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Se avete passato almeno un’ora sui social nelle ultime due settimane difficilmente non avete sentito parlare di Saltburn, il film che più di tutti ha conquistato la Gen Z negli ultimi scampoli di 2023, diventando in breve tempo virale su tutte le piattaforme.
A tre anni da Una donna promettente, Emerald Fennell torna alla sceneggiatura e regia con un thriller dai tratti gotici, una satira spietata (ma, a mio parere, non rivoluzionaria) dell’aristocrazia inglese.
[Il trailer internazionale di Saltburn]
Oliver Quick (Barry Keoghan) è un brillante studente che ottiene una borsa di studio per l’Università di Oxford, ma fa fatica a integrarsi nella sua nuova università vista la sua estrazione sociale umile che lo differenza dai suoi compagni, in un istituto storicamente elitario.
Dopo diversi mesi riesce a legare con Felix Catton (Jacob Elordi), uno studente bello, carismatico e ricchissimo, che lo invita a passare l’estate nella tenuta della sua famiglia: Saltburn.
È nella campagna inglese, tra membri delle classi sociali più abbienti e un’estate che scorre lenta, che scopriremo lentamente una rete di bugie e perversioni che finiranno per avere effetti catastrofici.
A differenza del suo primo film, Fennel spoglia il suo Cinema di qualsiasi morale, mantenendo però quella capacità di dipingere personaggi controversi, lasciando che lo spettatore si immerga nelle sfumature complesse della loro personalità e delle loro decisioni.
Ciò che ne viene fuori è un lungometraggio sensuale e irriverente, un film godibile ed esteticamente curato fin nei minimi dettagli, che si appoggia a un forte senso allegorico e ai richiami classici per trainare la storia.
[Saltburn: Felix (Jacob Elordi) e Oliver (Barry Keoghan) nella tenuta estiva di Saltburn]
Ma cosa ha reso Saltburn, nel giro di pochissimo tempo, un fenomeno social?
Emerald Fennell è riuscita a creare in Saltburn un mix perfetto di elementi dalla fortissima attrattiva per le generazioni più giovani.
Il primo è, senza dubbio, un’estetica ricercata e glamour (merito del direttore della fotografia Linus Sandgren, già Premio Oscar per La La Land) che come confermato dalla stessa regista è ispirata all’arte di Caravaggio e Barry Lyndon.
Ci sono poi le tematiche della storia, interpretata come una vendetta delle classi povere contro quelle più ricche, che ragiona perfettamente con una generazione sempre più consapevole dello squilibrio nelle dinamiche di potere e di privilegio.
A trainare il tutto è un cast stellare, da Jacob Elordi a Rosamund Pike e Carey Mulligan.
Va però sottolineata l’importanza dell’interpretazione mostruosa di Barry Keoghan, l’interprete perfetto per un Oliver dal fascino difficile da definire, ma irresistibile.
[Barry Keoghan nei panni di Oliver Quick in Saltburn]
A rendere Saltburn ancora più seducente ci pensa persino una colonna sonora squisitamente anni 2000, che soddisfa quel gusto Y2K che sta spopolando come ultimo trend del momento.
A legare il tutto, però, è l’elemento fondamentale di quest’opera: la leggerezza.
Grazie a una sceneggiatura che sa mantenere in perfetto equilibrio i toni, anche di fronte a scene drammatiche, Saltburn non perde mai quel sottotesto divertente e irriverente.
Emerald Fennell, al suo secondo film, pur non risaltando per l'originalità della trama - il film a mio parere ricorda Il talento di Mr. Ripley dall'estetica Gen Z - lo fa per le dinamiche tra i personaggi.
La regista conquista il pubblico sfondando la barriera della viralità, curando ossessivamente ogni dettaglio della regia e permettendo così ai social di vivisezionare Saltburn nei minimi dettagli.
L’engagement aumenta a colpi di reel e Tik Tok: la scena della vasca da bagno, la scena del funerale e altre hanno catalizzato l'attenzione degli spettatori.
Saltburn continua a essere sulla bocca di tutti.
[a cura di Giulia Polidoro]
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