#TuttaColpaDiAuzolle
Se nell’episodio #00 ho mostrato la nascita di un’arte, l’entusiasmo degli artisti verso un qualcosa di sconosciuto riversato totalmente e con coraggio nelle loro locandine, in questo intendo mostrarvi che fine ha fatto quello spirito: è morto.
Negli ultimi decenni, infatti, i poster sono quasi sempre rientrati in determinate categorie grafiche dettate dal marketing che hanno ridotto all’osso il lato artistico.
Quest’analisi fu fatta quasi 10 anni fa, ma non ho trovato aggiornamenti in giro.
Quindi mi sono detto:
“Dai, ora fai un minimo di ricerca, controlla se negli anni successivi sia nuovamente sbocciata la creatività. Tanto vedrai, al limite troverai quattro o cinque locandine in più”.
Ci sono andato vicino, ho trovato quattro o cinque categorie in più.
Ho impiegato 4 giorni per ricercare e impaginare le locandine.
Segnatevelo da qualche parte: mai essere ottimisti.
Anche se dopo questa carrellata di cliché, probabilmente sarà impossibile esserlo in ogni caso.
_______________________________________
1. La Donna in Rosso
Partiamo dal più antico di tutti: l’usanza di mettere una donna vestita di rosso in una locandina, infatti, ha almeno 60 anni.
Come stile negli anni è cambiato tanto senza cambiare mai, in realtà.
Voglio dire, immaginatevi nel 1952 quanto potesse essere potente quella locandina di Trinidad, con una Rita Hayworth in rosso che all’epoca probabilmente rasentava la pornografia.
Negli anni poi le convenzioni sociali si sono evolute, ci siamo assuefatti a certi elementi che di conseguenza hanno perso di efficacia, ma la donna in rosso rimane un componente grafico molto potente, senza bisogno di andare a ricercare la provocazione o la sensualità.
Basti pensare alle ben più recenti locandine de Il favoloso mondo di Amélie, con Audrey Tautou, il suo caschetto, il suo sorriso più o meno giocondiano e appunto il vestito rosso visibile solo in zona spalle; oppure quella di Jackie, dove una camaleontica Natalie Portman addirittura si fonde con lo sfondo rosso grazie all’abito.
Come si può vedere, nonostante la veneranda età, questa scelta può ancora avere il suo perché, se usata bene (lapalissiano, eh?)
_______________________________________
2. La preferita dai Rolling Stones
Qui si scende di livello: si mantiene l’elemento rosso ma questa volta è una parte del corpo, femminile, con una notevole carica erotica.
Sensualità e/o erotismo che saranno generalmente presenti nel film, in diverse modalità e quantità.
Per quanto il risultato possa risultare efficace, personalmente lo reputo alla stregua di chi su Facebook inizia un post con “TETTE” e poi scopri che voleva vendere il suo divano.
_______________________________________
3. Settantasette
Scendiamo ulteriormente di livello: se la donna in rosso valorizza/sfrutta la bellezza di una Rita Hayworth o di una Marilyn Monroe, in questo caso si va di macelleria e si taglia via la parte superiore della donna, sfruttando quella inferiore, di spalle, a incorniciare altri elementi grafici.
Glutei in vista a discrezione del designer.
A mio avviso è ancora più “mezzuccio” rispetto al precedente: non contano più i colori, non conta più l’attrice, conta solo il (metà) corpo della donna usato letteralmente come oggetto, nella fattispecie una cornice.
Un’altra “vigliaccata” di questa scelta è che dovendo il più delle volte mettere gli altri elementi all’interno del triangolo formato dalle gambe delle donne, l’area da riempire, e di conseguenza il lavoro da fare, si riduce potenzialmente del 66%.
_______________________________________
4. Due piccioni con una fava
Ultimo della “trilogia del mezzuccio”: questo espediente consiste nel posizionare il personaggio femminile principale di spalle, ruotata di circa tre quarti e girata verso l’obiettivo o di profilo.
Posizione strategica che consente con un singolo sguardo di vedere seno e glutei contemporaneamente.
Per carità, nulla da ridire su una ventisettenne Rosario Dawson con degli attillati pantaloni in pelle nera sulla locandina di Clerks 2, ma nel contesto grafico rimane una furbata come le precedenti due categorie.
