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Walt Disney e le accuse di nazismo e razzismo

Quanto c'è di vero? 

Le voci secondo cui Walt Disney fosse un antisemita simpatizzante nazista abbondano nell'era di Internet, ed è ormai un'idea radicata nella testa di molti che queste non siano solo voci, ma realtà: da dove nascono? 

 

La più famosa accusa è forse quella relativa all'incontro con Leni Riefenstahl

 

La regista aveva realizzato nel 1934 Il Trionfo della Volontà, forse il più famoso - e da quel punto di vista, riuscito - film di propaganda nazista in assoluto, la sua amicizia con Adolf Hitler era così acclarata da farle guadagnare nel tempo il triste appellativo di "regista del Reich". 

 

 

Walt Disney

Walt Disney la invitò nel proprio studio quando nel 1938 la Riefenstahl si trovava negli Stati Uniti per promuovere il suo film Olympia

 

Olympia è il film-documentario sulle Olimpiadi di Berlino del 1936, passate alla Storia per essere le Olimpiadi dove Hitler mostrò al mondo intero la potenza del Terzo Reich e dove l'esaltazione del nazismo era presente in ogni singolo momento delle competizioni. 

 

 


 

Il film è senza dubbio un importantissimo documento storico e uno dei più importanti e seminali documentari di sempre.

 

Da allora le riprese di un evento sportivo si conformarono alla regia di Leni Riefenstahl, che praticamente inventò la cerimonia dell'accensione della torcia olimpica e diede il via a innovazioni tecniche sia dal punto di vista delle riprese che del montaggio. 

 

Il carrello per la macchina da presa posto all'interno degli stadi per riprendere gli atleti, soluzione usata ancora oggi, è nato lì. 

 

 



Il problema maggiore relativo all'incontro tra la regista e Walt Disney è che ciò avvenne poco dopo la famigerata Kristallnacht, la Notte dei Cristalli che vide la Gestapo e le SS rendersi protagoniste di una notte di devastazione e deportazione ai danni delle persone di religione ebraica in Germania, Cecoslovacchia e Austria. 

 

Era la notte tra il 9 e il 10 novembre 1938: migliaia di sinagoghe vennero date alle fiamme, cimiteri, case di privati cittadini ebrei e negozi furono distrutti e oltre 30000 persone vennero portate nei campi di concentramento. 

 

Incontrare, ospitare e accogliere con gli onori del caso una sostenitrice del Reich come pareva essere Riefenstahl, in quel momento, non era sicuramente una mossa senza conseguenze politiche per Walt Disney

 

Anche se molti hanno sempre fatto notare come la famosissima inquadratura su Adolf Hitler che sottolinea il suo disappunto dopo la vittoria del coloured Jesse Owens fosse una sorta di presa di posizione della regista tedesca, che sicuramente non poteva esprimere apertamente il suo dissenso. 

 

 



Leni Riefenstahl dichiarò, dopo l'incontro con Walt Disney

"È stato gratificante imparare come gli americani si distanzino dalle campagne diffamatorie degli ebrei" 


Dichiarazione sibillina, ma in ogni caso una figura del genere era legata a doppio filo al regime tedesco e ai tempi era inevitabile venire associati al pensiero nazista nel momento in cui la si incontrava.


Sicuramente è un incontro difficile, se non impossibile, da difendere, ma bisogna pensare che Disney e Riefenstahl avevano più punti in comune esterni alla politica.  

Erano entrambi grossi imprenditori dello spettacolo e, con le dovute distinzioni, entrambi lavoravano come cineasti alla costruzione della propaganda per il proprio paese. 

 

Ci sarebbe inoltre da sottolineare un altro aspetto ben più importante. 


Nella Germania di Hitler i film americani erano banditi, in quanto secondo il Führer "Hollywood era controllata dagli ebrei"

L'anno prima, nel 1937, Walt Disney e il fratello Roy si erano recati in Germania durante un tour europeo volto a promuovere Biancaneve e i sette nani e a quanto pare cercarono di fare pressioni affinché il divieto venisse tolto, o almeno ammorbidito. 


Ma senza successo. 

