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Esterno notte - Recensione: il Cristo Moro di Bellocchio - Cannes 2022

La recensione di Esterno notte, ultima produzione firmata Marco Bellocchio

La calorosa standing ovation del pubblico tributata questa mattina al cast di Esterno notte e al suo regista Marco Bellocchio non fa che certificare - qualora ce ne fosse stato ancora bisogno - l’immensa stima del Festival di Cannes nei confronti del Cinema italiano.

 

Stima e affetto pienamente meritati, vista la qualità dell’ultimo lavoro del regista classe 1939 nato a Bobbio.

 

Esterno notte riprende il racconto effettuato dallo stesso Bellocchio in Buongiorno, notte, film che rappresentava uno dei momenti più oscuri e difficili della nostra Repubblica: il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, da parte del movimento delle Brigate Rosse.

 

[Il trailer ufficiale di Esterno notte]

 

 

Tuttavia, se la produzione del 2003 covava in sé una natura intima, essenziale, quasi secca nella sua rappresentazione delle dinamiche fra rapitori e ostaggio, Esterno notte, anche in virtù del suo generosissimo minutaggio (siamo sulle 5 ore di durata) si prende tutti i tempi necessari per rappresentare con dovizia le vicende avvenute tra il marzo e l’aprile del 1978.

 

La produzione targata Lucky Red e RAI Cinema è stata proiettata in 2 tranches al Festival, cosa che avverrà anche nelle nostre sale, con la prima parte che verrà distribuita a partire dal 18 maggio e la seconda che compirà il suo esordio il 9 giugno.

Esterno notte concluderà infine il suo ciclo questo autunno, quando verrà trasmesso dalla RAI sotto forma di miniserie TV.

 

Contrariamente a Buongiorno, notte, l’ultimo prodotto audiovisivo di Bellocchio si discosta dalle “modalità da spioncino” attraverso le quali ci era stato concesso di assistere al caso Moro, creando invece un affresco rappresentativo a 360° dove vengono analizzate le prospettive di tutte le parti in causa più importanti.

 

 

[Fabrizio Gifuni è Aldo Moro in Esterno notte]

 

In Esterno notte conosciamo così alcuni degli aspetti più intimi dell’Aldo Moro uomo: i suoi riti, i piccoli gesti di affetto verso i familiari, la pacatezza e la gentilezza nei modi e, ovviamente, saggiamo la potente ars oratoria del Moro politico.

 

Scorgiamo il dolore, i dubbi e le fragilità di Francesco Cossiga, allievo e amico intimo del Presidente della DC; siamo testimoni dei tormenti emotivi e dell’infinita preoccupazione dell’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, di Papa Paolo VI (entrambi vicinissimi a Moro) e di Eleonora Moro, moglie dell’uomo/volto della Democrazia Cristiana. 

Nel percorso cinematografico tracciato da Bellocchio si ricostruiscono - con una drammaturgia sapientemente dosata dal regista stesso - le meccaniche delle stanze dei bottoni, le risposte politiche al rapimento, le abissali discrepanze tra le dichiarazioni di “fermezza assoluta” rilasciate alla stampa nazionale e le trattative portate avanti con le BR, in segreto, per la liberazione di Moro.

 

Quello mostrato in Esterno notte è un mondo in piena Guerra Fredda e, di conseguenza, spaccato in due: da una parte gli Stati Uniti e l’Occidente, dall’altra l’Unione Sovietica, ancora in piedi prima della sua disgregazione avvenuta nel 1991.

Una situazione che, tristemente, per certi versi è nuovamente d’attualità a ben 44 anni di distanza.

 

In questo mondo diviso ritroviamo la nostra Italia, vittima di scontri violentissimi dove i movimenti socialisti rivoluzionari (armati e non) lottavano per il proletariato contro un sistema per loro corrotto, fascista e ormai irredimibile.

Simbolo di questa macchina politica da spezzare, ovviamente, era la Democrazia Cristiana.

 

Aldo Moro diventa quindi simbolo da colpire, processare e, infine, condannare a morte.

 

 

[Il cast di Esterno notte presentato da Marco Bellocchio e Thierry Frémaux in Sala Debussy]

 

La rappresentazione per immagini di Bellocchio, in Esterno notte - sempre raffrontandola al precedente film dedicato alla vicenda Moro - si fa decisamente più cinematografica, elegante, curata nel suo montaggio e nei movimenti di macchina dettati dalla fotografia di Francesco Di Giacomo.

 

Un tipo di costruzione visiva che sottolinea - non in maniera pedante, quanto piuttosto solenne - la drammaticità di quegli avvenimenti.

Il regista de I pugni in tasca ci mostra dunque un Aldo Moro cristotelico, seguito sulla strada della Via Crucis dai suoi compagni di partito, in preghiera, intenti ad osservarne il martirio mentre lo spettatore è accompagnato dalle tonanti note del Dies Irae di Giuseppe Verdi.

 

Con Esterno notte ci ritroviamo di fronte a un De Profundis dedicato a un’Italia di transizione, ormai sparita, vittima degli anni di piombo, del terrorismo, delle esplosioni e degli attentati.

Un periodo di agitazioni, proteste di piazza, corruzione politica, ma anche di grandi statisti capaci di guidare il nostro Paese attraverso momenti storici di grande tensione.

 

Il cast tutto è incredibilmente in parte, a partire da un Toni Servillo adagiato giustamente su toni bassi, compiti ed ecclesiastici, come giusto e logico per il Papa Paolo VI a cui dà vita; Fausto Russo Alesi e Margherita Buy, rispettivamente nei ruoli di Francesco Cossiga e Eleonora Moro si disimpegnano con la consueta bravura.

 

Non posso che lasciare uno spazio a parte per sottolineare la performance di Fabrizio Gifuni nei panni di Aldo Moro: l’attore reduce da La scuola cattolica per me è stato semplicemente eccezionale nel donare al suo Presidente un'intensità meravigliosa, vibrante, che consente facilmente allo spettatore di creare un legame empatico con il personaggio.

 

Le parole di encomio tributate al film e a Marco Bellocchio da Thierry Frémaux, delegato generale del Festival di Cannes, non fanno che certificare come con Esterno notte la Storia d’Italia passata in quel di Cannes sia stata egregiamente rappresentata.

 

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