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The Substance - Recensione: Il femminismo che disturba

The Substance di Coralie Fargeat, che ha diviso il pubblico tra chi è uscito dalla sala disgustato e chi estasiato, è un body horror che rivela gli effetti dell'ossessione per la bellezza femminile in un mondo a misura di maschio

The Substance è un film dirompente.

 

Il film con Demi Moore e Margaret Qualley è diretto dalla regista francese Coralie Fargeat, qui alla sua seconda prova cinematografica dopo Revenge; premiato al Festival di Cannes 2024 per la Migliore Sceneggiatura, The Substance è stato presentato in anteprima alla XIX edizione della Festa del Cinema di Roma nella categoria Best 2024, per poi essere distribuito in tutte le sale. 

 

Elisabeth Sparkle (Demi Moore) è una ex attrice di Hollywood ormai relegata a condurre un programma televisivo di aerobica per casalinghe; un giorno scopre che il network televisivo guidato da Harvey (Dennis Quaid) vuole licenziarla per sostituirla con una donna più giovane e avvenente.

 

Fortemente amareggiata per la fine della sua carriera, già al di sotto delle aspettative di un tempo, Elisabeth ha un incidente stradale da cui rimane illesa, ma in ospedale un infermiere le consegna di nascosto una chiavetta USB che contiene le istruzioni per partecipare a un misterioso esperimento di ringiovanimento.

 

[Il trailer di The Substance]

 

 

Elisabeth ritira da una cassetta di sicurezza il siero con le indicazioni, che promettono di poter generare una nuova versione di sé, più giovane e bella. 

 

Una volta inoculata la sostanza scopre però che "l'altra sé" nasce letteralmente dal suo corpo, in una sorta di atroce parto al contrario, direttamente dalla sua schiena: viene così al mondo Sue (Margaret Qualley), che ha 25 anni, la metà di quelli di Elisabeth, e un corpo perfettamente aderente ai canoni estetici moderni. 

Le regole dell'esperimento sono molto specifiche: le due donne dovranno categoricamente alternarsi ogni settimana, l'una andando in "ibernazione" e l'altra, assorbito il nutrimento fisico necessario, muovendosi libera di vivere con il proprio aspetto. 

Viene inoltre chiarito che Elisabeth è la matrice e che la coscienza è sempre e solo la sua: una, indivisibile.  

 

L'ex attrice comincia così a "rivivere" per interposta persona una nuova giovinezza, con tutti i benefici professionali e relazionali che comporta, in un equilibrio che si rivelerà presto precario. 

 

 

[Una scena di The Substance]

 

 

The Substance è stato lungamente applaudito a Cannes, ma è risultato indigesto per una parte di pubblico sia negli Stati Uniti sia a Roma, durante l'anteprima alla Festa del Cinema. 

 

Alcuni spettatori, infatti, non hanno retto l'impatto disturbante di moltissime scene che, con un ritmo che non lascia fiato, provocano un senso di disgusto fino alla nausea e c'è stato chi addirittura ha abbandonato la sala durante la visione. 

La definizione che secondo me meglio descrive The Substance è quella di "body horror", un sottogenere cinematografico dell'horror in cui i sentimenti di orrore nello spettatore vengono creati attraverso la rappresentazione di deformità fisiche, talvolta combinate con elementi propri dell'horror psicologico, per cui la deformità del corpo si accompagna alla degenerazione mentale dell'individuo.

 

Coralie Fargeat maneggia con grande sapienza tale definizione dal punto di vista estetico ed etico: il corpo (delle donne) è il centro nevralgico del suo discorso.   

The Substance racconta, con diversi livelli di lettura stratificati, l'ossessione per il tempo che passa e per la bellezza che sfiorisce da parte del sistema hollywoodiano - e della società tutta - impregnato di maschilismo

Il mercato del lavoro nel mondo dello spettacolo - e non solo quello, basta guardarsi intorno per accorgersi della priorità di un certo tipo di immagine oggi in ogni ambito - fonda il proprio successo economico sulla vendita di un corpo che diventa prodotto, un corpo senza difetti o, meglio, senza segni dell'età considerati difetti, un corpo che va curato maniacalmente, aprendo così ai mercati collaterali di cosmetici, creme, chirurgia estetica, etc.  