Ecco che quindi, seppur imperdonabile, l'incontro tra Walt Disney e Leni Riefenstahl più che un avallo di posizioni politiche assume i connotati di una mossa strategica imprenditoriale. 

 

Ma le accuse non finiscono certo con Leni Riefenstahl. 

 

 

Walt Disney

 

Girano molti frame accusatori che vedono i personaggi Disney in uniforme nazista, cortometraggi con svastiche, bambini dal tratto inconfondibilmente disneyano ritratti a braccio teso e altre nefandezze simili. 

 

In questo caso basterebbe informarsi un minimo per scoprire che quelle immagini fanno tutte parte di una serie di film propagandistici contro il nazismo realizzati dal Walt Disney Studio. 

 

Education for Death: The Making of the Nazi (1943) è uno dei 32 cortometraggi commissionati dal governo americano alla Disney tra il 1941 e il 1945, con lo scopo di sensibilizzare il popolo statunitense contro le posizioni assolutiste del Reich nazista. 

 

Walt Disney

 

Altre immagini note sono quelle di Paperino che legge il Mein Kampf, il famoso libro-manifesto di Adolf Hitler, ma anche in questo caso si tratta di tutto l'opposto. 


Il film si intitola Der Fuehrer's Face e si fa bellamente beffa del dittatore tedesco, in una storia che vede il papero fare un incubo nel quale si trova a lavorare per la Germania nazista, salvo poi svegliarsi e abbracciare la Statua della Libertà. 

 

Il corto, di 8 minuti, si conclude con un primissimo piano di Hitler che si prende un pomodoro in faccia. 

 

Ai Premi Oscar del 1943 vinse la statuetta per il Miglior Cortometraggio di Animazione, così, giusto per farlo conoscere anche a chi non l'avesse notato.  

 

 

 

Al di là delle sue opere, la posizione stessa di Walt Disney viene vista da molti, soprattutto negli Stati Uniti, come assolutista e autoritaria. 

 

Il progetto della "città modello" visibile se si visita EPCOT è per molti un modello fascista di società futura. 


EPCOT nasce nel 1982 dopo che la scomparsa di Disney nel 1966, che ne cullò il progetto per anni, ne congelò i piani.

 

L'acronimo sta per Experimental Prototype Community of Tomorrow (Prototipo sperimentale per la Comunità del Domani): inizialmente non era il parco a tema che conosciamo a oggi, simile a Disneyland, bensì un vero e proprio progetto per le comunità future. 

 

Un modello di società dove non era tollerata la povertà, la diversità, dove si concedeva alle corporation di progettare il futuro degli abitanti, dove erano vietate tutte le forme di sindacato.

 

 

Walt Disney

 

Lo stesso Walt Disney dichiarò

"[Nella società futura] non ci saranno proprietari terrieri e, quindi, nessun controllo elettorale.

La gente affitterà le case invece di comprarle, e con affitti modesti. 

Non ci saranno pensionati: tutti dovranno essere impiegati."

 

Se vi ricorda il nostrano fascismo, non state sbagliando. 

 

Le decisioni di 'nazionalizzare' i terreni, le risorse e il lavoro a beneficio dello stato nazionale e dei pochi che li controllavano, piuttosto che dei cittadini, sono pratiche tipiche dei governi fascisti.

Alcuni vedono in EPCOT la dichiarazione palese della mentalità nazifascista di Walt Disney

 

Invece di passare dal nazionalsocialismo, ormai ovviamente inviso ai più dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e la posizione assunta nel conflitto dagli Stati Uniti, la Disney voleva utilizzare il suo ruolo prominente e non regolamentato nel capitalismo americano per ottenere ancora più potere sulla terra e sulle persone.

 

Disney avrebbe quindi voluto ottenere una sorta di immunità totale dalle leggi dello Stato, rendendo EPCOT una microsocietà con sovranità incontrastata dai governi locali o federali.

 

Benito Mussolini una volta disse:

"Lo Stato fascista o è corporativista o non è fascista".

 

La Carta del Lavoro approvata nel 1927 dal Gran Consiglio Fascista dava praticamente in mano il potere e le decisioni in merito agli interessi dell'Italia alle corporazioni.

