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Senza Lucio - Recensione: un Gesù Bambino tra bestemmie e vino

L'intimo documentario sul cantautore bolognese Lucio Dalla, diretto da Mario Sesti, con i racconti dell'artista Marco Alemanno

Passeggiando per Bologna nella prima decina di anni del 2000, tipicamente nella movimentata Via D'Azeglio o, più in generale, nelle vie che si aprono sul fianco destro della Basilica San Petronio, era facile imbattersi nella figura di un piccolo omino, coppola in testa e bastone nella mano destra, vestiti larghi che addosso a lui, tutto curvo, sembravano essere fatti di piombo: Lucio Dalla.

 

Non ci avreste scommesso un centesimo che quello fosse lui in carne e ossa e, ogni volta, l'effetto che faceva a tutti quelli che per caso lo incontravano per strada era generare un misto di incredulità e incertezza, si finiva per dubitare dei propri occhi nonostante gli anni passati a guardare il suo volto in video o su copertine di album vari.

Un artista così grande racchiuso in un corpo così minuto.

 

Generava stupore, come se la grandezza artistica avesse dovuto essere proporzionale alla stazza.

 

 

 

Lucio Dalla è stato tra i più importanti cantautori italiani e un'istituzione per la sua adorata Bologna, la città in cui è nato, ha vissuto e alla quale più volte ha dichiarato il suo amore, ricambiato per centinaia di migliaia di volte, tante quanti sono i bolognesi, di origine e di adozione.

 

L'affezione per le sue parole è sempre stata ed è ancora tale che alcune sue canzoni hanno finito per cambiare il nome dei luoghi stessi del capoluogo emiliano (in molti pensano che la piazza principale di Bologna non si chiami Piazza Maggiore ma Piazza Grande, come l'omonima canzone di Dalla) e ne hanno resi famosi altri.

 

"Per prima cosa mangio una pizza da Altero" canta Dalla in Dark Bologna, nominando la pizzeria in cui era solito fermarsi a mangiare un quadratino di pizza e che oggi espone una targa per ringraziarlo.

 

 

[Installazione in ricordo di Lucio Dalla posta a fianco alla finestra della sua camera da letto, sulle pareti del suo appartamento in Via D'Azeglio, Bologna]

 

 

Dal 2012, ogni 1° marzo i brani di Lucio Dalla vengono fatti risuonare nelle vie del centro per ricordare il giorno in cui, a causa di un infarto, il cantante abbandonò questa Terra, lasciando orfani delle sue parole i suoi affezionati ascoltatori.

 

Da quel giorno, tanto i fan quanto i suoi più cari amici hanno dovuto imparare a vivere senza Lucio.

 

Questa rumorosa assenza ha dato vita a Senza Lucio, l'intimo documentario di Mario Sesti su Lucio Dalla, in cui viene data voce a molti tra i più cari affetti del cantautore, i quali ci regalano aneddoti, curiosità, ci raccontano com’era stare con il loro amico Lucio e perché ora fa tanto male essere costretti a farne a meno.

 

Si ripercorre la mitica infanzia di Dalla, mitica nel senso etimologico del termine: una storia i cui personaggi camminano sul confine tra realtà e leggenda, in cui il sacro si confonde col profano di quel famoso 4 marzo 1943 e che ha sempre reso affascinante la figura di Lucio Dalla, contribuendo a intensificare l’aura mistica che aleggiava intorno a lui.

 

Anche chi lo conosceva bene, infatti, non è mai riuscito a sapere dove finisse esattamente la verità e iniziassero i racconti fantasiosi.

Ma, del resto, chi conosceva Dalla in maniera più intima sapeva anche che non doveva andare oltre, disturbando la sua anima riservata oltre il desiderato.

 

Dopo un tuffo nel suo amato mare, quello pugliese di Manfredonia e delle Isole Tremiti che per sempre gli sarebbero rimaste nel cuore, Senza Lucio ci riporta in terra emiliana dove il cantautore ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo della musica, a suonare le prime note con il suo iconico clarinetto.

Da lì, Lucio Dalla non si è più fermato e, anzi, ha sempre cercato di evolversi, non rimanendo mai fermo su un’idea, un genere ma sperimentando, collaborando con tantissimi artisti e dimostrando un’apertura mentale non indifferente.

 

Prendeva spesso in prestito e altrettanto di frequente concedeva sue canzoni perché venissero interpretate da altri artisti, lavorava a stretto contatto con altri cantanti per interi tour che sono poi rimasti nel cuore di molti.

 

 

[Piera degli Esposti parla del suo amico Lucio Dalla in Senza Lucio]

 

Non è da tutti gli artisti affermati fare il primo passo per collaborare con giovani musicisti, per di più se questi sono solo da pochi anni sulla scena musicale: è quanto è invece accaduto con il gruppo rock italiano Marta sui Tubi.

 

In Senza Lucio Giovanni Gulino e Carmelo Pipitone, rispettivamente cantante e chitarrista della band, ricordano l’entusiasmo che Dalla provava quando erano in programma delle prove da fare tutti insieme in sala registrazione ed è forte il loro rammarico per non essere riusciti a concludere con il loro mentore progetti più ambiziosi di quanto non abbiano fatto.