 

Questo corpo, però, è sempre femminile

Il consumatore finale, l'oggetto del mercato, sono le donne, mentre il soggetto che muove il business e che agisce per promuovere, vendere e "possedere" quella immagine, sono gli uomini: quando quel corpo esaurisce la funzione che altri gli hanno attribuito il sistema lo mette da parte, escludendolo a prescindere dal valore di merito intrinseco, dall'esperienza o dalla professionalità. 

Quel corpo diventa inutile

 

Proprio per questo l'alter ego di Elisabeth, Sue, che aderisce alle pretese machiste di cui sopra, prende il posto della sua matrice alla conduzione del programma televisivo, esibendosi in un loop infinito di mosse provocanti riprese dall'occhio (maschile) della macchina da presa che indugia compulsivamente sul suo corpo scolpito, sessualizzandolo a compiacimento del desiderio di chi guarda. 

 

 

[Margaret Qualley in una scena di The Substance]

 

 

The Substance però non si esaurisce soltanto nella critica feroce al male gaze, con il rischio di appiattire il ruolo del femminile a vittima incosciente, ma si spinge oltre, mettendo in scena l'interiorizzazione di quello sguardo maschile da parte delle donne stesse.  

 

Elisabeth/Sue infatti sono disposte a tutto pur di mantenere bellezza e gioventù, attratte da quel piccolo potere a cui possono accedere solo rispondendo a quel binomio, un potere che è illusorio e limitato, perché "concesso" dal maschio solo nella misura in cui corrisponde al soddisfacimento del proprio ego, in una realtà che resta fallocentrica

Se i costrutti sociali, l'ambiente, l'educazione, i rapporti interpersonali, i riferimenti culturali, letterari e iconografici spingono tutti verso una sola direzione fin dall'infanzia, assimilarne i dettami è un rischio molto alto, a meno che non si metta in atto un processo consapevole di decostruzione.

 

Non solo l'immagine di sé che le donne restituiscono al mondo è perennemente messa sotto la lente di ingrandimento, ma anche i comportamenti verso il proprio corpo, in un senso o nell'altro, sono costantemente oggetto di giudizio.

Che sia ricorrere alla chirurgia estetica (quando troppa, quando troppo poca), o che sia decidere che per esempio la depilazione non deve diventare una schiavitù - atto politico o estetico non importa - ogni scelta personale scavalca la dimensione privata per diventare un fatto di dominio pubblico. 

 

Il pericolo concreto è esattamente quello che vive (e distrugge) la protagonista di The Substance: far coincidere il proprio valore interiore con la forma esteriore, dimenticarsi tutto quello che sorregge l'identità, per inseguire un ideale biologicamente irraggiungibile. 

 

L'invecchiamento è allora deterioramento non più solo fisico, ma morale.

 

 

[Demi Moore in una scena di The Substance]  

 

 

Con tali premesse risulta evidente che quell'equilibrio tra Elisabeth e Sue non può funzionare.  

 

Nonostante siano una, entrambe sono dominate dalla stessa ossessione che le fagocita in una lotta all'autodistruzione: più Sue splende, più Elisabeth invecchia precocemente, in una discesa agli inferi che trascina lo spettatore dal bello al mostruoso

Alla base della riuscita di The Substance c'è una conoscenza magistrale della materia da parte della regista Coralie Fargeat, che le permette di giocare con il genere horror attraverso l'utilizzo di registri variegati, tragico, splatter, grottesco e ironico.

 

L'impianto sonoro e le musiche del compositore britannico Raffertie, oltre agli strabilianti effetti speciali di Pierre-Olivier Persin, accompagnano il racconto, esaltandolo o deformandolo a seconda del momento.

Il senso di disgusto in particolare è suscitato proprio dal suono innaturalmente ravvicinato, soprattutto nelle scene che riguardano il cibo, infatti un altro dei temi che si scorgono tra le righe di The Substance è proprio quello delle dipendenze

Dalla sostanza del titolo, che è a tutti gli effetti una droga, e dal cibo, nemico storico delle donne nella lotta all'eterna magrezza, il cui rapporto se conflittuale può in alcuni casi trasformarsi in un disturbo del comportamento alimentare o condurre alla dismorfofobia.

 

Nel film, inoltre, sono disseminati diversi omaggi, cinematografici, artistici e letterari.  