 

Oltre alla questione sul copyright relativo alla figura di Topolino, affrontata e sviscerata dall'avvocato Claudia Roggero in questo articolo, la Disney Corporation esercitò pressioni per la creazione del Reedy Creek Improvement District negli anni '60. 

La cosa conferì all'azienda ampia autorità su quella che oggi conosciamo come l'area circostante Walt Disney World, in Florida.

 

Da allora la società ha mantenuto il controllo pressoché totale del terreno e ne fa ciò che ritiene più opportuno per i propri interessi economici.

Ovvero costruire nuove attrazioni e fare quantità impensabili di dollari.  

 

Il risultato del lobbismo della Disney è la città conosciuta come Lake Buena Vista, in Florida, con una popolazione odierna di circa 10 cittadini (all'apertura erano una quarantina), tutti impiegati nei parchi Disney che servono 30 milioni di visitatori all'anno.

 

Lake Buena Vista è una delle due cittadine la cui municipalità è controllata e gestita direttamente dalla Disney.

Non dallo Stato.

I dipendenti vivono lì, non sono sindacalizzati, affrontano rigidi standard e requisiti, ricevono salari bassi e devono affrontare lo sfratto nel caso lasciassero il lavoro.

 

La Disney Company ha una serie di regole ferree per chi lavora nei parchi a tema; esistono delle brochure informative dove viene illustrato il cosiddetto Disney Lookquali tipi di pettinatura sono concessi alle donne, quali tagli di barba concessi agli uomini, che tipo di orecchini possono essere indossati e quale modello di orologio.

 

 

Walt Disney

Le cose sono cambiate poco fa, ma prima erano bandite le unghie lunghe e i capelli lunghi per gli uomini, e veniva anche indicata l'emozione che deve essere indossata sul volto in ogni momento.

 

È lecito pensare che nessuno obblighi nessuno a lavorare per i parchi Disney, che se si decide di presentarsi a un colloquio se ne dovrebbero conoscere le regole di ingaggio e che nessuno vieta a un dipendente di licenziarsi se non le si condividono. 

 

Ma è altrettanto lecito pensare che regole simili ricordino un triste passato, qualcosa che noi italiani dovremmo ricordare sempre per non caderci di nuovo. 

 

Tutto questo però porta a dire con certezza che Walt Disney fosse antisemita o simpatizzante nazista? 

 

I suoi incontri pre-Seconda Guerra Mondiale con il German-American Bund, associazione statunitense che sosteneva il nazismo e che tentava di propagandarlo negli USA ricevendo fondi direttamente dalla Germania, sono stati raccontati solo da Art Babbitt


Arthur Harold Babitsky, questo il nome originale, fu un disegnatore e animatore della Disney, tra i principali creatori del personaggio di Pippo

Il suo decennale ottimo rapporto con lo studio - arrivò a un certo punto a essere uno dei dipendenti più pagati in assoluto - si incrinò quando nel 1941 prese parte a delle proteste che chiedevano migliori condizioni di lavoro. 

 

Babbitt era il più in vista e non aveva certo personalmente bisogno di migliorare le proprie condizioni, ma si dimostrò solidale con i dipendenti meno fortunati e divenne uno dei leader del movimento di protesta, che iniziò una serie di scioperi.

 

La cosa, come si può immaginare, lo fece diventare uno dei meno sopportati da Walt Disney

Pare che una volta, a un picchetto davanti all'entrata degli studios, i due per poco non si menarono. 

 

Dopo varie vicissitudini legali di allontanamenti e reintegri forzosi, e in seguito al conflitto mondiale a cui prese parte tra le fila dei Marines, Babbitt lasciò lo studio di Disney per andare a lavorare con lo studio di animazione United Productions of America e poi con Hanna & Barbera.

 

 

 

 

Possiamo immaginare che, quando anni dopo fu intervistato in merito alla scomparsa di Walt Disney in qualità di importante collaboratore, le sue parole nei confronti di Walt non furono certo tenere. 

