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Povere creature! è l'ultimo film di Yorgos Lanthimos che ha scosso notevolmente il pubblico, meritandosi a mio avviso la pioggia di opinioni entusiaste seguite all’uscita nelle sale.
La pellicola vanta un cast esperto, capace di muoversi con armonia nelle ambientazioni oniriche che caratterizzano tutto il corso della storia.
La premessa narrativa, ossia il trasferimento di un cervello di un feto nel corpo ormai sviluppato della madre, offre al regista l’interessante opportunità di mostrare la risposta dell’ingenuità infantile alle dinamiche sociali che strutturano le nostre comunità.
Povere creature! propone infatti un percorso di formazione della personalità di Bella Baxter (Emma Stone), che attraverserà una serie di stadi che la porteranno a una consapevolezza originale e libera.
Infanzia- tra Sigmund Freud e Burrhus Skinner
Lo stato embrionale di Bella è indagato nelle scene iniziali di Povere creature!, ambientate nella casa del suo padre e creatore Godwin Baxter (Willem Dafoe).
Il primo approccio alla vita della giovane segue le orme della nascita della psicanalisi, esibendo comportamenti coerenti con quando affermato da Sigmund Freud sulla personalità.
La protagonista esperisce fin da subito il binomio di pulsioni che fondano la teoria psicanalitica freudiana: da un lato mostra un’insistente propensione all’aggressività, sintomo della pulsione di Morte: emblematico in tal senso l’episodio in cui uccide per divertimento una rana o, in aggiunta, il primo incontro con Max McCandles (Ramy Youssef), stupito di ricevere un pugno come presentazione.
Dall’altro Bella si confronterà ben presto con il secondo impulso fondamentale: Eros, la pulsione sessuale.
La ragazza scopre la masturbazione e il piacere che ne deriva; l’ammonimento di Max in ragione della buona società, perfettamente in linea con la repressione civile descritta da Freud, servirà a poco al fine di domare quell’istinto. Continuerà infatti a praticarla in segreto e sarà proprio la curiosità sessuale il motore delle sue avventure con Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo).
Se il primo ritratto della figlia risulta descrivibile tramite le categorie freudiane, il comportamento di God ricalca un altro approccio centrale per la Storia della Psicologia.
Il metodo di osservazione che questi sottopone a Bella mostra infatti somiglianze con il comportamentismo di Burrhus Skinner.
Lo psicologo statunitense propone nei suoi studi un parallelismo tra uomo e animale, i quali condividono un comportamento prevedibile da studiare, secondo il clinico, nello spazio chiuso del laboratorio.
In quest’ottica il libero arbitrio è pensato come un'illusione nostalgica, volta a mascherare la dipendenza diretta delle azioni da fattori ambientali.
God sembra concordare con Skinner quando, ad esempio, domanda ai suoi studenti: “Qual è la differenza tra uomo e animale? Sempre che ce ne siano.”
A prova di ciò, il suo rapporto con Bella ricorda più lo studio di una cavia piuttosto che un rapporto genitoriale. Alla perplessità di Max riguardo l’eccessiva protezione di God, egli non mancherà di sottolineare: “È un esperimento e devo poter controllare le condizioni o i nostri risultati saranno falsati”.
Nonostante ciò God sarà il primo a comprendere che la libertà di Bella non è oggetto di contrattazione: l’odio minacciato dalla figlia sarà sufficiente a farlo ricredere.
La lascerà infatti partire, riconoscendole il libero arbitrio e abbandonando, così come gran parte della psicologia moderna, l’idea radicale di Skinner.
[God e Bella nella casa dello scienziato di Povere creature!]
Adolescenza - Formazione dei costrutti personali
Con l'inizio del viaggio la descrizione dicotomica di Freud risulta ormai obsoleta e le scene si tingono di vividi colori, accogliendo Bella nei molteplici aspetti della vita.
La ragazza ha ereditato dal padre l’approccio scientifico, che utilizzerà come misura per saggiare un mondo per lei ancora enigmatico. Per comprendere la sua evoluzione è utile, a questo punto, servirsi della metafora di uomo-come-scienziato coniata da un altro psicologo statunitense, George Kelly.
Per lo studioso le persone elaborano teorie che consentano di spiegare la realtà e dunque di prevederla; l’idea fondamentale è che il processo di sviluppo di un’ipotesi, con la conseguente verifica empirica della sua validità, si applichi tanto ai laboratori quanto alla nostra vita quotidiana.