Menzione “d’onore” anche alla variante con vista frontale.
_______________________________________
5. La coppia a letto
Il film parla di una coppia e la loro relazione? Semplice! Foto di loro a letto e hai la locandina.
Fortunatamente non è stata la soluzione per i non pochi film strutturati in quel modo.
Voglio dire, ma ve la immaginate la locandina di Antichrist di Lars von Trier con la vista dall’alto di Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe a letto, con la coda di una volpe che spunta da sotto il letto?
Ecco.
Certo, rimane l’implicazione sessuale che, come abbiamo visto, vende sempre e da sempre, ma a mio avviso è una banalizzazione del film stesso (o magari è banale il film in sé, quindi onore all’onestà, ma ricordiamo qual è lo scopo di una locandina).
Per un film di Steve McQueen, tuttavia, questa tecnica è stata fatta evolvere con un risultato a mio avviso semplicissimo, ma di gran classe.
Si vede un letto vuoto, disfatto, visto dall’alto, nessuna persona su di esso, solo il titolo: Shame.
_______________________________________
6. La panchina
Variazione della precedente categoria: il letto si trasforma in una panchina facendo scomparire l’implicazione sessuale, sfruttando così la complicità tra due personaggi su tutt’altro piano (quando il soggetto sulla panchina non è da solo, ovviamente).
Di nuovo: semi-banalizzazione gratuita del film, con una locandina che nella maggior parte dei casi dice solamente che il personaggio A e il personaggio B sono comprimari e la panchina serve a dare un contesto urbano e romantico al tutto.
Come diceva un noto panchinaro del cinema: “…e non ho altro da dire su questa faccenda”.
_______________________________________
7. Spalla contro spalla
Anzi, non è vero: dimenticavo questa variabile: senza più nemmeno la panchina.
Stesso discorso: A e B sono complici e “si coprono le spalle a vicenda”.
_______________________________________
8. I settori
La cosa impressionante di questa nemmeno troppo nuova scelta artistica è che a volte escono pure dei risultati gradevoli, ma se la si analizza è di una semplicità/tristezza notevole:
- guarda l’area di lavoro
- dividila in almeno due settori di qualsiasi forma, dimensione, proporzione
- in ognuno di essi mettete le foto dei personaggi e magari qualche scritta
- ricordati del titolo, dei credits e di eventuali tag line
- personalizzate l’area al di fuori dei settori (facoltativo, bianco va bene uguale)
- finito.
Qual è il problema di questo design, vi chiedete?
Nessuno, escludendo il suo essere inflazionato da decenni, funziona il 99% delle volte.
Ma vedete, il mio cervello non riesce in alcun modo a evitare di vederle tutte così:
E da oggi spero sarà uno scherzetto che vi farà anche il vostro ogni volta in cui vi troverete d’innanzi a questo tipo di poster.
_______________________________________
9. Nel bianco dipinto di bianco
Un altro stile semplicissimo e utilizzatissimo (mi son contenuto nelle immagini o sarebbe stato poco leggibile come quello delle donne in rosso), che come il precedente funziona sempre ma non ti fa mai urlare al capolavoro (anzi).
Quella di Forrest Gump è diventata iconica solo dopo, grazie al successo del film, ma di nuovo ricordiamoci un dettaglio ovvio: le locandine escono prima del film.
E se osserviamo Tom Hanks seduto su quella panchina immerso nel bianco più totale sforzandoci di immaginare di non aver mai visto il film, il poster non ci dice niente.
Chiaro: dopo la visione del film si collegano i vari puntini e si può interpretare il bianco come il mondo tutto suo in cui vive il protagonista, il suo candore (giust’appunto) e appunto l’importanza che ha quella panchina durante tutto il film.
Però ne converrete che non si può trovare un’interpretazione del genere (che tra l’altro è soggettiva) in ogni locandina di questa categoria, che il più delle volte vede semplicemente i protagonisti ritagliati e messi su uno sfondo totalmente bianco.
Però, appunto: funziona.