Le figure maschili, per esempio, ricordano la rappresentazione che si riscontra in Barbie di Greta Gerwig, nel loro appiattimento stereotipato, anche se qui meno didascalico rispetto al film con Margot Robbie. 

 

I maschi di The Substance sono viscidi e manipolatori, immuni all'estromissione professionale legata all'età o alla bellezza: a loro è concesso invecchiare o essere disattenti alla linea, senza che questo comporti la perdita di potere.

Anche quando sembrano personaggi positivi, come l'ex compagno di classe che ritrova Elisabeth, ancora innamorato di lei dai tempi della scuola, in loro prevale comunque uno schema mentale che imprigiona la figura femminile in una conquista da appendere al petto come una medaglia. 

 

Sul piano letterario è evidente il riferimento a Il ritratto di Dorian Gray: così come nel romanzo di Oscar Wilde, la protagonista paga con il deterioramento fisico gli eccessi della sua versione alternativa, un pegno visibile di una decadenza invisibile.  

 

 

[Una scena di The Substance con Margaret Qualley e la gigantografia di Demi Moore che riprende il dipinto de Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde]

 

 

Sul piano cinematografico invece, The Substance si ispira a molti grandi registi.

 

Dal corridoio rosso sangue, angusto e geometrico di Shining di Stanley Kubrick, da cui prende in prestito anche la rappresentazione di una vecchiaia orripilante, al parassita che buca la schiena della vittima in Alien: Covenant di Ridley Scott, ai primi piani delle labbra di Sue che ricordano le inquadrature degli schermi televisivi ammalianti di Videodrome di David Cronenberg, fino alle atmosfere surreali di David Lynch in Strade Perdute e in The Elephant Man, sulla cui figura tragica di John Merrick la regista Coralie Fargeat ha costruito il personaggio di Elisabeth al suo ultimo stadio. 

 

Si potrebbe continuare ancora con La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock nella rincorsa maldestra verso un ideale impossibile, o con Il cigno nero di Darren Aronofsky nel senso del ridicolo che si cela dietro l'impulso al perfezionismo.

 

Sul piano artistico, infine, una inquadratura di Elisabeth riporta alla mente l'immagine del dipinto Scudo con testa di Medusa del Caravaggio, con i capelli di serpente e la bocca spalancata dal terrore. 

Le citazioni in The Substance non ostentano manierismo, ma rivendicano piuttosto la necessità di fondamenta solide su cui Coralie Fargeat costruisce la sua casa.

 

The Substance parte dal corpo e arriva al corpo

Quello di Demi Moore, che regala un'interpretazione intensa, aderente alle istanze del personaggio che accoglie come fossero le sue; il fatto che il suo/di Elisabeth sia un corpo oggettivamente ancora bellissimo, produce un effetto di straniamento ulteriore che conferma come la percezione di sé non abbia niente a che fare con il dato di realtà. 

Il corpo di Margaret Qualley, che pure fa un lavoro sartoriale sul controllo di ogni movimento fisico, come fosse la sceneggiatura silenziosa del suo personaggio.

 

Infine il corpo degli spettatori.

Un corpo infastidito, nauseato, disgustato, in una sensazione complessiva di intolleranza che coinvolge tutti i sensi, come a dire che non basta guardare ma bisogna sentire con tutto il corpo, perché di quello si sta parlando.

 

The Substance insiste sul corpo dal punto di vista materico e simbolico

Il corpo è il terreno di scontro, un corpo spersonalizzato che non appartiene più alla legittima proprietaria, un corpo sodo, un corpo vuoto, un corpo deturpato, annientato, oggettificato, un corpo che non è altro che un brandello di carne: come può questo, e non il film, non essere disturbante? 

The Substance si nutre di paradossi, esagera, si allunga volutamente più del necessario sul finale, frantumandosi nel disorientamento di chi ha perso il contatto con il proprio libero arbitrio, arrivando a non riconoscere più l'immagine autentica di sé, sdoppiata nei mille riflessi posticci che gli altri rimandano allo specchio.

 

The Substance di Coralie Fargeat è un film femminista, di un tipo di femminismo nero, che non vuole essere accomodante, che non chiede il permesso, che pasolinianamente scandalizza per smuovere le coscienze, un film che mentre induce a chiudere gli occhi per il disgusto chiede di aprirli su ciò che accade fuori dalla sala, per non distogliere più lo sguardo dalle storture di un sistema che consuma la donna come qualunque altra merce.

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