Nonostante la perdita di Ledger e il probabile cambio di rotta da essa dettato, Nolan realizza comunque il terzo capitolo della sua saga sull’uomo pipistrello, ambientandolo diversi anni dopo gli...
Nonostante la perdita di Ledger e il probabile cambio di rotta da essa dettato, Nolan realizza comunque il terzo capitolo della sua saga sull’uomo pipistrello, ambientandolo diversi anni dopo gli eventi di The Dark Knight. Bruce Wayne, ferito nel fisico e nella psiche, ha ormai svestito i panni di Batman e si è ritirato nella solitudine della sua villa, accudito dal solito Alfred, che tenta invano di riportarlo alla vita. La visita inaspettata di una ladra (Catwoman, interpretata ad Anne Hathaway) farà riaccendere in lui la scintilla vitale. Nel frattempo, in città arriva Bane (Tom Hardy), un terrorista deciso a porre fine all’esistenza di Gotham.
Questo terzo capitolo è decisamente il più debole della trilogia nolaniana. Qui la pretesa di portare in scena un Batman realistico crolla definitivamente, sotto i colpi di una sceneggiatura ai limiti dell’inverosimile perfino per gli standard di un film di supereroi, tra traumi alla schiena guariti a pugni, bombe atomiche portate in giro come borsette, poliziotti che dopo settimane di prigionia nelle fogne escono e danno vita ad una guerra come se fossero stati chiusi cinque minuti in uno sgabuzzino, ed altri dettagli simili. Bane ha un arco narrativo quasi inesistente, ed il suo personaggio si regge esclusivamente sulla grande prova di Hardy (che recita con il volto quasi completamente nascosto, cosa che, curiosamente, succederà anche in Dunkirk, sempre diretto da Nolan, che evidentemente apprezza molto Hardy come attore ma non ne sopporta la vista). Catwoman è un personaggio più interessante, ed è ottima la prova della Hathaway, ma sfruttato poco, e il confronto con la ladra portata sullo schermo vent’anni prima da Michelle Pfeiffer è impietoso nonostante l’impegno dell’attrice. Abbastanza risicato anche lo spazio per gli altri comprimari, che finiscono per essere ridotti a comparsate, ed alcuni addirittura messi letteralmente in pausa (uno a letto ferito – Gordon -, l’altro in esilio volontario – Alfred) da Nolan per non appesantire un film già incredibilmente pesante di suo. Una durata eccessiva e una buona metà di film in cui, di fatto, succede poco o nulla, portano ad un atto finale sì movimentato, ma che non soddisfa appieno.
Si salva, come al solito, il grande mestiere di Nolan. Alcune scene sono obiettivamente molto belle e girate con la consueta maestria, ma non risollevano totalmente un film purtroppo poco riuscito. Nolan sembra quasi rimanere vittima della sua stessa pretesa di realismo, e quando, inevitabilmente, ci si trova a dover fare i conti con i superproblemi dei supereroi, l’implicita giustificazione “be’, è Batman!” non basta. Si fa fatica a credere che lo stesso sceneggiatore abbia descritto con dovizia di particolari la genesi dei dettagli del costume di Batman giustificandoli narrativamente, e abbia firmato delle boiate clamorose come tutta la sequenza della prigionia in questo terzo capitolo. Un grande peccato.
Contiene spoiler