_______________________________________
10. Le immagini all'interno del testo
Sotto un certo punto di vista questo è un mix delle ultime due categorie: abbiamo di nuovo i settori, ma questa volta sono “a forma di testo”, e intorno a essi uno sfondo monocromatico, ma non per forza bianco.
Un po’ meno spesso, ma comunque frequente, è la versione che al posto del testo come “contenitore per le immagini” opta per la sagoma del protagonista, circondata sempre dal solito sfondo monocromatico.
Stile relativamente recente, i lavori finali sono a mio avviso abbastanza gradevoli grazie anche ad una spropositata quantità di variabili che consente di ottenere risultati molto diversi tra loro, ma fra 5-10 anni probabilmente non ne potremo già più.
_______________________________________
11. Il protagonista di spalle
Passi anni della tua vita a sentirti dire che dare le spalle alle persone è maleducazione, e poi…
Battute tristi a parte, è una variante della quarta categoria ma senza ricerca di sensualità o di evidenziare determinate parti del corpo.
Non essendo un design incentrato su quest'ultimo, il più delle volte è lampante una composizione fotografica di alto livello e il soggetto di spalle diventa poco più di una mera silhouette, ergo sono numerosi i risultati visivamente belli ed efficaci (vedasi appunto la locandina di Dunkirk, Watchmen, Walk the Line, etc).
_______________________________________
12. Giallo
C’è un paradossale detto che dice “sei unico, proprio come tutti gli altri”.
Credo descriva perfettamente questo tipo di design.
Il giallo come colore dominante fa urlare alla locandina “ehi ciao sono un film originale e indipendente!” e se ci fate caso ci sono poster piuttosto gradevoli.
Altri invece sommano l’elemento del giallo ad altri cliché, quali settori, personaggi ritagliati su sfondo monocromatico, etc...
Alla lunga l'originalità diventa norma e la norma diventa noia.
_______________________________________
13. Il titolo rosso sul bianco e nero
La triade bianco-nero-rosso è visivamente molto potente: i primi a rendersene conto sono stati probabilmente i nazisti, con la loro svastica nera in un cerchio bianco circondato da uno sfondo rosso.
Ci sono state piccole variabili sul tema, la fedeltà al bianco e nero è a volte trascurata, dando un viraggio ad una qualche tonalità (principalmente blu o giallo, ma non solo), oppure riducendo quasi del tutto l’intensità dei colori originali.
Un po’ più rara la scelta di sostituire il rosso con il giallo, ma la sostanza, alla fine, è quella.
_______________________________________
14. A fuoco il bianco e nero
Variabile “tamarra” della precedente: abbiamo le stesse varianti sui colori, un forte contrasto, ma questa volta il titolo è variabile e viene introdotta una fiamma (o i suoi colori).
È impressionante il numero di film con Nicolas Cage il cui poster è stato realizzato in questo modo, può essere una coincidenza così come colpa di grafici burloni, non propriamente dotti cinematograficamente e facenti parte della categoria ovina presentata qui.
_______________________________________
15. Facce artistiche
Questo tipo di design soffre con maggiore intensità dello stesso male di cui soffrono le locandine gialle.
L’estro al loro interno è evidente e porta ovviamente a risultati molto gradevoli e brillanti: prendiamo ad esempio il volto di Jim Carrey nel poster di The Truman Show, composto dai fotogrammi del film, o quello di Cage in Lord of War, per metà costituito da munizioni, o i vari teschi, composti nelle più disparate maniere (per lo più rami di alberi).
Appunto, tanto estro, ma alla fine il concetto è quello: prendi un volto/teschio e costruiscilo con altri elementi.
Vedilo fare mille volte e addio efficacia.
_______________________________________
16. Occhio
Non troppo diverso dal precedente, lascia molto meno spazio all’estro e vede le sue uniche variabili nel “proprietario” del bulbo oculare, che può essere un uomo o una donna, un alieno o un animale, un mostro o un demone.
Sì: per lo più è utilizzato negli horror.
_______________________________________
17. Gli occhi celati
“Gli occhi sono lo specchio dell’anima”.
Coprendoli si crea un senso di mistero, inganno, incertezza da cui scaturiscono ansia e disagio.
Ovvio, molto limitatamente (spero), ma lo scopo è quello.