 

Disney quindi andava pubblicamente agli incontri del Bund, mettendo la propria, già famosa, faccia alla mercé dei detrattori mostrandosi solidale con i sostenitori del nazismo? 

Tante prove non ce ne sono, oltre alle illazioni di Babbitt, e personalmente la cosa mi sembra piuttosto improbabile. 

 

Senza contare che probabilmente a quegli incontri, anche se nessuno sa davvero cosa avvenisse dietro le porte, Walt Disney ci andava sempre per il motivo già illustrato prima: tentare di allacciare buoni rapporti commerciali con la Germania. 

 

In Germania in quel momento c'era il Reich, quindi se volevi vendere i tuoi film in quel paese dovevi necessariamente allacciare rapporti con loro. 

Umanamente e ideologicamente opinabile, certo, ma imprenditorialmente comprensibile. 

 

Ma vado avanti.

 

Esiste una famosa scena ne I Tre Porcellini (1933) dove il Lupo Ezechiele si traveste da venditore ambulante ebreo, conciato con tutti gli stereotipi razzisti del caso. 

 

La scena fu successivamente modificata, rianimando il personaggio e lasciandogli l'accento yiddish. 

 

In seguito fu ammorbidita ancora di più, e attualmente le versioni in vendita mostrano un aspetto del lupo ben diverso da quello iniziale. 

 

 

Walt Disney

 

Su questo c'è ben poco da dire: la presa in giro razziale è evidente, ma è altrettanto evidente che all'epoca tutti gli studios statunitensi, non solo di animazione, calcavano la mano sugli stereotipi razzisti, facendosi beffe di ebrei, neri, italiani... 

 

Disney in questo non era differente. 

 

Ma parliamo dello stesso Walt Disney che a libro paga aveva parecchi lavoratori ebrei che non hanno mai, nemmeno se pungolati in interviste atte a dimostrare il contrario, avuto niente da ridire sul proprio datore di lavoro, descritto come persona gentile e disponibile nei confronti di chiunque. 


Parliamo dello stesso Walt Disney che nel 1955 venne insignito del premio "Uomo dell'Anno" dall'Organizzazione B'nai B'rith, la più antica e potente associazione ebraica che si occupa di diritti civili. 

Difficile che si siano sbagliati premiando un antisemita. 

 

Sulle accuse di razzismo ci sono anche sotto la lente di ingrandimento i corvacci neri di Dumbo, altro stereotipo razziale: era il 1940. 

 

Nel 1946, una massiccia campagna di Disney nei confronti dell'Academy fece sì che a James Baskett, protagonista nero de I racconti dello Zio Tom, venisse assegnato un Oscar onorario. 

 

E si tratta del primo Premio Oscar onorario assegnato a un attore afroamericano. 

 

 

Walt Disney

Nel 2013 una dichiarazione di Meryl Streep fece scalpore.

 

Durante la cena di gala della National Board of Review, in occasione del premio a Emma Thompson come Migliore Attrice in Saving Mr. Banks, che racconta come Walt Disney (interpretato da Tom Hanks) ottenne i diritti di Mary Poppins, la pluripremiata attrice disse:  

"Walt Disney era un bigotto a cui non piaceva il lavoro delle donne.

Avrà anche fatto sognare miliardi di persone, ma resta un sessista membro di una lobby antisemita". 

 

Abigail Disney, pronipote di Walt, le fece eco confermando la cosa e dichiarando che Walt Disney era anti-ebreo. 


Al di là della dichiarazione di Abigail, che essendo nata nel 1960 difficilmente potrebbe avere un'idea chiara di quali fossero le ideologie del prozio scomparso quando lei aveva appena sei anni, c'è da parlare di come il lavoro femminile veniva gestito alla Walt Disney Company

 

Essenzialmente, maluccio. 

Abbiamo la prova di una lettera inviata dalla Walt Disney Productions nel 1938 a Mary V. Ford, una ragazza che aveva mandato il curriculum all'azienda. 

 

Le viene risposto che in Disney alle donne non era concesso di lavorare nel processo artistico perché quello era un compito affidato ai "giovani uomini", e che quindi qualunque domanda da parte di una donna per entrare nella scuola Disney non veniva presa in considerazione. 

