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Il corvo - Il revenge movie che ha segnato una generazione

Tratto dal fumetto di James O’Barr e passato alla storia per il tragico incidente sul set che costò la vita all'attore protagonista, il film diretto da Alex Proyas avrà un reboot in uscita il 28 agosto che già sta facendo discutere

Il corvo - The Crow usciva al cinema esattamente trent’anni fa, nel 1994, un mese dopo il suicidio di Kurt Cobain e lo stesso anno di nascita di chi scrive, circondato da un’aura di mistero che gli conferì un fascino maledetto. 

 

Proviamo a ripercorrere la Storia del film diventato un’icona culturale per un’intera generazione. 

 

[Il trailer originale de Il corvo]

 

Prima del film venne il fumetto. 

 

La preghiera maledetta de Il corvo inizia infatti quando la vita del suo creatore James O’Barr viene sconvolta dalla perdita della sua fidanzata, travolta da un automobilista ubriaco mentre raggiungeva proprio la casa dello scrittore. 

 

Questa tragedia, di cui O’Barr si sentì subito responsabile, lo fece cadere in una spirale di solitudine e disperazione. 

Come ha dichiarato lui stesso: “Non c’era altro nel mio futuro oltre al vuoto”.

 

Il corvo è il luogo materiale in cui l’autore ha riversato tutto il suo dolore, la sua sofferenza e la rabbia nei confronti di un mondo ingiusto: “Speravo che, concentrando tutta la mia furia omicida su carta e inchiostro, magicamente tutto il dolore, la sofferenza e i miei istinti di autodistruzione sarebbero scomparsi”.  

 

O’Barr scelse i nomi dei protagonisti della sua storia attingendo dalla letteratura: Shelly come Mary Shelley, l’autrice di Frankenstein, ed Eric dal protagonista de Il fantasma dell’opera, un mostro che, proprio come l’autore, si era nascosto per anni dietro una maschera di normalità; inoltre si lasciò ispirare da un fatto di cronaca che lo colpì particolarmente e che riguardava l’omicidio di una coppia di Detroit per il furto di un anello da pochi dollari. 

 

Così nacque Il corvo, come una lettera d’addio per un amore perduto, struggente ma insieme crudele e straziante. 

Quelle tavole cupe e terrificanti riscossero un enorme successo tra gli anni ’80 e ’90, tanto da far diventare Il corvo un film. 

 

La regia venne affidata a Alex Proyas (Io, robot, Gods of Egypt) e la sceneggiatura a David J. Schow e John Shirley.

  

 

[Il corvo: Brandon Lee interpreta il protagonista Eric Draven]

 

Detroit, 30 ottobre: durante la Notte del Diavolo, il musicista Eric Draven (Brandon Lee) e la sua fidanzata Shelly Webster (Sofia Shinas) vengono brutalmente uccisi nel loro appartamento da una gang di criminali.

 

 

Un anno dopo un corvo, che secondo alcune tradizioni guida le anime dei defunti nell’aldilà, si posa sulla tomba di Eric e lo riporta in vita. 

Risorto come un angelo caduto, folle e spietato, il giovane si trucca il viso da Pierrot e si mette alla ricerca dei suoi assassini, assetato di vendetta. 

 

Il regista riuscì nell’ardua impresa di trasporre sul grande schermo le atmosfere dark e l’essenza romantica del fumetto. 

 

Proyas aveva lavorato come regista per MTV, realizzando spot pubblicitari e videoclip: l’impianto estetico de Il corvo ricorda proprio quello di un video musicale, con un montaggio frenetico ed elementi visivi immersi nell’oscurità, mentre la fotografia di Dariusz Wolski (House of Gucci, The Last Duel, Napoleon) restituisce tutta l’inquietudine di una città criminale che si consuma sotto una pioggia incessante, cupa e illuminata dalle fiamme.

 

La colonna sonora vanta nomi del calibro di The Cure, Nine Inch Nails, Rage Against the Machine, Pantera e Stone Temple Pilots, che insieme alle influenze musicali dei Joy Division, Big Black e Pitchshifter hanno contribuito a rendere Il corvo una favola gotica ancora più coinvolgente. 

 

Quando parliamo de Il corvo però, parliamo soprattutto di Brandon Lee e della sua interpretazione.

Nei panni del redivivo Eric, Lee è iconico: un angelo della morte crudele, implacabile e al contempo disperato. 

 

Non c’è un briciolo di pietà nei suoi occhi mentre cerca vendetta, ma è malinconico e fragile quando rivive i suoi ricordi e incontra i suoi affetti.