Bella è infatti animata da un’insaziabile spirito d’avventura, che la spingerà a buttarsi a capofitto in tutte le opportunità che le si presentano, con l'intento di ampliare la propria comprensione del mondo.
A tal proposito vale la pena ricordare l'insegnamento di God, che parlando alla figlia dei suoi genitori racconta: “Si sono spinti oltre i limiti della conoscenza e ne hanno pagato il prezzo, ma questo è l’unico modo per vivere”, parole che fungeranno da guida alla protagonista in tutte le sue peripezie.
A Lisbona, oltre a tuffarsi nei piaceri sessuali con Duncan, Bella inizia a esplorare il mondo a lei circostante: esagera nel bere, tenta con scarsi risultati di apprendere le norme di comportamento borghesi e, cosa più importante, si confronta con l’ambivalenza della vita.
Come avrà lei stessa a dire: “Mi sono avventurata e non ho trovato altro che zucchero e violenza”.
In sintesi, ogni situazione che le si presenta è vissuta al pari di un esperimento, consapevole del fatto che non c’è miglior insegnante dell’osservazione scrupolosa della realtà.
Per usare i termini di Kelly, tuttavia, i suoi costrutti personali sono lontani dall’essere esaustivi lasciandole un mondo che, seppur meno caotico,non è ancora sufficientemente organizzato.
La seconda occasione di sviluppo per la protagonista è la nave, dove approda alla scoperta decisiva del piacere intellettuale, vanificando l'ennesimo tentativo di Duncan di controllarla.
Martha von Kurtzroc (Hanna Schygulla), anziana signora ormai avulsa dai piaceri sessuali, la inizierà qui alla letteratura: “Ciò che mi interessa di più è ciò che ho in mezzo alle orecchie”.
Le idee degli autori infatti, lungi dall’essere mero passatempo, assaltano i pensieri del lettore attento e Bella è una lettrice meticolosa.
Quest’ultima conferma la tendenza a farsi rapire dagli stimoli che incontra: “Le idee rimbombano nel cuore e nella mente di Bella come tuoni in una tempesta”.
Non è un caso che il pensiero filosofico che le rimarrà più caro sarà quello di R.W. Emerson.
L’autore sostenne la teoria morale del perfezionismo, la quale concepisce l’uomo come un essere in continuo miglioramento, sempre teso verso il suo sé prossimo; la progressione può avvenire tramite un testo, così come tramite una persona, a patto di approcciarli con mente aperta e volontà di lasciarsi cambiare.
Per questo ogni soggetto con cui entriamo in contatto può ricoprire il ruolo di Maestro, sottoponendo la nostra mente a prospettive inedite o guidandoci alla scoperta dei nostri più intimi pensieri.
Bella rimarrà affascinata da questa idea a tal punto che una delle prime domande che rivolgerà a Max, una volta tornata, sarà se crede nel miglioramento delle persone.
Lui le risponderà: “Così come il corpo può essere curato dalle malattie, la mente può progredire”, convincendola definitivamente a sposarlo.
[Bella a bordo della nave in Povere creature!]
Età adulta - Dall’io al noi
Arriviamo ora a uno snodo nevralgico di Povere creature!: l’incontro di Bella con Harry Astley (Jerrod Carmichael), il cinico che la accompagnerà in una breve tappa ad Alessandria, dove la protagonista si troverà per la prima volta a osservare la vera sofferenza umana.
L’uniformità cromatica tra il ristorante altolocato dove i due mangiano e i bassifondi sottostanti, a indicare con il color terra la comune discendenza, si contrappone alla profonda disuguaglianza che intercorre tra i due luoghi.
La vista della miseria umana, nuda e ineluttabile, sarà troppo per l’ancora ingenua Bella che, inorridita e sconvolta, sarà sopraffatta da un irrazionale istinto suicida. I tormenti più profondi dell’umanità d'altronde sfuggono alla comprensione a tal punto, da far dubitare che la vita sia degna sia essere vissuta e, per questo motivo, vengono ignorati, lasciati a marcire in camere della nostra mente lontane dalla responsabilità.
Chi invece, per curiosità o per coraggio, decide di fronteggiare la morte e la sofferenza degli esclusi, si espone al rischio di rimanerne annientato.
Come testimonia Bella: “La mia anima è stata piegata, accartocciata, schiacciata”.
A molti la soluzione cinica sembra la scappatoia più conveniente, ma non per la nostra protagonista che rifiuta l’indifferenza di Harry, riconoscendo nelle sue parole più codardia che saggezza: “Sei solo un bambino che non sopporta il dolore del mondo”.
