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America Oggi: Altman, Carver e l'America

Robert Altman è uno dei più grandi registi della storia, statunitense e non, Raymond Carver è possibilmente il più importante novellista dello scorso secolo 

Robert Altman è uno dei più grandi registi della storia, statunitense e non, Raymond Carver è possibilmente il più importante novellista dello scorso secolo: America Oggi, diretto dal primo basandosi sugli scritti del secondo, è senza timore di smentita uno dei film più belli che il Cinema ci abbia mai consegnato.

 

"Sì, i giornali dicevano il vero: c'era neve dappertutto in Irlanda. 

Cadeva ovunque nella buia pianura centrale, sulle nude colline; cadeva soffice sulla palude di Allen e più a ovest sulle nere, tumultuose onde dello Shannon.

Cadeva in ogni canto del cimitero deserto, lassù sulla collina dove era sepolto Michael Fury. 

S'ammucchiava alta sulle croci contorte, sulle pietre tombali, sulle punte del cancello, sugli spogli roveti.

 

E la sua anima gli svanì adagio adagio nel sonno mentre udiva lieve cadere la neve sull'universo, e cadere lieve come la discesa della loro estrema fine sui vivi e sui morti."

 

Questo, però, era James Joyce, nel famoso e meraviglioso finale de I Morti.

 

È stata la prima cosa a cui ho pensato nel mettermi a scrivere questo articolo. 

La pagina bianca e la certezza di dover includere questa precisa citazione.

 

Forse perché ogni opera corale, come corale è questo capolavoro di Robert Altman, ha bisogno di neve che indifferente si posi su di essa, così da sancirne l’unità e da evidenziarne un destino condiviso a tutte le proprie componenti. 

 

[America Oggi si avvale di un cast eccezionale] 

 

Forse perché anche i protagonisti di questo film sono un po’ morti, dentro: meschini, sviliti eticamente, mediocri.

 

Forse perché la lunga sequenza iniziale di America Oggi, con gli elicotteri che spargono sull’oscura città di Los Angeles un potente pesticida mentre vengono presentati i numerosi personaggi della storia, ricorda proprio quella neve.

 

Forse perché quella stessa sequenza possiede, anche senza il conforto del senno di poi, l’intrinseco potere poetico che sembra già preludere alla grande opera; in retrospettiva un valore simbolico che anticipa e condensa, in pochi minuti, l’essenza stessa di questo spaccato di vita quotidiana. 

 

 

[A proposito di cast straordinario: Frances McDormand fornisce una breve ma intensa interpretazione]

 

 

Raymond Carver, come è ben noto, è il cantore della provincia americana.

 

I suoi racconti affrontano separazioni, liti con i vicini, cene tese, insoddisfazione repressa, adulteri, ipocrisia.

Raffigurano cioè degli scenari all’apparenza del tutto comuni, modesti, miseri, nei quali non si annidano pericoli di grosse proporzioni.

Non ci sono guerre, in Carver, non ci sono mostri, né alieni, né entità sovrannaturali, né demoni.

 

C’è la solita, vecchia, banale quotidianità.

Ecco perché sono inquietanti.

 

Ecco perché i suoi finali sono inconclusivi, interlocutori, senza nessuna lezione da apprendere, nessuna morale da ricavare. 

 

Riprodurre in forma cinematografica queste caratteristiche è impresa ardua, e non solo perché si scontrano piuttosto apertamente con la principale forma di organizzazione diegetica di una sceneggiatura, dove cioè per catturare l’attenzione dello spettatore sono necessarie delle azioni, scelte, divergenze, immaginari forti; ma anche perché si rischia di cadere nel manierismo, ossia nel voler dire, più o meno didascalicamente, che giustappunto non vuole esserci una morale, un finale tradizionale, un significato da trattenere e interiorizzare.

 

Il che, è evidente, non è altro che un'altra faccia della stessa medaglia, ovverosia una malcelata lezione. 

 

 

[Memorabile anche il personaggio del grande Tom Waits]

 

 

Invece America Oggi (in lingua originale Short Cuts) è uno di quei film in cui non viene mai da pensare che “sia meglio il libro” - per quanto questo pensiero abbia in realtà ben poca ragione d’essere anche in termini generali - e sebbene rimodelli parzialmente le storie dei racconti, e talora ometta qualche dettaglio, lo svolgersi della trama è pienamente rispettato; soprattutto, l’atmosfera generale carveriana è presente, credibile e riconoscibile. 

 

Altman gestiva cast numericamente e qualitativamente giganteschi come nessun altro, e anche per chi non è familiare con i racconti di Carver approcciare alla grossa quantità di personaggi proposti non si rivela un grosso problema, grazie a una grande sensibilità artistica nel saper caratterizzare già con poche battute ogni personalità descritta nel film.

 

Della trama non voglio fare alcuna menzione proprio perché, per una volta, è importante, e dunque non ho intenzione di spoilerare nulla.

 

Basti sapere comunque che il film è popolato da una pletora di individui diffusamente meschini, piccoli, ipocriti, provenienti da ogni ambiente ed estrazione sociale, andando a comporre, tutti assieme, un mosaico dell’America - quel luogo, citando la bella recensione di Nashville, dello stesso Altman

“più mentale che fisico, quel posto dove i sogni si avverano, dove se vuoi puoi, dove una possibilità si dona a chiunque.”  

 

 

[In America Oggi ci sono anche un ottimo Chris Penn e dei giovani Jennifer Jason Leigh e Robert Downey Jr.]

 

 

Quel che forse più colpisce di America Oggi è la sua straordinaria attualità: erano attuali i racconti di Carver, scritti tra a cavallo tra gli anni ’60 e ’80, era attuale questo film nel 1993, quando uscì (vincendo anche il Leone d’oro alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia) e lo è ancora adesso. 

 

La ragione risiede, probabilmente, nella mitizzazione dell’ ”America”, intesa come luogo figurato, di cui si faceva accenno in precedenza, che la eterna per sempre in uno stesso immaginario; ma se, come veniva profeticamente detto in Videodrome, la realtà della televisione è più della realtà stessa, e dunque l’immaginario è forse davvero ormai più concreto del reale, è da credersi che nel mito, e in tutto ciò che di terribile nasconde dietro, vi sia della verità, destinata quindi per sua natura a non cambiare mai.

 

Ed è lì che si consuma il dramma, il terribile squarcio di quotidianità carveriano.

 

America, oggi.

 

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