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Emilia Pérez - Recensione: Narcos in transizione - Cannes 2024

Jacques Audiard porta al Festival di Cannes un film che non assomiglia a nulla, con tre protagoniste perfette

Emilia Pérez è la sesta partecipazione al concorso principale del Festival di Cannes per il regista francese Jacques Audiard, un film che sfida i limiti del Cinema mescolando i temi e i generi, non solo cinematografici. 

 

Dal thriller al noir, dal musical al Cinema di denuncia, dal dramma familiare fino al sottogenere Narcos e dintorni, Emilia Pérez immerge lo spettatore in un mondo in cui le protagoniste vivono, amano, combattono, piangono e reagiscono alla società maschilista che prova costantemente a relegarle in una posizione di sudditanza, senza dar loro modo di uscire dal cliché in cui le colloca e che prova a distruggerle nel momento in cui, intelligentemente, ci riescono. 

 

[Il teaser di Emilia Pérez]

 

 

Rita (Zoe Saldaña), è una giovane e brillante avvocatessa che nonostante le sue indubbie capacità non riesce a divincolarsi dal ruolo imposto dalla società dal colore della sua pelle e dal fatto di essere donna: è una vincente, è in gamba ed è indipendente, tutte cose che infastidiscono gli uomini al potere. 

 

La sua vita però cambia nel momento in cui viene sequestrata da Manitas del Monte (Karla Sofía Gascón), boss messicano della droga che l'ha fatta rapire per prometterle una cifra difficilmente rinunciabile a una condizione: che lo aiuti a cambiare identità e genere senza che nessuno lo venga a sapere, nemmeno la moglie Jessi (Selena Gomez) e i figli. 

Una volta effettuata la transizione Manitas diventa Emilia Pérez, una donna ricca e potente che a un certo punto decide di intraprendere una missione per aiutare le famiglie i cui cari sono scomparsi, invischiati negli affari criminali dei Narcos. 

 

Nel frattempo la moglie, convinta di essere vedova, si apre a una nuova vita e dopo aver conosciuto Gustavo (Édgar Ramirez) intende risposarsi, mentre cresce i figli e conosce proprio Emilia Pérez che si presenta come cugina di Manitas e quindi zia dei bambini. 

 

 

[Zoe Saldaña in una scena di Emilia Pérez]

 

 

Le tre protagoniste femminili di Emilia Pérez danno vita a un'opera che passa dai toni cupi del thriller e del noir a quelli colorati e travolgenti del musical senza perdere di vista il centro nodale del discorso e anzi spostandolo più volte da quello dell'identità - di una donna, di una comunità - a quello del potere e a come gli equilibri cambino rapidamente quando gli interessi in gioco diventano più grandi. 

 

Rita, Jessi ed Emilia sono tre donne determinate a ottenere ciò che vogliono e pensano sia meglio per loro, sono tre combattenti e tre modi di intendere il femminile; la fotografia e la regia le esaltano spesso con inquadrature e composizioni fatte apposta per metterle in risalto e per scavare negli sguardi e nei pensieri. 

 

Audiard riesce a tenere le redini del film in entrambe le situazioni, con il risultato di dipingere un affresco sulle radici del male e sulla speranza di poterlo combattere dall'interno: le coreografie dei numeri musicali sono spesso corali e accese, potenti nella messa in scena e nei testi dei brani, così come sono potenti le immagini di violenza quotidiana e i rapimenti, le sparatorie, gli inseguimenti; nessuno dei personaggi di Emilia Pérez può davvero sentirsi al sicuro qualsiasi cosa accada e la tensione rimane costante lungo tutto il film, anche nei momenti che dovrebbero essere distensivi e invece risultano esserlo solo in superficie. 

Karla Sofía Gascón interpreta il doppio ruolo alla perfezione e i momenti in cui dietro lo sguardo di Emilia si intravede la minacciosità di Manitas, perché essere zia dei propri figli a un certo punto non basta più, sottolineano come la brama di potere possa facilmente far perdere di vista il benessere personale, dando via a una spirale di autodistruzione senza possibilità di redenzione. 

 

Una vita violenta condurrà per forza di cose a un'altra vita violenta, nonostante le intenzioni siano diametralmente opposte. 

 

 

[Karla Sofía Gascón in un toccante momento di Emilia Pérez]

 

 

Arrivato al 10° film in trent'anni di carriera, Jacques Audiard aggiunge alla propria collezione un'altra opera originale, diversa da quanto fatto prima ma sempre piena di personaggi costretti a combattere qualcosa, che desiderano fortemente di migliorare la propria vita e che nonostante tutto mettono al primo posto i sentimenti. 

 

Un musical che parla di identità di genere tra i Narcos messicani poteva venire in mente oggi forse soltanto a lui e a pochi altri. 

Forse solo lui però è in grado di metterlo in scena in un modo a mio avviso così giusto e meraviglioso, senza eccedere né da un lato né dall'altro e lasciando lo spettatore a bocca aperta a ogni nuova sorpresa. 

Se per alcuni La La Land è stato "il musical di una generazione" allora Emilia Pérez è il musical del contemporaneo, perfetto per il mondo post-pandemico senza fiducia nel futuro e avvolto da una nube cupa e pessimista nonostante le musiche, i balli e i colori. 

 

Il film si inserisce perfettamente in quelli che ci sembrano essere i temi portanti del Festival di Cannes 2024, ovvero la femminilità, il controllo e l'identità: le prime voci che chiacchieravano di Palma d'oro le abbiamo sentite in merito a Bird di Andrea Arnold, ma dalla première di Emilia Pérez in poi si sono progressivamente spostate su questo titolo.

 

Personalmente è uno dei film che ho più amato di questa edizione, nel caso dovesse concretizzarsi la Palma lo riterrei un ottimo segnale di vitalità del Cinema, nonostante la non più verde età del regista.

 

Audiard, Coppola, Schrader.

Pare che a ragionare sul potere del Cinema siano rimasti solo quelli della vecchia guardia. 

 

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