismo di Tabitha è anche grettezza
"Qui non si parla per niente di tecnica! Non c'è una sola parola sulla struttura!
Non una parola sulle intenzioni!
È solo un mucchio di merdose opinioni, supportate da ancora più merdosi paragoni!"
Birdman è un film tecnicamente eccellente (che lavoro, Lubezki!), ma non è fine a se stesso: nel suo finto cinecomic - che parla di Cinema parlando di Teatro - Iñárritu ha creato un affresco enorme e sfaccettatissimo, disegnato dalle ossessionate perenigrazione di Riggan.
Il regista messicano ci regala giudizi netti, ma non lascia nessuno incolume: in un mondo privo di valori assoluti, le responsabilità dell’uno e dell’altro si sfumano fino a creare un insieme torbido.
Iñárritu ridicolizza, a un tempo, la ripetitiva artificiosità dei cinecomic - basati su formule trite e ritrite, un’omologazione capace di far scomparire gli interpreti - e la superficialità della critica, pronta ad etichettare aprioristicamente ogni lavoro artistico.
Ma la vera storia - quella che muove tutto, almeno - è la storia di un uomo che cerca di tornare rilevante in un contesto che sembra averlo già dimenticato.
Riggan sembra vincere la sua battaglia, ma è un'illusione.
In un mondo che porta in sé la sconfitta, l'unica catarsi è scomparire.
Dove?
Lo sanno solo gli occhi di Sam.
Quante volte sei caduto in trappola per colpa di un titolo clickbait che poi ti ha portato a un articolo che non diceva nulla? Da noi non succederà mai.
32 commenti
Salvatore Messina
6 anni fa
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Giorgia Leonardi
6 anni fa
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Giuly
6 anni fa
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Manuel Bestetti
6 anni fa
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Giuly
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Charlie Shield
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Giuly
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Gigi Dag
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Gigi Dag
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Vecchio Snaporaz
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Gigi Dag
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James Flint
6 anni fa
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James Flint
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Vecchio Snaporaz
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Gigi Dag
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Vecchio Snaporaz
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Andrea Cossar
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Guido Vaccari
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Pfepfer
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Francesca O.
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Guido Vaccari
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Francesca O.
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Francesco Marchetti
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Santi Macaluso
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Guido Vaccari
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Ettore Rocchi
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Tony S.
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Ettore Rocchi
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Doctor Franz
6 anni fa
mm, onestamente, a quanti di voi ha fatto un po' storcere un po' il naso il cambio di registro alla fine del piano sequenza? voi non avreste tenuto il piano sequenza fino alla fine, in qualche modo?
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Martina Foderetti
6 anni fa
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denvermotel
6 anni fa
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