 

 

[Il corvo: Brandon Lee in una scena del film]

 

 

I vestiti di pelle, i capelli sciolti sotto la pioggia, la chitarra sulle spalle: un look che ebbe un impatto immenso sulla cultura popolare di quegli anni.

 

Chi è nato negli anni '90 ricorderà sicuramente i poster de Il corvo attaccati sui muri delle camerette, il personaggio in posa sulle copertine delle riviste, le frasi iconiche del film scritte sulle pagine dei diari e incise sui banchi di scuola: “Non può piovere per sempre”.

Un messaggio di speranza che un’intera generazione ha fatto proprio.

 

Eppure, sebbene a mio avviso la sua interpretazione sia stata pressocché perfetta, pare che Brandon Lee non fosse la prima scelta dei produttori.

Prima di lui vennero presi in considerazione altri nomi, fra cui Johnny Depp, Christian Slater e Jon Bon Jovi.

Fu proprio O’Barr però a insistere affinché il ruolo venisse assegnato al figlio di Bruce Lee, che dopo una breve carriera in film di arti marziali cercava un modo per affermarsi lontano dall’ombra paterna; Il corvo avrebbe potuto essere il trampolino di lancio per una brillante carriera, ma a pochi giorni dalla fine delle riprese un incidente sul set mise fine alla vita dell'attore. 

 

La pistola in mano a Michael Massee, caricata a salve, per via di una disattenzione dell'armiere esplose l'ogiva della carica a salve precedente, rimasta incastrata nella canna dell'arma, colpendo Brandon Lee in pieno addome.

 

 

[Una foto di Brandon Lee da bambino in compagnia di suo padre, il famoso artista marziale Bruce Lee]

 

Il primo ad accorgersi che Lee non stava recitando fu lo stunt coordinator Jeff Imada, anche se troppo tardi. 

 

A nulla servì l’intervento dei medici: l’attore morì in ospedale a causa delle ferite riportate e le circostanze della morte legarono definitivamente il nome di Brandon alla maledizione della famiglia Lee. 

Dopo l'incidente gli attori Sofia Shinas e Ernie Hudson abbandonarono la produzione e Michael Massee, seppur scagionato da ogni accusa, attraversò un lungo periodo di depressione e dichiarò di non essere mai riuscito a guardare il film. 

 

Proyas riuscì a completare le riprese sostituendo Lee con la sua controfigura Chad Stahelski (futuro regista della saga John Wick) e ricorrendo al supporto della computer grafica, una risorsa innovativa per l’epoca.

 

[Il trailer di The Crow - Il corvo, il reboot in uscita il 28 agosto]

 

 

Questa tragedia rimarrà per sempre legata al destino del film, ma se qualcuno crede che il successo de Il corvo sia dovuto solo alla presunta maledizione che si porta dietro a mio parere si sbaglia di grosso.

 

Il corvo è stato un successo cinematografico e soprattutto un’icona cult degli anni '90.

I sequel e la serie TV non riuscirono neanche lontanamente a eguagliare l’originale e a trasmettere quell’atmosfera cupa e tormentata; è per questo che l’imminente reboot in uscita al cinema sembra essere solo l’ennesimo tentativo di speculare su un titolo del passato.

 

Il pubblico ha espresso critiche molto forti sui social network, accogliendo negativamente il trailer della nuova pellicola diretta da Robert Sanders (Biancaneve e il cacciatore, Ghost in the Shell), in cui si vede il protagonista Bill Skarsgård (It, John Wick 4) vestire i panni di un redivivo corvo trapper, che ricorda più il Joker di Jared Leto che l’Eric Draven di Brandon Lee.

 

Anche il regista Proyas ha bocciato il nuovo progetto, commentando così sul suo profilo Facebook: “Il corvo non è solo un film. 

Brandon Lee è morto facendolo ed è stato completato come un testamento al suo talento perduto e alla sua tragica scomparsa.

È la sua eredità.

Così dovrebbe rimanere”

 

Di diverso parere è invece John Shirley, già citato sceneggiatore de Il corvo, che durante un’intervista si è detto ottimista:

“[…]il regista è bravo, così come Bill Skarsgård è un ottimo attore che sarà un’eccellente incarnazione del Corvo.

Ho potuto leggere la sceneggiatura ed è forte […]. In parte riprende da quella che scrissi insieme a Dave Schow, ma non mancano richiami diretti al fumetto. […]

Spero solo che nei titoli di coda del film ci sia una dedica alla memoria di Brandon Lee.”

 

Staremo a vedere: per Eric Draven ha funzionato, ma riportare in vita qualcosa dal passato non è sempre una buona idea.

 

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