Quell’esperienza servirà, al contrario, come primo passo nella direzione dell’altruismo: è l’inizio della maturazione.
Come cantava Giorgio Gaber: “La parola “io” [nel bambino] è una spinta per tentare i primi passi verso un’intima certezza di se stessi”, ma se quella logica infantile permane nell'adulto “Nasconde in vano la paura di non essere nessuno”.
Così Bella, inizialmente mossa da un bisogno individuale, si era lanciata sola alla scoperta del mondo, cominciando con il piacere isolato della masturbazione; tuttavia, scaraventata da questo evento nell’adulta consapevolezza, sceglierà la generosità, evitando di imboccare la strada che tanto allarmava il Signor G.
Il cambiamento di Bella sarà evidente anche nelle sue avventure nella casa chiusa di Parigi.
Seppur mai totalmente a disagio, in un primo momento la vita da prostituta viene condotta più rigidamente; scelta spesso per la sua bellezza la ragazza si limita infatti a soddisfare i bisogni dei clienti.
L'anonimato tuttavia non si addice alla protagonista che inizierà ben presto a distinguersi per la sua relazione peculiare con i frequentatori, affiancando, con battute e aneddoti, il contatto umano al rapporto sessuale.
Nato in Bella come strumento di conoscenza e quindi inteso come forma di piacere individuale, il sesso diventa dunque l’occasione per costruire legami che, seppur fugaci, offrono a lei e ai suoi clienti uno sprazzo di felicità.
[Bella fermata da Harry nel tentativo suicida in Povere creature!]
La storia di una donna libera
Finora abbiamo ripercorso l’evoluzione di Bella Baxter in modo solo parziale, lasciando da parte uno dei temi centrali di Povere creature!: fin dai primi minuti è chiaro che la chiave di volta della crescita della protagonista risieda nella difesa instancabile della propria libertà, vissuta in modo assoluto e nata come tratto originario, seme dello sviluppo della sua personalità.
Centrale è il tema della prigionia, o meglio della fuga da tale prigionia, perpetuata con diversi modi e intesità dai personaggi maschili del film.
Quest’idea va infatti letta alla luce della discussione più ampia riguardo la libertà delle donne, strette oggi com'erano nell’Inghilterra vittoriana, da norme e pregiudizi sociali.
La maggior parte dello sviluppo centrale mostra il conflitto tra gli istinti di controllo di Duncan e l’incontenibilità della curiosità di Bella. Il personaggio impersonifica infatti l’insicurezza propria di molti uomini che, quieti finché mantengono il controllo, perdono, insieme ad esso, anche la ragione.
Emblematica per quanto detto fin qui la scena del ballo a Lisbona; oltre a essere secondo me realizzata splendidamente dal punto di vista coreografico, offre un ritratto nitido del rapporto tra i due amanti.
Duncan si unisce alla danza allo scopo di limitare la potenza creativa di Bella che, dal canto suo, si sottrare di continuo ai passi proposti dall’uomo.
Nell’atto di ballare lei si sente libera, libera di risultare goffa così come di divertirsi autonomamente, mentre la finzione libertina del Casanova non può fare altro che cadere alla presenza di una spontaneità così pura.
Se da un lato lui è smascherato dalla forza espressiva di Bella come un uomo confuso e possessivo, dall'altro lei si mostra più matura, nascendo a ogni passo come donna libera.
Uomini di tal fatta inoltre, impedendo la libera crescita della propria partner, oltre ad allontanarla da sé, le fanno riscoprire sentimenti ostili che, se non compresi, rischiano di imbruttire la personalità, riuscendo nell’obiettivo tanto aspirato dall’uomo possessivo: il livellamento verso il basso della coppia.
Come osservato lucidamente da Bella: “Io nego il cinismo, ma quando sto con Duncan la crudeltà mi ribolle dentro”.
Sarà questo uno dei motivi che la convincerà ad accantonare le speranze per l'uomo, rompendo il loro legame e condannandolo a rimanere solo con i suoi deliri.
In fondo a Povere creature! osserviamo invece la vittoria definitiva contro la repressione maschile: il generale Alfie Blessington (Christopher Abbot), marito di Victoria di cui Bella ha ereditato il corpo, rappresenta il caso dell’uomo violento, avvalendosi oltre che di tecniche manipolatorie anche di mezzi coercitivi veri e propri.