 

Fino alla fine, Dalla non ha mai smesso di circondarsi di artisti: musicisti, cantanti, pittori, registi.

 

Tra coloro che in Senza Lucio offrono i propri ricordi, la sempre raggiante Piera degli Esposti ci fa immergere nel verde dei colli bolognesi, provando a raccontare a parole i fotogrammi impressi nella sua mente dei pomeriggi passati con Lucio Dalla.

 

L’attore e regista italoamericano John Turturro ci parla dell’impegno che Dalla infuse nel realizzare una canzone - alla fine mai utilizzata - per il suo documentario Passione, confermando quella che era una delle più grandi passioni del cantante: il Cinema.

 

Il caro Lucio, del resto, aveva dedicato un’intera stanza del suo appartamento alla realizzazione di un cinema domestico, con tanto di poltroncine provenienti da un vero cinema.

Che poi il cinema fosse a luci rosse, be’, questa è un’altra storia!

 

Lucio Dalla era un creativo, attratto dal processo di composizione artistica in generale e che, se avesse avuto più tempo a disposizione, ci avrebbe sicuramente regalato prove in altri ambiti oltre che in quello musicale.

Non sappiamo e non sapremo mai se questi tentativi si sarebbero risolti in successi o fallimenti, ma sappiamo per certo che da parte sua c’erano le migliori intenzioni per provarci,  mettendosi in gioco in terreni che per lui andavano fuori dall’ordinario.

 

Dimostrazioni sono le sue prove attoriali, per esempio quella in Quijote di Mimmo Paladino, tra gli intervistati in Senza Lucio.

 

 

[Lucio Dalla sul set di Quijote, film di Mimmo Paladino, tra gli intervistati in Senza Lucio]

 

Le arti hanno spesso influenzato i suoi pezzi che, non di rado, prendevano le sembianze di vere e proprie sceneggiature.

 

Se non erano le sue parole a essere usate come sceneggiature da mettere in scena, spesso i registi, innamorati dei suoi testi, li sfruttavano inserendo le sue canzoni nei loro film.

 

Renato De Maria incluse Com’è profondo il mare nel suo Paz!, Gianfranco Rosi chiuse il suo Sacro GRA con Il cielo.

 

Carlo Verdone, estimatore di Dalla, non si limitò a scegliere un unico brano ma disseminò il suo acclamato Borotalco di canzoni ed estratti di pezzi del cantautore il quale, insieme a Fabio Liberatori - tastierista degli Stadio - nel 1982 vinse il David di Donatello per la Miglior Colonna Sonora.

 

Caro John (sì, Turturro, sto parlando con te! A te che hai scartato la canzone di Lucio dal tuo film!), so che sei tra gli appassionati lettori di Hey, Doc!: sappi che con te sono offesa e voglio più bene al Carlo nazionale!

 

 

[Però, se Lucio ti sorride così, potrei anche pensare di perdonarti...]

 

Una piccola pecca nel documentario di Mario Sesti si nota se lo spettatore che guarda il film è qualcuno non completamente a digiuno di Lucio Dalla, qualcuno che, oltre alla musica, conosceva un po’ il personaggio e soprattutto i forti legami che aveva con altri famosi artisti.

 

A questi occhi non passa inosservata la mancanza di figure come Francesco De Gregori con cui realizzò il celebre tour Work in progress, Samuele Bersani che era una sorta di suo figlioccio a cui dispensare consigli e quella del conterraneo Gianni Morandi, altro cantante con cui ha collaborato più volte.

Anche un piccolo contributo da parte del cantautore Rontra i migliori interpreti di Dalla, sarebbe stato molto apprezzato.

 

Ma questa piccolezza gliela si può perdonare a fronte della nutrita partecipazione di altri artisti, tutti funzionali per mostrare ognuno un riflesso delle mille sfaccettature di Lucio Dalla.

I critici Ernesto Assante e Gino Castaldo, il cantautore e attore Charles Aznavour, gli attori Toni e Peppe Servillo e Isabella Rossellini.

E ancora i musicisti Renzo Arbore, Paolo Nutini, i registi Paolo e Vittorio Taviani.

 

La voce dell’artista Marco Alemanno accompagna lo spettatore per tutto il documentario, lo presenta ai vari intervistati portandolo vicino a loro, lasciandolo lì a ascoltarli e poi lo va a riprendere per continuare a farlo viaggiare verso i luoghi di Lucio Dalla, per raccontargli le esperienze di quello che per lui non è stato solo un grande artista ma un pezzo importante della sua vita sentimentale.

 

È con discrezione ma chiara amarezza che Alemanno ne parla, chiudendo così Senza Lucio, con un tocco di malinconia.

 

“La notte sta morendo

ed è cretino cercare

di fermare le lacrime ridendo.

[…] Buonanotte, anima mia,

adesso spengo la luce

e così sia.”

 

 

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