_______________________________________
18. Il riflesso negli occhiali
Dimenticandosi per un attimo di quanto sia stato usato questo sistema, non si può non riconoscergli una certa sagacia.
Prendete un Leonardo DiCaprio con gli occhiali da sole, che cosa avete?
Un Leonardo DiCaprio con gli occhiali da sole.
Ma mettete nel riflesso degli occhiali un cielo e cosa ottenete? Un pilota d’aerei.
Già, è così semplice: anziché limitarsi al volto del/la protagonista basta inserire un dettaglio nel riflesso, che può essere un contesto storico, geografico, un nemico o altro, che si dà maggior profondità al significato del poster.
Ora però possiamo ricordarci che l’hanno usato e riusato. Inoltre spesso i riflessi son realizzati coi piedi, ma magari sono troppo pignolo/ossessivo compulsivo io.
Avanti il prossimo.
_______________________________________
19. Scriviamo in faccia alla gente
Personalmente non lo reputo un brutto stile, ma nemmeno una genialata. Le scritte da mettere sul volto di attrici e attori possono essere o il titolo o la tag line del film.
La regola principale è lasciare scoperti gli occhi e, meno rigidamente, la bocca.
Salvo ovviamente casi particolari dove coprirli può avere un significato specifico (prendiamo ad esempio la locandina di Raw dove il titolo è sulla bocca, per ovvie ragioni, appunto).
Pare che questa scelta sia obbligatoria se nel film recita Matt Damon.
_______________________________________
20. Gente che corre in città
Onestamente questo non l’ho mai capito, ma è una scelta piuttosto gettonata per film thriller/d’azione.
Gli ingredienti sono un ambiente urbano, persone che corrono (il più delle volte il/la protagonista) e una fredda tonalità blu, il tutto per dare al poster un tocco di tensione.
Non so, mai funzionato nella mia testa e il continuo utilizzo di questo metodo lo porta ai limiti del fastidioso.
_______________________________________
21. Mufasa, sei tu?
Limite che, sempre secondo i miei gusti, è stato ampiamente superato con questa idea.
Scena normalissima in primo piano ma distante, nel cielo, persone giganti.
Come concetto nasce intorno agli anni ‘70, si ha una situazione analoga nella locandina del film Missouri del 1976 (tra le altre cose unica pellicola nel cui cast compaiono Marlon Brando e Jack Nicholson, con musiche di John Williams)
Tuttavia parliamo di quasi cinquanta anni fa, quindi innanzitutto abbiamo una locandina disegnata a mano da quel fenomeno di Bob Peak (sua anche una locandina di Apocalypse Now, che a mio avviso sfiora i livelli di un Caravaggio) e già solo per questo il valore artistico è notevolmente superiore.
Consideriamo però anche la differenza di mezzi a disposizione e il fatto che all’epoca fosse decisamente più innovativa di quanto possa essere oggi.
Ora la cosa è decisamente sfuggita di mano, sempre bypassando lo spropositato utilizzo di questo stile, e il passaggio dal disegno a mano al collage fotografico ha distrutto ogni pregio di quest’idea.
Per non parlare del fatto che il più delle volte è realizzata in modo pessimo, si guardi la locandina de Il mandolino del capitano Corelli (povero Nic).
Generalmente è utilizzato per i film romantici, e il cliché nel cliché è mettere i protagonisti in riva al mare e poi, di nuovo loro, giganti nel cielo magari mentre si scambiano effusioni.
Ma non per forza, lo ritroviamo in poster di film di tutt’altro genere, da Arrival (sigh) a Titanic, da Salvate il soldato Ryan a Noah, da Hell or High Water ad Armageddon (qui addirittura sono nello spazio).
Interessante l’uso che ne è stato fatto nella locandina del film I Think We're Alone Now, film appena uscito negli USA con Peter Dinklage ed Elle Fanning protagonisti.
Si è tornati al disegno manuale e alla struttura dei vecchi poster, utilizzando però una colorazione piuttosto moderna.
Promossa.
_______________________________________
22. Mufasa, Mufasa ovunque
Già: come si può intuire, questa è un’evoluzione dello stile precedente, e invece di 1-4 personaggi vediamo vere e proprie folle, di dimensioni variabili a seconda dell’importanza.
