Il giorno di Halloween del 2017 ho avuto la fortuna di godermelo al cinema. Purtroppo, avendolo visto e rivisto più volte in televisione, non ha potuto mettermi quell'angoscia che mi assalì quasi...
Il giorno di Halloween del 2017 ho avuto la fortuna di godermelo al cinema. Purtroppo, avendolo visto e rivisto più volte in televisione, non ha potuto mettermi quell'angoscia che mi assalì quasi violentemente alla prima visione. Ma, fortunatamente, la peculiarità di "Shining" è che a ogni visione si scoprono nuovi dettagli e messaggi, abilmente nascosti dal regista, che te lo fanno apprezzare sempre di più. La cosa degna di maggior nota, è che vederlo al cinema ti fa provare quella sensazione a cui ogni regista ambisce, e che la televisione può restituire solo in parte. Se parliamo di regia intesa come l'arte di farci sentire come se fossimo lì, quest'opera è l'esempio perfetto di tale concetto, soprattutto in due scene. La prima, quella in cui la steadycam segue Danny all'altezza del triciclo mentre gira nell'albergo, facendoci prima pensare "che ci sarà al prossimo angolo in cui svolterà?" e che poi, quando Danny uscirà fuori dal campo ma la macchina da presa continuerà il suo movimento ad inseguire il personaggio, arriverà persino a farci dubitare che noi stessi potremmo essere la forza maligna che cerca di afferrare il bambino. La seconda, quando la stessa steadycam segue i movimenti di Jack e Danny nel labirinto verso la parte finale. Queste due scene, dal punto di vista registico inteso come posizionamento e movimento della macchina da presa nello spazio, non solo sono le più coinvolgenti e riuscite di questo film, ma sono tra le migliori mai concepite, tant'è che lo stesso Garrett Brown, creatore della steadycam, ha sottolineato in diverse occasioni come nessuno abbia saputo muoverla e contestualizzarla come Kubrick in "Shining". Parlare di un film del Maestro è sempre difficile e alle volte imbarazzante per chiunque, dato che ci sarebbe poco da dover dire se non le solite cose dette e ridette, quindi darò la precedenza a ciò che personalmente amo di quest'opera. "Shining" non è un semplice Horror. Non punta al puro spavento dello spettatore, che può durare quel secondo temporaneo e poi svanisce, non presenta uno jumpscare dietro l'altro, jumpscare di cui purtroppo gli Horror del cinema contemporaneo abusano. È un'opera che ti coinvolge in maniera più profonda dal punto di vista psicologico, arriva a creare una sorta di intimità tra te, la famiglia e l'Overlook Hotel. Ciò che vedi sullo schermo ti inquieta, ti disturba, ma a differenza della maggior parte dei film di genere, quando termini la visione, sei segnato per diverso tempo nella testa da ciò che hai visto. A tal proposito, risulta avere una determinante importanza il montaggio delle visioni di Danny, ovvero inquadrature raffiguranti terrore, morte, sangue e violenza, della durata di pochi secondi, se non fotogrammi, che il subconscio inevitabilmente assimila.
È una pellicola completa, sia di contenuti che di messa in scena, poichè oltre alla trama primaria, è ricco di sottotrame solitamente slegate per natura da questo genere, eppure sono inserite o accennate con estrema accuratezza. Tali sottotrame toccano la storia, dalle guerre con gli indiani d'America alla Germania nazista, e addirittura la mitologia, nello specifico la leggenda di Teseo nel labirinto del Minotauro, creatura di cui Kubrick ci mostra la presenza tramite un poster appeso al muro dietro le gemelle nella scena in cui Danny le vede per la prima volta nella sala giochi dell'hotel. In ogni inquadratura non è solo la regia a guidarci verso ciò che accadrà, ma ogni singolo reparto, dalla fotografia alla scenografia. La scenografia tramite degli indizi, ad esempio il già citato poster del Minotauro, il poster con il cavallo impazzito, oppure le varie aquile che rimandano al nazismo. La fotografia tramite i colori, il rosso su tutti, generalmente associato alla violenza. Un esempio esaustivo è quando vediamo Jack Torrence entrare nel bagno con Mr. Grady e notiamo le pareti rosse, rosse come il sangue che esce dall'ascensore nelle visioni di Danny. Dentro di noi sappiamo già che quella scena sarà la svolta definitiva verso la follia omicida del protagonista. Due ultime parole se le meritano pure loro: gli attori. Mentre è superfluo parlare di Nicholson, il quale con i soli gesti e sguardi incarna perfettamente il ruolo, ma d'altronde stiamo parlando di uno degli artisti più rappresentativi del secolo corrente quindi "che te lo dico a fare" citando "Donnie Brasco", col passare degli anni e delle visioni ho sempre più apprezzato anche le interpretazioni di Duvall e Lloyd che all'inizio ritenevo scialbe, forse a causa della copresenza di quel mostro di Mr. Jack fino a quando, merito magari anche del grande schermo, le ho letteralmente adorate.
Questa è la cosa che amo di "Shining". Il fatto di sapere che, quando lo rivedrò, mi arricchirà ancora di più.
Filman
6 anni fa
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Lu
6 anni fa
Kubrick riesce a essere sempre al di sopra del "genere"
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Joe Riga
6 anni fa
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