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Down with the King - Recensione: metti un rapper tra i boschi - Cannes 2021

L'opera seconda del giovane filmmaker Diego Ongaro 

Down with the King è l'opera seconda del giovane filmmaker Diego Ongaro e si trova al Festival del Cinema di Cannes nella sezione ACID, acronimo di Association du Cinema Independant pour sa Diffusion. 

 

Il film sviluppa un tema visto tante volte al cinema, quello del "pesce fuor d'acqua": in questo caso il protagonista è Money Merc, nome d'arte del rapper Mercury Maxwell interpretato in maniera eccellente dal vero rapper Freddie Gibbs qui al suo debutto nella recitazione; Down with the King inizia mostrandoci Merc vestito di tutto punto come una Hip-Hop Star, pelliccia e Rolex compresi, ma in un ambiente che non c'entra assolutamente nulla né con la sua figura né con l'immaginario che solitamente accompagna i rapper. 

 

Down with the King infatti pone il suo protagonista tra i boschi del Massachussets. 

Un luogo rurale dove la gente lavora con gli animali e con la terra: per Merc l'affitto di una baita in mezzo agli alberi e accanto a un lago parte come ricerca di ispirazione per portare a termine il nuovo disco, spinto dalle pressioni del suo agente e della sua etichetta discografica. 

 

Ma questa pausa gli farà scoprire un altro tipo di vita che incredibilmente lo vedrà più partecipe ed entusiasta: non più dischi di platino alle pareti ma dare da mangiare alle mucche, niente festini con prostitute, droga e champagne ma accetta in mano e via a spaccare la legna. 

 

 



L'evidente contrasto tra il personaggio e l'ambiente circostante è il motore principale di Down with the King che riesce a far viaggiare bene sia la linea drammatica che quella deliziosamente comica. 

 

Diego Ongaro vuole bene ai propri personaggi principali e non li trasforma mai in cliché: Freddie Gibbs è - ovviamente - credibilissimo quando registra pezzi Gangsta Rap al microfono nella baita, ma lo è altrettanto quando stringe amicizia con il fattore Bob (Bob Tarasuk), che gli spiega come pulire un maiale o come catturare una puzzola, quando cena con gli abitanti del luogo o quando allaccia una relazione con Michaele (Jamie Neumann), una commessa del negozio di bricolage della piccola città vicino ai boschi. 

 

Il rapper fuori contesto, il redneck, la ragazza disillusa di provincia: tre caratteri che facilmente potrebbero scadere nello stereotipo, ma che in Down with the King riescono a smarcarsene grazie a una scrittura delicata che non straborda mai in nessuna direzione e grazie alle interpretazioni dei tre attori. 

 

Una regia attenta, una messa in scena che mescola tanta macchina a mano a campi lunghi su paesaggi meravigliosi, una fotografia che sembra essere quasi totalmente composta da luce naturale, la totale assenza di musica extradiegetica: tutti elementi che fanno quasi sembrare Down with the King un documentario, fino allo schiaffo della realtà rappresentato dall'agente di Merc e dal suo entourage che va a trovarlo, che prova a riportarlo alla sua "realtà" fatta di concerti dal vivo e impegni, tournée e registrazioni, dirette su Instagram e Meet & Greet. 

 

Ma Merc è già altrove. 

Probabilmente lo è sempre stato e doveva semplicemente rendersene conto. 

 

Sentirlo rappare di soldi a palate e di signorine facili mentre lo vediamo stagliarsi in silhouette davanti a un tramonto sulle montagne sottolinea ancora di più la lontananza da un mondo che non gli appartiene più. 

 

Merc ha trovato un posto che gli somiglia, quasi costretto dalle circostanze come siamo stati tutti per un anno per via della pandemia, con quel lockdown forzato che ci ha cambiato le esistenze e ci ha fatto riflettere su quali siano le nostre vere priorità e i nostri bisogni. 

 

Down with the King è un ritratto gentile e divertente con tre personaggi davvero riusciti, che si serve di un tema abusato e di un messaggio semplice per restituirci lo sguardo di un uomo che ha paura di dire a se stesso e agli altri che la vita che lo ha reso ciò che è non gli piace più. 

Una riflessione che spaventa, ma che probabilmente ognuno di noi dovrebbe fermarsi a fare almeno una volta. 

 

Per poi magari andare nei boschi a catturare le puzzole, anche solo per un po'.  

 

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