Anche questa nasce negli anni ‘70 e il colpevole è la Lucasfilm.
Esatto: i “grappoli” di personaggi ed elementi grafici vari nel cielo devono il loro successo a Guerre Stellari, che riuscì ad influenzare anche quell’aspetto del cinema, come si può evincere da locandine come quelle di Quel maledetto treno blindato del 1978 o Amici e nemici del 1979.
Nei decenni successivi fu usato relativamente con parsimonia fino all’arrivo della seconda trilogia di Guerre Stellari, la quale fece esplodere il fenomeno delle mandrie di entità colossali nel firmamento.
I cinecomics Marvel ci sono andati subito a nozze (già, la DC almeno in questo vince: la locandina di Suicide Squad è unica nel suo genere e la bolgia di personaggi è giustificata, essendo stati messi in un fungo nucleare), potendo mettere tutto l’esercito di eroi e cattivoni che compaiono in ogni film.
L’apice dell’assurdità fu raggiunta con la locandina di Spider-Man: Homecoming, la cui prima versione aveva addirittura i personaggi “doppi”: c’era sia Spider-Man che Peter Parker, sia Tony Stark che Iron-Man, sia Adrian Toomes che l’Avvoltoio, più altre quattro persone.
Inutile dire che le reazioni negative del pubblico la fece ritirare e rifare del tutto.
Pubblico che però non si è accorto che non era nulla di nuovo.
Espediente tornato utilissimo infatti anche per Il Signore degli Anelli e ovviamente Lo Hobbit (per il primo film si sono trattenuti mettendo solo Bilbo, ma poi si sono dovuti sfogare nella versione giapponese della locandina, affollatissima), ma anche per film insospettabili come Baby Driver o il live action de La bella e la bestia il quale, avendo ricevuto discrete critiche sul fatto di aver provato a ripercorrere con troppa minuzia i passi del film animato del 1991, mi chiedo perché non abbia fatto lo stesso con la locandina.
Voglio dire…
…confronto infelice, no?
_______________________________________
In conclusione: come è stato detto in molti commenti dell’episodio #00, la locandina di un film dovrebbe essere il biglietto da visita del film ma, forse complici i trailer e il nuovo marketing digitale e i relativi formati, negli anni sono state spesso trascurate.
Il primo pensiero dovrebbe essere creare un qualcosa di mai visto prima, e invece vediamo la locandina di un film come Arrival nella stessa categoria di quella di Armageddon.
Perché come per i film in quest’epoca di reboot, remake, prequel e sequel, i poster soffrono della stessa mancanza di coraggio e si ritrovano quasi sempre intrappolati negli schemi che in altre occasioni hanno contribuito a riempire le sale.
E per la cronaca, di cliché ne stanno già nascendo altri: il più evidente forse è quello di usare toni fluorescenti derivati dal fuxia e dal ciano, molto vaporwave.
Un po’ à la The Neon Demon, per intenderci.
Tuttavia non bisogna disperare, le belle locandine esistono ancora e dopo un secolo di cinema l’originalità non è facile da trovare, quindi in un certo senso sono di maggior valore.
Anche se questo non deve essere un alibi.
E se può consolarvi ci sono un sacco di versioni alternative di quelle dei film elencati in questo articolo, sempre ufficiali, che sono veri e propri gioielli.
In attesa del prossimo episodio, che sarà un breve spin-off di questo, ricordate: è tutta colpa di Auzolle.
11 commenti
Rossella
6 anni fa
Rispondi
Segnala
Emanuele Cortellini
6 anni fa
Rispondi
Segnala
Vi.
6 anni fa
Rispondi
Segnala
Ciulia
6 anni fa
A me lo "Stile Mufasa" fa troppo ridere 😂
Rispondi
Segnala
Riccardo Cappelletti
6 anni fa
Rispondi
Segnala
Filman
6 anni fa
Rispondi
Segnala
Drenny
6 anni fa
Rispondi
Segnala
Drenny
6 anni fa
Rispondi
Segnala
Drenny
6 anni fa
Rispondi
Segnala
Drenny
6 anni fa
Rispondi
Segnala
Melancholia
6 anni fa
Rispondi
Segnala
Mostra altri commenti