 

 



Cara Miss Ford: 

la sua recente lettera è stata ricevuta dal dipartimento Inking and Painting per la risposta. 

Le donne non fanno nessun lavoro creativo relativo alla preparazione dei cartoni animati per lo schermo, perché quel lavoro è svolto interamente da giovani uomini.

Per questo motivo le ragazze non vengono considerate per la scuola di formazione. 

L'unica attività permessa alle donne è tracciare i personaggi sui fogli acetati di cellulosa con inchiostro di china e riempire i ricalchi sul lato opposto, secondo indicazioni. 

Al fine di fare domanda per una posizione come "Inker" o "Painter" è necessario che la richiedente venga allo Studio, portando campioni eseguiti a penna e inchiostro e lavori ad acquarello.

Non sarebbe consigliabile venire a Hollywood in vista di quanto sopra specificatamente detto, dal momento che ci sono davvero pochissimi posti disponibili a fronte di un alto numero di ragazze che fanno domanda. 

 

Le donne si occupavano di inchiostrare e dipingere i fotogrammi creati e disegnati dagli uomini. 


Sessismo? 

Puro ed evidente. 


Ma negli Stati Uniti com'era la situazione del lavoro femminile fino al 1938? 

Identica. 

Prima della Seconda Guerra Mondiale il lavoro femminile veniva scoraggiato, in quanto ritenuto degradante per la figura della donna che doveva essere mantenuta dall'uomo. 

 

Le donne lavoratrici appartenevano per lo più alle classi meno agiate e le poche del ceto medio che lavoravano lo facevano negli ambiti valutati "per le donne": erano insegnanti, sarte, modiste.

 

Gli uomini inoltre erano preoccupati da due cose: pensavano che l'ingresso delle donne nel mondo del lavoro avrebbe aumentato la concorrenza e di conseguenza diminuito i loro salari, e pensavano che se le donne avessero iniziato a lavorare avrebbero dedicato meno tempo e attenzione alle cose per le quali invece erano destinate: la cura della casa e la crescita dei figli. 

 

Oggi una mentalità del genere può far sorridere, anche se esistono retrogradi per i quali questi pensieri sono ancora attuali, ma era la società civile dell'epoca. 

 

Inutile dire che la Seconda Guerra Mondiale rivoluzionò tutto quanto, per forza di cose. 

  

 

 

 

Negli ultimi anni l'accostamento Walt Disney - Antisemitismo è stato poi riportato alla ribalta soprattutto da due show televisivi: Robot Chicken I Griffin. 

 

Soprattutto la corrosiva serie televisiva di animazione ideata da Seth MacFarlane non perde occasione per illustrare Disney come nemico degli ebrei e razzista, alimentando il luogo comune. 

Ma chi si è salvato in vent'anni di show? 

 

Chi ha evitato di essere deriso, preso in giro, criticato e messo alla berlina anche pesantemente da Peter Griffin e soci?


Praticamente nessuno. 


La serie TV è stata finora in grado di creare gag sull'AIDS e sull'11 settembre 2001, uno dei personaggi fissi è un noto maniaco pedofilo. 

L'eccesso e il parossismo fanno parte del DNA della serie, che spesso spinge sul pedale del luogo comune portandolo all'estremo, per far scattare l'effetto comico. 


Se Walt Disney fosse o meno antisemita, razzista o sessista lo lascio alla valutazione di ognuno di voi. 

 

La mia posizione personale in merito dovrebbe essere chiara, ma è giusto che chiunque legga queste righe prenda coscienza dei fatti e ne tragga le conseguenze.  

A patto però che si abbandonino le frasi fatte, i luoghi comuni e le battute di spirito che nascono dall'ignoranza dei fatti qui esposti. 

 

Esposti appunto per dare un'idea più rotonda e, mi auguro, completa della questione.

 

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1 commento

Mike

4 anni fa

già, non possiamo sapere il suo effettivo pensiero, ma neanche giustificare il tutto dicendo che il periodo storico in cui viveva portava direttamente a quel pensiero

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