L’avventura nella casa del generale trova facile compendio in una dichiarazione emblematica: alla richiesta di resa dell’uomo, lei replicherà sicura: “Preferirei farmi sparare nel cuore”.
La libertà è, per così dire, il sale della vita, tolto il quale tutto ciò che si esperisce risulta anonimo, insipido.
[Bella durante la scena di ballo a Lisbona in Povere creature!]
Vecchiaia - L'accettazione di sé
L’ultima scena di Povere creature! è chiarificatrice rispetto al messaggio che questo si propone di veicolare; i personaggi vengono mostrati nell’orto di God, in un’ambientazione che, sia per i colori sia per il clima emotivo ricorda una sorta di giardino dell’Eden.
Ciò che osserviamo è il ritratto di un equilibrio, del compimento del viaggio di formazione della protagonista; mentre il generale è ridotto allo stato animalesco che già gli si addiceva prima dell’operazione, gli altri sembrano infatti sereni.
Bella ha raggiunto la tranquillità dell’animo tanto ricercata dagli antichi e lo ha fatto, in effetti, proprio come questi insegnavano; senza voler ridurre il pensiero filosofico antico, così sfaccettato e diversificato nel tratto che va da Platone ai pensatori ellenistici, si può tuttavia isolare un nucleo tematico fondamentale: la conoscenza di Sé.
L’assenza di turbamenti, infatti, fonda le sue radici in un rapporto consapevole con se stessi che porta, in ultima analisi, all’accettazione di sé.
La protagonista si è confrontata coraggiosamente con la realtà, migliorandosi e acquisendo coscienza delle proprie possibilità; le esperienze che ha vissuto hanno, a poco a poco, modellato la sua personalità e le sue ambizioni, donando al mondo una donna tanto libera quanto altruista.
Ciò che gli antichi avevano sottovalutato è l’importanza dell’amore nel processo di accettazione.
Riprendendo Kelly, possiamo notare come lo psicologo identifichi una caratteristica fondamentale nel rapporto tra terapeuta e cliente: l’accettazione incondizionata.
Assumere un atteggiamento di biasimo delle azioni, ma non della persona nel suo complesso, garantirà un clima accogliente in cui il paziente si sente libero di esprimersi; allo stesso modo l’amore puro, contrapposto a quello immaturo e possessivo, crea un ambiente ospitale, dove ciascuno di noi può scoprire se stesso e il mondo circostante.
Max infatti dimostrerà a Bella di accettarla nonostante le sue passate esperienze e, anzi, forse proprio per quelle.
Egli è infatti il primo uomo a guardarla nella sua straordinarietà, a comprenderla come individuo a tutto tondo non riducibile a oggetto da esposizione, ostinandosi a bramare la sua mente più che il suo corpo.
Come dirà alla fine di Povere creature! riguardo ai suoi rapporti passati: “Sono più geloso del tempo che hanno passato con te”.
[L'ultima inquadratura di Bella nel giardino di God in Povere creature!]
Conclusione - Situazione comune, destino comune
In ultima analisi Povere creature! propone un ampio quadro in cui è possibile osservare la pienezza delle potenzialità umane, così come i suoi abissi più profondi.
Come testimonia fin dal titolo, la pellicola discute la complessità dell’essere umano, gettato fin dalla nascita in un mondo ancora più misterioso.
Per orientarci al suo interno non ci viene dato altro che le conquiste di chi ci ha preceduto da un lato e l’aiuto di coloro con cui condividiamo il presente dall’altro.
A patto, ovviamente, che vengano ascoltati.
In fin dei conti siamo esseri in continuo conflitto tra la capacità di comprendere il mondo e l’impotenza percepita di fronte a esso.
Riconoscere lo stato intrinsecamente misero dell’uomo non deve condurre, ed è questo a mio avviso il messaggio di fondo di Povere creature!, a una visione cinica e disinteressata, ma leopardianamente a un sentimento di appartenenza comune.
Guardare l’altro ora come un’opportunità di progredire, ora come un conspecifico a cui offrire supporto, porterebbe l’umanità a uno stadio ancora sconosciuto di altruismo.
Ciò che espresso in questi termini suona come un’utopia, è richiamato con forza alla dimensione del possibile dal comportamento della protagonista; ma cos’è Bella se non una bambina con il sangue dell’avventuriera?
La chiave sembra dunque essere, ancora una volta, la volontà di non permanere identici a se stessi, respirando a polmoni aperti quella realtà polifonica che è la vita.
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